Quando l'IVA aumenterà al 23% i consumi caleranno di 1 miliardo

A partire da Ottobre 2012 - come ha confermato il viceministro Grilli - l'IVA sarà innalzata dal 21% al 23% e questo secondo autorevoli economisti comporterà una ulteriore diminuzione dei consumi per 1.000.000.000€ all'anno, una scellerata decisione che rallenterà ulteriormente l'economia senza produrre gettito per le casse dello stato, così come le entrate dovute alle accise benzina sono diminuite sensibilmente a causa della diminuzione dei consumi dovuta al caro-benzina: la maggioranza degli italiani utilizza molto meno l'automobile, a costo di fare sacrifici e rinunciare a spostamenti superflui: aumentando l'IVA il rischio è pertanto quello di danneggiare cittadini ed economia nazionale senza produrre nessun risultato positivo, nemmeno in termini di entrate fiscali.  Anche i cittadini "qualsiasi" riescono a capire che in questo momento l'innalzamento ulteriore dell'IVA è una misura folle. Ma non i professori, evidentemente. L'ex Ministro Antonio Martino - che ha definito l'Italia una colonia tedesca - lo ha dichiarato in modo molto chiaro: "solo un imbecille può pensare di aumentare l'IVA

Alessandro Raffa per nocensura.com
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L'inflazione non si ferma più: +3,3 per cento. E la nuova possibile stangata sull'Iva affosserà ancora di più la nostra stagnante economia

Di seguito l'articolo di Attilio Barbieri per "Libero quotidiano"

L’aumento dell’Iva di due punti percentuali che scatterà a settembre (salvo un’improbabile retromarcia del governo dei Professori) farà crescere l’inflazione dell’1,7% con un conseguente calo dei consumi dello 0,8%. Ne soffrirà, inevitabilmente, pure il Prodotto interno lordo, il Pil che secondo l’istituto di ricerche economiche Ref, dovrebbe contrarsi di mezzo punto percentuale. Una ulteriore frenata da quasi un miliardo di euro in ragione d’anno che potrebbe aggiungersi, in autunno, alla «crescita negativa» del Pil prevista per il 2012. Un eufemismo per nascondere che a fine anno - come ha certificato l’altroieri pure il ministro Passerra - la ricchezza degli italiani diminuirà ancora. Per lo meno dell’1,5%, cui si sommerà la perdita di valore pari a mezzo punto provocata dal ritocco dell’Iva previsto per settembre.

A fare i conti sull’impatto che il nuovo balzello provocherà sulla borsa della spesa degli italiani è stata la Federdistribuzione che rappresenta i big della Gdo, la grande distribuzione organizzata. I rincari pesano in maniera differente sul paniere della spesa. Alcuni prodotti, infatti, hanno un’Iva al 10% che dall’autunno salirebbe al 12. È il caso ad esempio, di caffè, shampoo, detersivi, pannolini e vino. Per altri altri (zucchero, yogurt, riso, uova, prosciutto, cioccolata e pollo, giusto per citarne alcuni) l’imposta salirà dal 21 al 23%.

Effetti sul portafogli a parte il combinato disposto del ritocco alle aliquote Iva e degli altri aumenti di materie prime e semilavorati che siamo costretti a importare potrebbero spingere l’inflazione ben oltre il 5%. Una questione di aritmetica. Già perché - è notizia di ieri - nel mese di marzo secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice  dei prezzi al consumo ha fatto segnare  un aumento dello 0,5% rispetto al mese precedente e del 3,3% su  marzo 2011. Lo stesso valore registrato a febbraio. L'inflazione acquisita per l’intero 2012 è pari al 2,3%. Mentre il carovita di fondo, calcolato al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, sale al 2,3% dal 2,2% di febbraio. Al netto della sola voce energia (si parla di petrolio e gas), il tasso di crescita annuale dei prezzi al consumo scende al 2,2% (era +2,3% a febbraio).
Ma la borsa della spesa si sta già surriscaldando da sola. Anche senza il nuovo ritocco alle imposte previsto per  settembre. Il rincaro della spesa arriva al 4,6%, rispetto a un anno fa e tradotto in termini di costo della vita, «significa che una famiglia di tre persone spenderà, per l’alimentazione e i prodotti per la casa, 620 euro in più su base annua, mentre per una famiglia di quattro persone la stangata sarà di 671 euro». La stima è del Codacons e non include gli inevitabili aumenti attesi in autunno. Fra gli alimentari lavorati, spiega l’Istat, il pane è salito del 2,7 e la pasta del 2,4%. Nulla in confronto ai rincari di caffè (+12,8%) e zucchero (+12,5%). Neppure il nettare di Bacco riesce a sottrarsi al surriscaldamento generale, anche se cresce meno dell’inflazione: +3,5%.
Sui bilanci  familiari l’andamento dei prezzi ha effetti devastanti. Ma neppure la grande distribuzione si salva. «Mentre l’inflazione continua a erodere il potere il potere d’acquisto della famiglie», conferma il presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli, «per la distribuzione moderna la redditività è destinata a calare ulteriormente, dall’attuale 1%». A meno di un’improbabile inversione di tendenza super e ipermercati rischiano di chiudere i bilanci in perdita. Un altro settore che entra in crisi.


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