Le "marocchinate" la parte censurata della liberazione - PARTE 2

L'articolo Le "marocchinate", la parte censurata della nostra "liberazione" pubblicato ieri ha ottenuto ampio risalto, in appena 24 ore è stato letto da molte migliaia di persone ed è stato ripreso da altri blog, aprendo un ampio dibattito su Facebook.

Abbiamo ricevuto anche diverse email, pertanto torniamo sulla questione con alcune precisazioni, approfondimenti, e chiarimenti.

A cura di nocensura.com

- Innanzitutto: qualcuno ci ha chiesto "perché, dopo 70 anni, tirare fuori questo argomento", sostenendo che "può alimentare razzismo";

Abbiamo affrontato questa orrenda pagina della nostra storia perché è stata censurata: in diversi documenti si legge che "gli storici furono sistematicamente bloccati, lasciando sguarnita questa dolorosa pagina di storia". Sono moltissimi gli italiani che non conoscono la vicenda, e riteniamo giusto che non finisca nell'oblio. In quanto al "razzismo", non crediamo che fatti risalenti alla seconda guerra mondiale possano alimentare razzismo: non ci sembra che - per esempio ai tedeschi - vengano rinfacciate le responsabilità avute durante la seconda guerra mondiale, anche perché sarebbe stupido farlo; dovremmo evitare di parlare di queste atrocità solo perché sono state commesse da popolazioni che oggi migrano? Ragionamento assurdo e - secondo noi - destituito di fondamento.
 
- Qualcuno ha evidenziato come anche i militari italiani abbiano commesso atrocità nell'ambito delle guerre coloniali e della seconda guerra mondiale; questo noi non lo abbiamo certo negato, e descrivere le barbarie subite dagli italiani - dal popolo - certo non significa difendere e/o occultare le violenze e le torture commesse anche dal nostro esercito; solo poche settimane fa abbiamo dato risalto ai servizi de Le Iene sulle torture che avrebbero commesso i nostri contingenti nelle recenti "missioni di pace", auspicando che sia fatta chiarezza.

Circa i crimini commessi dalle nostre truppe nell'ambito della seconda guerra mondiale, segnaliamo questa pagina che raccoglie diversi documenti interessanti. C'è da dire che la ferocia dimostrata dalle truppe magrebine non era, fortunatamente, una consuetudine. E pur macchiandosi di gravi reati e atrocità, i soldati italiani non crediamo si siano spinti a tali livelli di disumanità. Vicende come quella capitata ad un bambino, descritta nella parte finale dell'articolo non erano, fortunatamente, all'ordine del giorno; così come nella seconda guerra mondiale non avvenivano stupri di massa come quelli registrati nel caso delle marocchinate. I soldati italiani e anche quelli tedeschi hanno certamente compiuto nefandezze, ma non risulta gli sia mai stato concesso "carta bianca", "diritto di preda" ovvero la libertà di saccheggiare, violentare, torturare e stuprare coperti da "impunità", sancita da accordi di guerra, cosa che invece è stata accordata preventivamente alle truppe magrebine sbarcate in Italia. Se poi qualcuno ha le prove del contrario, ce lo faccia sapere; non si tratta di "intenti difensivi" ma della realtà dei fatti.


Purtroppo spesso questioni come queste vengono affrontate con "ideologizzazione", ovvero c'è chi evidenzia solo le atrocità commesse da altri, e chi da risalto solo quelle commesse dall'altra parte. Noi ci sottraiamo da queste logiche, e cerchiamo di fornire un punto di vista indipendente e obiettivo; o almeno ci proviamo. Quando attacchiamo il centrosinistra, i sostenitori del centrodestra ci tacciano di "comunisti", così come quando attacchiamo il centrosinistra qualcuno ci attribuisce l'etichetta dei "berlusconiani". Ultimamente poi molti ci etichettano come "grillini", in quanto non possiamo negare che il M5s spesso porta avanti battaglie giuste. E' un dato oggettivo. Questo però non ci impedisce di criticare anche loro, quando riteniamo giusto farlo. Come abbiamo fatto proprio pochi giorni fa, pubblicando i dati relativi all'assenteismo di alcuni deputati m5s, come Paola Taverna, assente a quasi il 37% delle votazioni in aula. Non siamo "fans" di nessuno, nel senso che non difendiamo ne attacchiamo nessuno in modo "preconcetto" e "precostituito", bensì giudichiamo i fatti e in base a quelli esprimiamo opinioni e/o evidenziamo notizie.

- Un utente ci segnala che il Corpo di spedizione francese in Italia (CEF) composto da 110,000 soldati, non era composto solo da marocchini, ma anche da algerini, tunisini e una minoranza di senegalesi; questo corrisponde a verità, e pur non essendo evidenziato nell'articolo, la questione era descritta negli approfondimenti allegati ad esso. In ogni caso, la nazionalità di provenienza dei soldati è un elemento secondario. Quello che riteniamo rilevante sono i fatti accaduti: la concessione della "carta bianca" e il fatto che tutta la vicenda sia stata posta nel dimenticatoio dalle istituzioni, italiane e "alleate". Nessuno dei responsabili di atrocità è stato punito, ne ci sono stati processi. Se la vicenda è stata ricostruita e oggi c'è un po' di letteratura in merito, è grazie alle testimonianze; e la ferocia dei fatti è tale da esser rimasti indelebili nella memoria di chi ha vissuto o ha assistito a tali scempi. Gli stupri seminarono malattie che condussero alla morte migliaia di persone; molte altre non si ripresero mai dal trauma subito.

- Un utente ci segnala che nell'articolo abbiamo "omesso" di menzionare che i goumiers oltre ad aver commesso saccheggi e stupri di massa, hanno torturato e ucciso persone mediante l'atroce impalamento e la crocifissione.  Crediamo che l'articolo rendesse sufficientemente l'idea delle atrocità commesse; e rimandava ad approfondimenti che menzionano anche queste vicende. Se avessimo approfondito tutti gli aspetti, avremmo dovuto redigere un lunghissimo dossier; sulle vicende c'è così tanto da dire che potremmo scriverci un libro, e c'è chi lo ha scritto. Abbiamo fornito comunque gli elementi e le indicazioni per consentire a chi lo desiderasse di approfondire. 

- Più persone ci segnalano il film La Ciociara, interpretato da Sophia Loren e diretto dalla regia di Vittorio De Sica, (durata 110 minuti) realizzato nel 1960, tratto dall'omonimo romanzo di Alberto Moravia, sulle violenze commesse dal CEF. Ci segnalano che il film, in bianco e nero, è disponibile sul web in streaming, cercando il titolo su Google. Il film pur omettendo particolari truci, illustra i fatti, seppur in modo estremamente "soft", rispetto alle atrocità commesse.


Alessandro Raffa di nocensura.com

- Su Youtube sono presenti numerosi video: brevi documentari, cortometraggi e testimonianze di chi ha vissuto quel drammatico contesto storico sulla propria pelle.

- I partigiani: Alcuni utenti hanno chiesto quale fosse l'atteggiamento dei partigiani nei confronti di queste barbarie; in alcuni casi anche i partigiani sono rimasti vittime di violenze. In un caso noto alle cronache, in Toscana, dopo essere stati disarmati, i partigiani sono stati violentati e torturati.

- Menzioniamo nuovamente il blog dell'ANVM (Associazione nazionale vittime marocchinate) dove si possono trovare recensioni e testimonianze preziose: http://vittimemarocchinate.blogspot.it

Di seguito riportiamo un interessante articolo ripreso da veja.it:

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LE MAROCCHINATE Aspettavano i liberatori ma arrivò l’inferno

L’Abbazia benedettina di Cassino sotto bombardamento
di Sergio Sagnotti
La riluttanza e la scarsa memoria del nostro paese, dedita soprattutto ad una sorta di invidia esterofila dei miti altrui, ci fa dimenticare che di martiri, ma soprattutto di eroi, lo stivale ne ha avuti e forse anche più di tutti gli altri paesi dai più ammirati ed invidiati.
Nella nostra nazione sono avvenuti olocausti annegati nell’indifferenza della storiografia per 60 anni e non ancora approfonditi del tutto come le Foibe, il massacro dei bimbi di Gorla e le famose “marocchinate”,  gente comune, colpevole solamente di trovarsi al momento sbagliato nella propria casa, mentre erano in atto pulizie etniche, saccheggi, violenze e stupri di ogni genere, compiuti sotto bandiere e vessilli di “liberazione”.

Nel Febbraio del 1944 gli alleati bombardarono l’abbazia di Montecassino, causando la morte di centinaia di civili; raso al suolo il monastero si passò alle cittadine limitrofe e ciò portò alla completa distruzione delle città sottostanti il monastero, Cassino appunto e altri centri urbani rurali del luogo; la stima delle vittime in questa operazione fu di circa 50.000 militari e 10.000 civili.
Ora l’esercito alleato si trovava di fronte alla linea Gustav, una catena umana che tagliava in due parti la nostra penisola, dal tirreno all’adriatico, voluta da Hitler come baluardo di resistenza  tedesca in terra italica.
I continui attacchi frontali delle forze alleate alla retroguardia teutonica, si rivelarono subito infruttuosi e superflui, si decise allora di aggirare la linea nemica e questo compito fu dato dal Gen. Clark, comandante della V armata americana, al Gen. Juin comandante franco-algerino delle truppe francesi (Goumiers) in Italia; ciò perché questi ultimi avevano una maggiore predisposizione al combattimento montano.
Le truppe francesi cominciarono così l’avanzata con l’operazione che prese il nome “Diadem”, prima sottoponendo i tedeschi ad un pesante bombardamento e subito dopo attaccando Monte Faito presso i Monti Aurunci, sguarnendo la linea nemica fino alla valle del Liri, risalirono poi verso il frusinate fino ad assestarsi in Toscana.
Dove passarono però le truppe “liberatrici”, accaddero cose mai viste in quelle terre: stupri, rapine, saccheggi, omicidi, evirazioni e torture furono all ordine del giorno…
Il corpo di spedizione francese era composto da circa 110 mila unità per lo più marocchini, algerini, tunisini e senegalesi; essi si chiamavano “Goumiers” in quanto erano organizzati in “Goums”, gruppi composti da una settantina di uomini per lo più legati da parentela.
Appena sbarcati in Italia i Goumiers fecero subito vedere di che pasta erano fatti, in Sicilia, infatti, essi cominciarono a razziare e sequestrare donne del luogo considerandole “bottino di guerra” e le portarono via come prostitute. I primi episodi si registrarono sulla statale Licata-Gela, come ci dice lo storico Fabrizio Carloni, per poi proseguire a Capizzi, tra Nicosia e Troina ,qui i franco-africani si abbandonarono addirittura a stupri di massa: “…le consideravano bottino di guerra e le portavano via sghignazzando e trattandole con un linguaggio da trivio, come se fossero delle prostitute…”.
Si proseguì con lo stesso comportamento nei paesi di Mastrogiovanni (dove madri e figlie venivano stuprate e poi passate per le armi) , Lanuvio, Velletri ad Acquafondata dove ci fu addirittura un rastrellamento di donne da violentare.
La vergogna però che si compì nelle battaglie in ciociaria toccò apici clamorosi e devastanti, infatti il comandante francese Alphonse JUIN per incentivare e caricare le sue truppe prima della battaglia, sembra  che pronunciò il seguente discorso:
“Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’è un vino tra i migliori del mondo, c’è dell’oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete…”.
I suoi Goumiers non se lo fecero ripetere due volte…
Il loro premio cominciarono a riscuoterlo nella cittadina di Esperia, dove circa 3.500 donne, tra gli 8 e gli 85 anni, vennero stuprate e, nella più benevola delle sorti uccise, circa 800 uomini sodomizzati tra cui un prete (Don Alberto Terilli) che morì poco dopo, i parenti delle vittime o coloro che cercarono di difendere le donne vennero impalati…
Gli altri alleati erano al corrente di ciò che stavano facendo i franco-africani?
Le fonti sembrano dirci di sì, in quanto, già precedentemente, gli ufficiali alleati avevano richiesto in patria “l’invio” di prostitute al seguito delle truppe, per placare i desideri dei propri soldati; sapevano anche perché i Goumiers francesi avevano un’altra peculiarità , quella di evirare i soldati nemici e soprattutto quella di vendere, a quei  soldati americani bramosi di ottenere elogi e galloni senza troppo rischiare, i soldati tedeschi catturati, al prezzo di 500/600 franchi per un soldato semplice e di circa il triplo per un ufficiale.
Quindi secondo alcuni storici tutti sapevano cosa stesse accadendo, De Gaulle in primis, ma soprattutto chi era sul posto come il Gen. Harold Alexander, che molti dicono ricevette la richiesta di permesso di “carta bianca” da parte di Alphonse JUIN, limitandosi a contrattare con egli le 50 ore di dominio “anarchico” sulla popolazione civile.  In una nota della Presidenza del Consiglio ciò si evidenzia ancora di più infatti si legge che gli ufficiali francesi: “lungi dall’intervenire e dal reprimere tali crimini hanno invece infierito contro la popolazione civile che cercava di opporvisi…” in quanto gli accordi prevedevano “mediante un patto che accorda loro il diritto di preda e saccheggio” “nella generalità dei casi essi preferiscono ignorare e da qualcuno è stato anche detto che agli irregolari marocchini spetta il diritto di preda”.
La furia franco-coloniale non si placò e continuò nelle cittadine di Ceccano, Supino, Sgurgola e  paesi limitrofi (dal 2 al 5 giugno 418 stupri su uomini, donne e bambini, 29 omicidi, 517 furti) una nota dei Carabinieri ricorda la bestialità di quegli eventi: “infuriarono contro quelle popolazioni terrorizzandole. Numerosissime donne, ragazze e bambine (…) vennero violentate, spesso ripetutamente, da soldati in preda a sfrenata esaltazione sessuale e sadica, che molte volte costrinsero con la forza i genitori e i mariti ad assistere a tale scempio. Sempre ad opera dei soldati marocchini vennero rapinati innumerevoli cittadini di tutti i loro averi e del bestiame. Numerose abitazioni vennero saccheggiate e spesso devastate e incendiate”.
Starà poi alle truppe alleate franco-senegalesi completare “l’opera” infatti, prima di essere rimpatriate, infierirono ancora sulla popolazione civile in quel di Toscana per lo più nell’isola d’Elba (dopo essere passati anche in Val d’Orcia e nel viterbese).
Le responsabilità di quei tragici giorni della nostra storia, devono ricadere anche su alcuni uomini politici italiani di allora, perché, non bisogna dimenticare, che l’Italia badogliana dichiarò guerra alla Germania, diventando di fatto collaborazionista dello Stato Maggiore alleato; non meno gravi le responsabilità del governo di Unità Nazionale di Ivanoe Bonomi che non sollevò mai una protesta ufficiale per le cosiddette “marocchinate”, come del resto i governi che lo hanno succeduto per 50-60 anni e per i quali questo è sempre stato un argomento tabù e politicamente scorretto, in virtù di quella che Renzo De Felice amava definire “vulgata resistenziale”…
Dopo la guerra il corpo di spedizione francese riconobbe alle vittime un indennizzo che andava dalle 30 alle 150 mila lire a donna stuprata, tali somme vennero detratte dai danni di guerra dovuti dall’Italia alla Francia; dal canto suo il governo italiano pagò alle vittime una pensione minima e a tempo.
La cifre di queste nefandezze non sono molto chiare, si parla di circa 60.000 donne stuprate, numero che si basa sulle richieste di indennizzo ricevute; di queste vittime, una grande percentuale rimase affetta da malattie come la sifilide o blenorragia, molti furono i figli nati dai rapporti coatti, la maggior parte dei mariti e dei compagni furono contagiati dalle mogli, migliaia di omicidi, parte dei quali effettuati ai danni di chi “osava” difendere l’onore delle donne, l’81% dei fabbricati distrutti, il 90% del bestiame sottratto, così come i gioielli e ogni altro tipo di bene materiale, evirazioni, cittadini impalati, bambini (di entrambi i sessi), uomini, sacerdoti ed anche animali sodomizzati…
Ad aggiungersi a questi dati strazianti, per le vittime ci fu anche la beffa di vedersi come delle persone emarginate dalla società, non ci furono quasi mai nei loro confronti degli atti di solidarietà, molte donne vennero ripudiate, stentarono a trovare un marito ed un lavoro e molte furono quelle che non riuscirono a convivere con questo fardello suicidandosi.
Ecco una testimonianza dell’epoca:
“I soldati marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta, abbattuta la porta stessa colpivano la Rocca con il calcio del moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata mentre il padre (…) da altri militari veniva trascinato, malmenato e legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare nessun aiuto alla ragazza e al genitore in quanto un soldato rimase di guardia con il moschetto puntato sugli stessi…”
Perché ricordare in alcuni casi è un dovere…
Riferimenti bibliografici:
Arrigo Petacco, La nostra guerra.
Tommaso Baris, Montecassino 1944, scatenate i marocchini tratto da Millenovecento, n. 14, dicembre 2003.
Tommaso Baris, Fra due fuochi.
Luciano Garibaldi, L’assalto alle ciociare, in periodico “Noi”, 1994”.
Alberto Moravia, La Ciociara.
F. Majdalany, La battaglia di Cassino.
Gennaro Sangiuliano, Quelle marocchinate di cui nessuno parla. Artcolo tratto da “L’Indipendente” del 19 maggio 2006.

LE MAROCCHINATE – «STUPRATE LE ITALIANE»

La Ciociara
Durante la seconda guerra mondiale diecimila tra donne e bambini furono violentati dalle truppe francesi, con il consenso del comando, nel Centro-sud. Un capitolo rimosso che una denuncia ha ora riaperto
di Giusy Federici
Alberto Moravia ci scrisse un libro e Vittorio De Sica ne ricavò un film, La Ciociara, con Sofia Loren, dove si mostra lo stupro delle due protagoniste, madre e figlia.
Dopo più di cinquant’anni si torna a parlare di «marocchinate».
Con questo brutto termine vengono indicate quelle donne – ma anche bambini di entrambi i sessi, uomini, religiosi e in qualche caso animali – vittime delle violenze dei soldati marocchini del Corps expeditionnaire francais (Cef), comandati dal generale Juin. Furono migliaia.
A mezzo secolo da quegli orrori, una donna tra le prime a subire violenza, vicino ad Esperia fucinate ha deciso di sporgere denuncia nei confronti dei quattro soldati che abusarono di lei, giovanissima. «Per la prima volta – afferma il legale, l’avvocato romano Luciano Randazzo – verrà inoltrata una denuncia-querela, presso la procura militare e quella della Repubblica, per far aprire un processo penale a carico degli ufficiali francesi viventi. Quei signori, tramite lo stesso Stato francese, dovranno rispondere di omicidio plurimo aggravato da motivi futili e abietti, senza nessun riscontro nel diritto internazionale di guerra. Le dico di più: ipotizzo il reato di genocidio».
Oltre che sulle dichiarazioni della signora, l’avvocato si baserà sulle ricerche storiche e sui documenti rinvenuti da Bruno D’Epiro, da Massimo Lucioli e Davide
Sabatini, autori questi ultimi, per le edizioni Tusculum, del libro La Ciociara
e le altre.
È questo il primo tentativo di far conoscere il fenomeno degli stupri francesi in tutta la loro portata. Come afferma lo studioso belga Pierre Moreau: «Mai tali tragici avvenimenti sono stati menzionati nella letteratura storica della seconda guerra mondiale, tanto in quella di lingua francese, quanto in quella di lingua olandese ed inglese».
Invece è dimostrato che non fu
solo la popolazione degli Aurunci a subire le violenze durante le famose cinquanta ore di «premio» promesse da Juin alle truppe se avessero sfondato la linea di Cassino, ma che il fenomeno parti dal luglio ’43 in Sicilia, attraversò il Lazio e la Toscana e terminò solo con il trasferimento del Cef in Provenza, nell’ottobre del ’44.
Un’altra fondamentale novità che la denuncia e gli studi apportano alla vulgata su questi fatti è che non furono solo i marocchini a macchiarsi di tali nefandezze, ma anche algerini, tunisini e senegalesi. Nonché «bianchi» francesi: ufficiali, sottufficiali e di truppa. E qualche italiano aggregato ai «liberatori» (volgari criminali o qualcuno con la divisa? Le fonti non sono chiare…).
Il professor D’Epiro, deportato a sedici anni dai tedeschi perché non volle aderire alla Repubblica Sociale Italiana – dai cui reduci viene spesso invitato a tenere conferenze – dopo una serie di vicissitudini tornò a casa. E cominciò a raccogliere le testimonianze delle vittime in libri come Dramma di un popolo e La battaglia di Esperia. È stato insignito da Pertini del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana, ma vanta anche riconoscimenti come la Gran Croce «Deutsch dee Sektion dee Ceca». Un personaggio, quindi, non sospettabile di revisionismo strumentale a fini politici.
«La spinta me l’hanno data le donne di Esperia. Nel 1950, quando si cominciarono a dare i primi miseri indennizzi alle donne marocchinate, io scrivevo le domande per loro e ne raccoglievo le testimonianze. A quel tempo se ne parlava ancora molto, quasi tutte in zona erano state stuprate, dalle bambine alle vecchie.
Trovai poi riscontri nelle fonti tedesche». La ricerca portò a risultati sconvolgenti. Durante l’offensiva del ’44, ad esempio, il parroco di Esperia, don Alberto Terrilli, un uomo in odore di santità, cercò invano di salvare tre donne. Fu legato e sodomizzato tutta la notte. Mori poco tempo dopo per le violenze subite. E mentre i francesi ancora oggi negano tutto, diventa sempre più evidente che il fenomeno ebbe dimensioni colossali.
Sono ben 9.000 le vittime che ancora aspettano un indennizzo, secondo l’Associazione nazionale vittime di guerra. E già il 12 novembre 1946, Giovanni Moretti, primo cittadino di Esperia, durante riunione di sindaci della Ciociaria denunciò che su 2.500 abitanti erano state violentate 700 donne. Tutte si erano ammalate, molte in modo grave, o erano decedute in seguito agli stupri. E l’avvocato Randazzo sostiene che il risarcimento si può ottenere ormai solo dal governo francese. E che sul piano penale, per il principio della responsabilità applicato anche in altre situazioni (vedi caso Priebke), vadano puniti gli ufficiali francesi. Juin è morto, ma altri pari grado o subalterni presumibilmente sono ancora vivi.
A quale tipo di querelle giuridico-diplomatica la denuncia darà luogo non è difficile immaginarlo. Basti dire, come ricorda D’Epiro, che «alle celebrazioni per il cinquantesimo della battaglia di Esperia, nel ’94, si erano autoinvitati dei francesi che non furono fatti salire sul palco insieme agli inglesi e agli americani. Anzi, minacciati dai paesani, richiusero la portiera del pullman e se ne andarono. Un ufficiale mi chiese il perché di tanto astio io risposi: “Noi non possiamo dimenticare quello che avete fatto sui monti Aurunci, dove si sentono ancora le grida delle vittime”. Non presero solo donne, ma anche bambini. Un tedesco fu decapitato». Tagliare la testa era, infatti, un’usanza marocchina, come recidere le orecchie per farne collane. Si racconta persino che durante le violenze qualche ufficiale francese si nascondeva per paura di fare la stessa fine della popolazione.
Su questo punto, però, Massimo Lucioli è di parere diverso. «Nel libro noi non abbiamo sposato questa tesi fino in fondo, perché a nostro avviso gli ufficiali bianchi, spesso e volentieri, partecipavano alle sevizie». «Ma anche gli italiani che seguivano le truppe – conferma D’Epiro – non solo violentavano ma, approfittando del momento, derubavano i civili di soldi e oro». Purtroppo, però, tranne la famosa «Ciociara» che ha ispirato il film, nessuno dei protagonisti sembra avere più voglia di parlare. È difficile trovare testimoni. Sono quasi tutti morti e qualche superstite ha problemi di memoria. Ma anche chi ricorda non vuole rivangare un trauma in cinquant’anni rimasto intatto. Le efferatezze compiute dai marocchini furono motivate dai francesi con la necessità assoluta di sfondare la linea di Cassino. Juin diceva che l’unico modo per riuscirci era passare per la «penetrante Esperia». Dalla piana di Scauri, il generale osservava l’andamento giornaliero delle operazioni sui monti Aurunci e i tedeschi si accorsero troppo tardi di quell’azione di accerchiamento. Tedeschi che in zona sono rispettati e benvoluti, contrariamente che altrove in Italia.
Nel 1985, durante una giornata per la riconciliazione, gli ex combattenti sono stati invitati da tutta la cittadinanza e dalle autorità. Durante la guerra molti esperiani aiutarono i soldati germanici in difficoltà proprio per l’atteggiamento corretto che avevano sempre avuto verso la popolazione e soprattutto verso le donne. Un ucraino che aveva tentato di violentare una donna fu preso dai commilitoni della Wehrmacht e fucilato senza tanti complimenti.
Introvabile resta ancora, però, il famigerato volantino in arabo – o in francese e arabo – in cui Juin prometteva ai suoi uomini le cinquanta ore di totale licenza in caso di vittoria. L’originale non si trova, ma esiste una traduzione dell’Associazione nazionale vittime civili:
«Oltre quei monti, oltre quei nemici che stanotte ucciderete c’è una terra larga larga e ricca di donne, di vino e di case… Per 50 ore potrete avere tutto, fare tutto, distruggere e portare via, se lo avrete meritato…».
«Probabilmente – osservano Massimo Lucioli e Davide Sabatini – la storia del volantino è stata messa in giro per attribuire solo a Juin la responsabilità di fatti così vergognosi. Con la scusa del volantino di cui tutti parlano ma che nessuno ha mai visto, si finisce per negare che il fenomeno abbia interessato, com’è certo, mezza Italia. Il tutto si circoscrive a  50 ore sugli Aurunci: cosa grave é ma limitata. È anche inquietante l’esistenza  di denunce prestampate. La pretura di Esperia realizzò addirittura dei moduli, presso la Tipografia Trombetta di Pontecorvo, per presentare le denunce contro le violenze commesse dai marocchini. Ce n’erano anche al comando francese.
Un’ulteriore dimostrazione che nulla fu casuale e limitato nel tempo.
Un’altra conferma della sistematicità di tali «gesta» è data, indirettamente, dalla presenza in zona del generale De Gaulle, che ha seguito gran parte della strada percorsa dai goumiers: possibile che non sapesse nulla? De Gaulle arrivò da Ausonia, dove aveva sede il Cef, a Esperia, dove si trovava il comando avanzato. Fu visto dagli osservatori tedeschi che avvertirono tempestivamente l’artiglieria posta a Sant’Oliva e spararono sul casolare: lo testimonia anche Jacques Robichon, uno storico francese che ha preso parte alla campagna d’Italia come ufficiale del Cef. In zona, poi, oltre a un reparto di carri leggeri della divisione «Francia libera», c’erano elementi della Quinta Armata americana che con i mezzi corazzati supportavano l’avanzata dei francesi. Ci sono foto che ritraggono insieme Juin, Alexander e Clark.
«A Pico – racconta Lucioli – abbiamo testimonianze che gli americani arrivarono mentre i goumiers stavano violentando in piazza donne e bambini. I soldati cercarono di intervenire, ma gli ufficiali li bloccarono dicendo che non erano lì per fare la guerra ai marocchini.
In Toscana sono successe le stesse cose. Le violenze poi non avvenivano durante combattimenti, ma a battaglia terminata. Quando le ragazze portavano fiori ai «liberatori».
A Polleca, il 17 maggio, furono seviziate molte donne e i tedeschi non c’erano già più. Così a Pico, a Castro dei Volsci e altrove».
Uno degli aspetti ancora poco noti è poi che gli stupri sono continuati a Roma, a due passi da San Pietro, ai Castelli romani, a Grottaferrata e a Frascati. In Sicilia, nel ’43, appena arrivati, i goumiers ebbero degli scontri molto accesi con la popolazione per questo motivo. Alcuni di questi soldati furono trovati uccisi con i genitali tagliati: un chiaro segnale.
Nell’alto Lazio e in Toscana, lo stesso: Poggibonsi, Colle Val d’Elsa, Murlo, la Val d’Orcia. All’isola d’Elba si verificarono altri fatti eclatanti: lì si accanirono addirittura sui carabinieri reali. «Diversi partigiani – concludono Sabatini e Lucioli – si trovarono ad avere a che fare con i goumiers in Toscana, e furono disarmati e violentati. Come alcuni elementi della Spartaco Lavagnini, una brigata garibaldina comunista molto nota e attiva. Tra loro c’era una staffetta, Lidia, e un ragazzo, ribattezzato Paolo in guerra. Testimonianze riportate dagli stessi partigiani, come Pasquale Plantera, arruolato nella Lavagnini, che ne parla in  un suo racconto rimasto inedito. Eppure queste cose non sono mai state dette né scritte».

Le marocchinate della seconda guerra mondiale

Il generale francese Alphonse JUIN
Niente può eguagliare l’orrore che investì le “marocchinate”: è una brutta parola, ma allora la usavano tutti e si capiva subito di cosa si parlava. Non solo marocchini, ma anche tunisini, algerini, ecc. Gli storici furono come sempre bloccati, lasciando praticamente sguarnita di studi e ricerche quella pagina dolorosa della nostra storia. Certi eventi, accaduti intorno alla Linea Gustav, non hanno trovato il giusto spazio nei libri della storiografia ufficiale.
Voluta da Hitler nel settembre del 1943, 230 chilometri di barriera difensiva, dal Tirreno all’Adriatico partiva da Gaeta, al confine tra Lazio e Campania fino alla foce del Sangro, a sud di Pescara. La città ciociara di Cassino ne era il nodo. Saranno i soldati del generale francese Alphonse JUIN a ricevere l’ordine di sfondarla. 110 mila soldati: francesi, marocchini, algerini e tunisini sono gli uomini del C.E.F., il Corpo di Spedizione Francese, guidato dal generale JUIN, comandante deciso e ostinato. Ai suoi ordini anche i 12 mila goumiers, arruolati e addestrati sulle montagne dell’Atlante in Marocco.
Il contingente marocchino agli ordini del generale JUIN, i “goumièrs”, sfondano per primi il 13 maggio 1944, i capisaldi della linea Gustav. I tedeschi sono costretti ad arretrare. I profughi vedono arrivare i liberatori. Ma proprio in questi giorni di liberazione ha inizio un saccheggio senza precedenti: i goumiers devastano, rubano, uccidono, violentano. Donne, bambini, ma anche uomini, sono il loro “bottino di guerra”. Le marocchinate, una brutta definizione, ma da allora usata da tutti in quei luoghi e si capisce subito di cosa si parla. Sono le donne che hanno subito la violenza dei soldati marocchini, gli efferati liberatori dall’occupazione tedesca.
I goumiers inoltre andavano all’attacco salmodiando la Chahada (non vi è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta), catturavano i tedeschi per rivenderli (500-600 franchi per un soldato semplice, il triplo per un ufficiale superiore) ai militari americani desiderosi di costruirsi una reputazione guerriera senza rischiare. In Marocco ovviamente sono gli eroi di Cassino.
Ma quanti furono gli stupri? Le cifre non sono mai state precise. La furia delle truppe marocchine ha sin dal primo momento assunto le caratteristiche di uno stupro di massa. Ma come è stato possibile che soldati comandati da ufficiali francesi, inquadrati nella V armata americana, abbiano potuto infierire sulla gente del luogo senza alcun controllo? In questa ricerca della verità partiamo, anche se può sembrare paradossale, da un misterioso proclama, attribuito proprio ad Alphonse JUIN:
“…oltre quei monti, oltre quei nemici che stanotte ucciderete, c’è una terra larga e ricca di donne, di vino, di case. Se voi riuscirete a passare oltre quella linea senza lasciare vivo un solo nemico, il vostro generale vi promette, vi giura, vi proclama che quelle donne, quelle case, quel vino, tutto quello che troverete sarà vostro, a vostro piacimento e volontà. Per 50 ore. E potrete avere tutto, fare tutto, prendere tutto, distruggere e portare via, se avrete vinto, se ve lo sarete meritato. Il vostro generale manterrà la promessa, se voi obbedirete per l’ultima volta fino alla vittoria…”.
Fonte: NR

Marocchinate:  I Goumiers

I  goumiers
Goumiers erano marocchini di razza berbera, nativi delle montagne dell’Atlante, che costituivano le truppe coloniali irregolari francesi appartenenti ai Goums Marocains, un reparto delle dimensioni approssimative di una divisione ma meno rigidamente organizzato, che formavano il cosiddetto C.E.F.(Corps Expeditionnaire Francais) insieme ad altre quattro divisioni:
la Seconda Divisione Marocchina di Fanteria (DIM  Division Infanterie Marocaine, 13.895 uomini, di cui 6.578 europei e 7.317 indigeni);
la Terza Divisione Algerina di Fanteria (DIA  Division In fanterie Algerienne, con i suoi 16.840 uomini, tra i quali 6.354 bianchi e 6.835 indigeni);
la Quarta Divisione di Montagna Marocchina (DMM  Division Marocaine de Montagne, 19.252 uomini, di cui 6545 europei e 12.707 indigeni);
la Prima Divisione della Francia Libera.
Questi uomini selvaggi in bourms (mantello di lana con cappuccio) e turbante, avvolti in sporchi barracani, erano denominati “goumiers“, perche’ non erano organizzati in divisioni regolari, ma in “goums“, ossia gruppi composti da una settantina di uomini, molto spesso legati tra loro da vincoli di parentela.
Infatti “Goum” (il cui plurale e’ appunto “goums“), deriva dalla traslitterazione fonetica francese del termine arabo “qum” che indica, appunto, una banda o uno squadrone.
La caratteristica di queste truppe coloniali era l’eccellente addestramento nei combattimenti montani, dove riuscivano a muoversi in silenzio e con agilita’. Vivere e battersi in montagna era qualcosa di naturale per questi soldati nati e vissuti su impervie montagne, e un terreno che altri avrebbero considerato un ostacolo era per questi nordafricani un alleato.
Le forze del C.E.F. comprendevano 99.000 uomini per la maggior parte di nazionalita’ marocchina e algerina provenienti dalle colonie francesi. Completava l’organico una piccola aliquota di senegalesi.
I Goums erano al comando del generale francese Augustin Guillaume.
Lo scenario bellico
Alla fine del 1943 la 5° Armata USA del generale Clark aveva subito perdite per 40.000 uomini, tra morti e feriti, oltre a 50.000 soldati messi fuori combattimento dalle malattie, molte di tipo sessuale e da stress da combattimento. L’Ottava Armata britannica aveva perso 12.500 uomini a causa della malaria e 6.400 in battaglia. Questo li porto’ a dover chiedere aiuto agli alleati francesi.
Quando gli eserciti anglo americani giunsero nel gennaio del 1944 di fronte alla linea Gustav, i loro comandanti certamente non pensarono che la celere avanzata verso Roma, si sarebbe trasformata in una logorante e sanguinosa guerra di posizione.
La linea Gustav era letteralmente una catena umana che tagliava in due parti l’Italia, dal Tirreno all’Adriatico, voluta da Hitler nel settembre del 1943 come baluardo di resistenza tedesca in terra d’Italia; la Linea Gustav era lunga 230 chilometri e rappresentava una barriera difensiva dal Tirreno all’Adriatico: partiva da Gaeta, al confine tra Lazio e Campania, e giungeva fino alla foce del Sangro, a sud di Pescara.
Nei mesi invernali che seguirono, il generale Harold Alexander, comandante in capo delle forze alleate in Italia, nell’ostinarsi ad attaccare frontalmente le difese tedesche nel settore di Cassino riusci’ a perdere nell’arco di tre distinte battaglie (che comportarono anche la distruzione della storica abbazia) oltre 60.000 soldati.
A fronte di questi evidenti insuccessi, nello studio tattico di quella che doveva essere la quarta ed ultima Battaglia per Cassino, che portera’ all’occupazione angloamericana di Roma, il generale Alexander decise di tentare una manovra di aggiramento delle difese tedesche.
L’attacco si doveva sviluppare attraverso i monti Aurunci, partendo da Castelforte passando per Ausonia, Monte Petrella ed Esperia. Obiettivo finale: il paese di Pontecorvo e la via Casilina. Si sarebbe ottenuto cosi’ l’aggiramento dei difensori di Montecassino.
A svolgere questo difficile e delicato compito furono chiamate le truppe del “Corps Expeditionnaire Français” (C.E.F.) agli ordini del generale Alphonse Juin.
Giovedi’ 11 maggio 1944, scatta il piano di Juin. Alle undici di sera, 1600 cannoni danno inizio a un intenso bombardamento contro i tedeschi: le truppe francesi cominciarono cosi’ l’avanzata con l’operazione che prese il nome “Diadem“.
Il 14 maggio 1944 i Goumiers, attraversando un terreno apparentemente insuperabile nei monti Aurunci, aggirarono le linee difensive tedesche nell’adiacente valle del Liri consentendo al XIII Corpo britannico di sfondare la linea Gustav e di avanzare fino alla successiva linea di difesa predisposta dalle truppe germaniche, la linea Adolf Hitler.
In seguito a questa battaglia il generale Alphonse Juin avrebbe dato ai suoi soldati cinquanta ore di “liberta’”, durante le quali si verificarono i saccheggi dei paesi e le violenze sulla popolazione denominate appunto marocchinate.
Le marocchinate
Nei giorni che seguirono la battaglia, terminata il 17 maggio con la caduta di Esperia, i 7.000 “goumiers” sopravvissuti (erano partiti all’attacco in 12.000) devastarono, rubarono, razziarono, uccisero e violentarono.
Le cifre riguardanti il totale degli stupri e degli omicidi sono molto varie.
Nelle ore successive allo sfondamento della linea Gustav, 7000 soldati marocchini, liberi dal comando, si avventarono su di un’ampia area della provincia di Frosinone e della provincia di Latina.
Le conseguenze furono spaventose: secondo alcune fonti ufficiali furono stuprate piu’ di 60.000 donne dagli 8 agli 85 anni.
Furono sodomizzati all’incirca ottocento uomini; tra di essi anche il prete di Santa Maria di Esperia che mori’ poi per le ferite.
Poi furono uccisi impalati gli uomini che cercavano di proteggere le donne e i bambini. Fu razziato il 90% del bestiame.
Testimonianze ricordano come truppe canadesi, uscendo dalla loro area di competenza, intervennero riuscendo a fermare in parte lo scempio su richiesta della popolazione in fuga.
Secondo invece i dati del Ministero degli Interni, poi trasmessi alla Commissione alleata di controllo, ci furono circa 2000 stupri di donne, molte delle quali furono contagiate da malattie veneree, circa 800 uomini sodomizzati, molti dei quali successivamente assassinati tramite impalatura, oltre ad un centinaio di omicidi e alla distruzione di 811 case poi incendiate.
Sulla guerra delle cifre non c’e’ certezza; comunque sia anche quella piu’ ottimistica del Ministero degli Interni mostra lo scempio che avvenne in Italia e le sue colossali dimensioni, rispetto al breve periodo e all’esiguita’ del territorio in cui queste violenze si consumarono.
Il 18 giugno del 1944 papa Pio XII sollecito’ Charles de Gaulle a prendere provvedimenti per questa situazione. Ne ricevette una risposta accorata e al tempo stesso irata nei confronti del generale Guillaume. Entro’ quindi in scena la magistratura francese, che fino al 1945 avvio’ 160 procedimenti giudiziari nei confronti di 360 persone. A queste cifre bisogna pero’ sommare il numero di quanti furono colti sul fatto e fucilati.
Quando la notizia si diffuse il Vaticano chiese ufficialmente che le truppe franco-maghrebine non entrassero a Roma.
Dopo la guerra il corpo di spedizione francese riconobbe alle vittime un indennizzo che andava dalle 30 alle 150 mila lire a donna stuprata, tali somme vennero detratte dai danni di guerra dovuti dall’Italia alla Francia; dal canto suo il governo italiano pago’ alle vittime una pensione minima e a tempo.
Il mistero del volantino
All’alba del 14 maggio 1944 (giorno scelto per l’attacco) il generale Juin inoltro’ agli uomini della II divisione di fanteria (comandata dal generale Dody) e della IV divisione da montagna (comandata dal generale Guillaume) il seguente proclama…
Per quanto l’originale sia introvabile, si conosce la traduzione di un volantino in francese e arabo che sarebbe circolato tra i groumiers:
« Soldati! Questa volta non e’ solo la liberta’ delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’e’ un vino tra i migliori del mondo, c’e’ dell’oro. Tutto cio’ sara’ vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di cio’ che troverete al di la’ del nemico. Nessuno vi punira’ per cio’ che farete, nessuno vi chiedera’ conto di cio’ che prenderete »
(Traduzione dell’”Associazione Nazionale Vittime Civili”).
L’invio di tale comunicato non fu mai confermato ufficialmente.
Un’ulteriore prova che questo fenomeno non fosse circoscritto alle 50 ore di cui parlerebbe il volantino sarebbe la presenza di moduli prestampati per denunciare le violenze effettuate dai marocchini.
Anche se si nega l’esistenza del volantino, tuttavia, l’acquiescenza di comandanti ed ufficiali ed il carattere sistematico delle violenze ha portato a definire l’idea di una liberta’ di azione concessa ai soldati nei confronti dei civili. Ai soldati marocchini, cioe’, sarebbe stato concesso il diritto di preda.
Evidentemente l’Italia del «colpo di pugnale» alla Francia agonizzante del 1940, non meritava, in fin dei conti, troppi riguardi.
Marocchinate e’ il termine usato per indicare lo stupro di massa attuato dai goumiers francesi ai danni di molte persone di ambo i sessi e di tutte le eta’ dopo la battaglia di Montecassino.
Durante la Seconda guerra mondiale, come in tutte le altre guerre, si sono consumate efferate e gratuite violenze ai danni dei civili, donne e uomini, anziani o giovani che fossero. Ma e’ difficile eguagliare l’orrore della vicenda delle “marocchinate“, le donne ciociare violentate nel 1944 dal contingente marocchino dell’esercito francese. All’epoca furono definiti effetti collaterali della guerra, oggi quegli stupri sono un crimine contro l’umanita’.
Alberto Moravia scrisse un libro affinche’ tali orrori non venissero dimenticati. Vittorio De Sica ne ricavo’ un film, intitolato “La Ciociara“. Fu Sofia Loren ad interpretare una delle due protagoniste, una madre e una figlia che, nella storia, subirono un orribile stupro.
Fonte: da ParlandoSparlado del  31/10/2009


Fonte: veja.it


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