“Licenza di spaccare le ossa”


Di Enrico Galoppini
Sono giorni di manifestazioni di massa nelle capitali delle nazioni europee maggiormente colpite dalla “crisi”. La scena che si ripete è sempre la stessa: manifestanti da una parte, forze dell’ordine dall’altra, a fare scudo tra i primi e i contestati (i cosiddetti “potenti” inutilmente identificati coi parlamentari). Col risultato chenessun manifestante riesce neppure ad intravedere questi ultimi, ma solo degli agenti bardati come dei “robocop” che per contratto si dispongono in mezzo, ricorrendo, a loro discrezione, all’uso della forza.
Questo miserrimo risultato basti a chiarire quanto può essere utile “scendere in piazza”, per giunta su impulso di chissà chi, dato che non è mai accaduto che “spontaneamente” una folla di persone si muova all’unisono, checché ne possano pensare i diretti interessati.
Abbiamo già anche espresso cosa pensiamo al riguardo di queste “proteste”, quindi invitiamo a rileggere quest’articolo.
Ma stavolta c’interessa esaminare un determinato aspetto di queste manifestazioni di dissenso condite dall’inesorabile repressione, come un film già visto. Una situazione che per abitudine vien considerata “normale”, ma che non lo è affatto e, anzi, è sintomo di una “malattia dell’anima”, di grave oscuramento interiore, di una mancanza di consapevolezza che tutti proveniamo dalla medesima Origine e che se ci mettiamo gli uni contro gli altri facciamo solo il gioco di chi – l’Avversario – intende ostacolare il nostro ritorno ad essa. Che può avvenire solo grazie ed attraverso l’Amore, cioè la capacità di ‘abbracciare’ tutte le cose, conoscendole ed identificandosi con esse, giungendo così alla Conoscenza Intellettuale. Il che implica  che ogni “opposizione” e ogni “reazione contraria”, quale che sia, non fanno che alimentare un circolo vizioso all’insegna della dissociazione e della dualità. Cosa diversa dallo sforzo per capire dove e come veniamo ingannati: un’azione propedeutica all’autentica “liberazione”, ma che da sola certamente non basta.

Partiamo dunque dalla specifica situazione che mi ha fornito lo spunto per scrivere quest’articolo. Dai filmati che girano su internet, tra le cose che si notano vi è che questa volta i manifestanti, benché “indignati” e comprensibilmente esasperati, non ce l’hanno in alcun modo con gli agenti che hanno di fronte. In Portogallo sono rispuntati i garofani, in Spagna la protesta di piazza ha assunto toni più che civili. Solo in Grecia è sfociata nei soliti tafferugli, con lanci di molotov, cariche eccetera, ma se si considera come sono conciati si può dire che sono anche fin troppo calmi. In Italia, calma piatta, ma questo è un altro discorso.
Però, tafferugli o meno, le botte ai manifestanti arrivano puntualmente, e che botte. Hai voglia a mettere “fiori nei cannoni”: l’unico fiore che riconoscono è il manganello. Così ad un certo punto mi sono chiesto: ma dove sta scritto che un poliziotto deve spaccare di botte uno che manifesta pacificamente?
Questa domanda mi è venuta alla mente guardando uno dei filmati collegati ad uno degli ultimi articoli di Beppe Grillo pubblicati sul suo blog.
video in questione ritraggono scene di giovani che in Spagna scendono in piazza, già da un anno (gli “Indignados”), per protestare contro questo sistema marcio, ingiusto e corrotto che sta mettendo davvero in difficoltà un numero sempre crescente di persone.
Non entro qui in tutta una serie di questioni che potrebbero essere sollevate: l’opportunità e l’effettiva utilità di queste “manifestazioni” ai fini di un concreto e sostanziale “cambiamento” (addirittura potrebbero innescare esiti opposti a quelli sperati); le notevoli perplessità sull’impostazione di fondo di chi protesta; i dubbi su ipotetici, e sempre possibili (la storia insegna abbondantemente), manipolatori del malcontento popolare. E la grande domanda che aleggia quando vedi che la maggioranza insiste a “chiedere” sempre le stesse cose: non sarebbe piuttosto il caso di “cambiare vita”? Di fare di necessità virtù e di prendere atto che “la festa” – la “festa” di questo “modello di sviluppo” – “è finita”?
Ma voglio qui limitarmi solo ad uno specifico aspetto che però a mio modo di vedere non è poi così marginale.
Sui media e nella”cultura” dei cosiddetti “paesi avanzati”, si parla a tutto spiano di “diritti umani”, a sproposito, mettendoci dentro questioni irrilevanti e pretestuose. Si sono pure inventati la “guerra umanitaria”! Eppure le autentiche necessità di ciascun essere umano non interessano ai chierici di questa religione dei “tempi ultimi”. Ma per una volta accettiamo di stare al gioco dei “diritti umani”, e pretendiamo una risposta alla seguente domanda: quale diritto ha un poliziotto, un celerino, un “agente antisommossa” di prendere a manganellate nella testa, nelle braccia, nella schiena delle persone che non stanno opponendo alcuna violenza?
Anche su questo si può discutere (ovvero se questa “non violenza” serva a qualcosa), ma da questi filmati si evidenzia inequivocabilmente che queste persone, oggetto di una gragnola di colpi, stanno esercitando una resistenza completamente passiva, a fronte della quale ricevono solo legnate.
Posso capire che prendere a randellate, schiacciare faccia a terra e poi caricare su un furgone come un salame uno che ha appena spaccato una vetrina di un negozio o dato alle fiamme un’auto possa avere una sua logica. Lo stesso dicasi di chi lancia pietre o bottiglie incendiarie all’indirizzo delle forze dell’ordine, messe lì a fare “il loro mestiere”. Il senso è: “Mi volevi fare del male? Ora te la faccio pagare!”. Mettiamoci nei panni anche dell’agente e facciamo uno sforzo di comprensione, e saremo disposti a “capire” la sua reazione, pur senza condividerla.
Ma quando di fronte hai delle persone sedute per terra, inginocchiate di fronte a te, come per dire “guardate che non ce l’abbiamo con voi e sappiamo che anche voi siete messi male (o lo sarete presto) come noi”; quando hai davanti uno che potrebbe essere tuo fratello, un tuo amico, che non è attrezzato con casco e mazze come un “black block”, e chiede solo – visto che non ha accesso ai media blindati – di poter esprimere il suo dissenso, il suo disgusto verso un’intera classe dirigente, o addirittura (nei casi un po’ più consapevoli) un sistema, beh, ci vuole davvero del pelo sullo stomaco per mettersi a batterlo di santa ragione.
Che cosa diranno questi “tutori della legge”, alla loro famiglia, una volta tornati a casa dopo il “turno di lavoro”? Che hanno spaccato un braccio ad una ragazza, della stessa età della loro figlia, seduta per terra e con le mani in alto? Ma non gli viene mai un po’ di vergogna per quello che fanno? Non li assale il dubbio chestanno eseguendo degli ordini aberranti?
Quanto alla “legalità” stessa, sempre invocata a giustificazione di queste situazioni, ci sarebbe poi da interrogarsi parecchio. Quali sono i termini di legge per poter poi affermare che i segni, le contusioni, le fratture e addirittura i danni permanenti inferti uno se li deve tenere e zitto?
Va bene che lo Stato detiene “il monopolio della forza”, ma questo non vuol dire che un esponente dei corpi incaricati dallo Stato stesso di esercitare tale monopolio ha la “licenza di spaccare le ossa”, persino nell’esercizio delle sue funzioni! E per giunta se gli si parano davanti persone senza alcuna intenzione di fare del male.
Tutto questo è davvero molto triste, da vedere e da sopportare.
Da una parte gente che “protesta” senza avere una piena consapevolezza di cosa fa. Dall’altra degli individui aizzati come dei pitbull contro un “pericolo” inesistente. Messi lì a difendere non la “cosa pubblica”, “le istituzioni”, ma una cricca di traditori, felloni e magna magna che si parano dietro “lo Stato” per farsi iprivatissimi affaracci loro.
Tutto lascia presagire che questo spettacolo vergognoso – specialmente di fronte al Signore, che non ci ha certo creati per metterci l’uno contro l’altro – continueremo a vederlo ancora a lungo. Figuriamoci, hanno addirittura messo su una superpolizia europea incaricata di reprimere le sommosse, la Eurogendfor.
Inglesi mandati a battere i francesi, francesi spediti a bastonare i tedeschi, tedeschi messi a pestare a sangue gli italiani… e così via, in una spirale di follia al cubo che farà cadere anche gli ultimi freni inibitori rappresentati dalla fatto di avere comunque di fronte un connazionale.
Dopo il 1860, Massimo D’Azeglio, disse: “Fatta l’Italia, restano da fare gli italiani”. Nel 2012 si potrebbe dire: “Fatta l’Europa, restano da sfare (di botte) gli europei”.


fonte: stampalibera.com


Commenti

Anonimo ha detto…
forse alcuni Governi lo fanno in buona fede: sono realmente convinti che solo seguendo una certa economia si possa salvare la loro nazione dalla crisi sociale in cui si trova. Così bisogna controllare, in ogni modo, eventuale dissenso. Giusto o ingiusto che sia.
Anche perché nel frattempo la trasformazione economica che stiamo vivendo sembra che durerà ancora non pochi anni. E pochi sembrano in grado di creare nuovi posti di lavoro quando un'azienda decide di trasferire uno stabilimento altrove.
Cosa succederà? Chi lo sa. Probabilmente hanno ragione coloro che pensano che la terza guerra mondiale non sarà con le armi, ma di tipo economico - sociale. Roberto Saviano, su Repubblica di lunedì 8 ottobre 2012, scrive che la criminalità organizzata non vuole scuole né sviluppo perché così possono controllare meglio le persone e farle obbedire. Forse la strategia dei Governi è simile. Sicuramente avranno interpellato sociologi e psicologi, dubito abbiano semplicemente dato l'ordine di reprimere manifestazioni solo perché i partecipanti hanno cambiato percorso di pochi metri.

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