198 SUICIDI PER RAGIONI ECONOMICHE. GRAZIE EQUITALIA


Parlando con alcuni amici, mi sono resa conto che qualcuno crede che equitalia svolga il nobile compito di recuperare i soldi sottratti al fisco: in realtà non è così; la maggioranza delle persone che finiscono nelle maglie di equitalia sono cittadini che non riescono a far fronte alle spese... vedi
DOSSIER EQUITALIA: suicidi per insolvenza, ingiustizie, scandali e stipendi d'oro.
ECCO COME EQUITALIA ROVINA LE FAMIGLIE. Un esempio pratico - Staff nocensura.com


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198 Suicidi per ragioni economiche. Grazie Equitalia.
di Riccardo Ghezzi

Il dibattito su Equitalia, pressione fiscale, aziende costrette a chiudere perché non riescono più a pagare le tasse infervora gli italiani. In realtà, però, nessuno si occupa davvero di capire quali siano i danni causati dalle cartelle esattoriali. Purtroppo non vi sono solo risvolti economici, aziende che chiudono e conseguente aumento della disoccupazione, ma persino spiacevoli implicazioni da cronaca nera. Non esiste, al momento, un elenco dei “suicidi per insolvenza”, ma le spiacevoli e allarmani notizie dei numerori imprenditori suicidi, soprattutto in Veneto, destano preoccupazione in primis per la terribile escalation di questi mesi.

Gli ultimi dati disponibili, diffusi dall’Eures, riguardano il 2009, anno in cui i suicidi in Italia per ragioni economiche hanno raggiunto il poco invidiabile record degli ultimi decenni: 198 casi, vale a dire il 32% in più rispetto ai 150 del 2008; ancora meno erano stati nel 2007, precisamente 118.
Tra i disoccupati il numero si alza sensibilmente: circa un suicidio al giorno in media, sempre nel 2009 in totale sono stati 357. Se i suicidi sono in generale aumentati di poco (2.986 nel 2009 contro i 2.828 del 2008, in percentuale il 5,6% in più), l’aumento rilevante del movente economico rappresenta un campanello d’allarme. Tanto più che i dati del 2010 e 2011, non ancora disponibili, potrebbero essere peggiori, alla luce dei recenti episodi.

Il giornale “La Tribuna di Treviso” ha recentemente pubblicato una lista di tutti gli imprenditori suicidi nella sola regione Veneto dal 2009 ad oggi. Sono 30, quasi tutti con nome e cognome, riportati nella tabella che anche noi abbiamo pubblicato sotto.
Il movimento “Veneto Stato” parla invece di 40 suicidi, nello stesso lasso di tempo, solo tra gli impresari (quindi imprenditori del settore edile) veneti.
Sono dati che allarmano anche il neonato Pda (Partito delle Aziende), finora unico partito politico ad essere sceso in piazza per manifestare pubblicamente contro uno Stato che resta indifferente e continua a mietere  vittime di “omicidio fiscale”. In quella manifestazione, tenutasi lo scorso 19 gennaio davanti a Montecitorio, sono stati esposti cartelli con i nomi delle vittime di Equitalia e delle troppe tasse: imprenditori che si sono suicidati anche perché non riuscivano a pagare i propri dipendenti.
Non poteva che nascere in Veneto, il Partito delle Aziende. Nel nord-est dove la crisi dei settori produttivi si sente più che altrove, e dove cresce lo spiacevole fenomeno dei suicidi, definiti del Pda “omicidi fiscali”. L’obiettivo è combattere contro uno Stato non solo assente, ma addirittura sanguisuga.
“Non vogliano essere aiutati o assistiti, né mantenuti dallo Stato. Ma dobbiamo essere messi in condizione di poter lavorare, senza essere noi a mantenere lo Stato”. Questo il motto del Pda. E gli ultimi risvolti, con l’avvento del governo Monti, rischiano di dare il colpo definitivo alle PMi italiane.
Per far luce sul fenomeno, abbiamo deciso di interpellare il presidente nazionale del Partito della Aziende, Fabrizio Frosio, che ha concesso questa intervista in esclusiva per Qelsi.
Presidente Fabrizio Frosio, perché un Partito delle Aziende in Italia? Cosa lo rende necessario?
Il Pda nasce da una necessità più che da una ideologia, in conseguenza del fatto che le piccole e medie imprese non sono tutelate e rappresentate né dalle istituzioni né dalle varie associazioni di categoria, le quali si riuniscono sempre intorno ad un tavolo con Confindustria, non capendo o facendo finta di non capire che Confindustria rappresenta solo la grande industria, ossia il 5% del tessuto nazionale. Il restante 95%, che è il vero motore produttivo del Paese, delle piccole e medie imprese non è mai preso in considerazione in fase di concertazioni, quindi non può esprimere pareri e avere voce in capitolo nelle decisioni. E questo è un male per l’economia italiana, non solo per le aziende.
Negli ultimi tre anni di crisi globale, la situazione è logicamente peggiorata, vero?
I dati Istat più recenti sono spaventosi in questo senso. Si parla di un 63% delle aziende italiane prossime a fallire o a rischio fallimento. Sono dati catastrofici. Ci vuole una politica diversa, con norme italiane, fatte da italiani. Non direttive europee, imposte da una Unione Europea che risponde agli interessi di banche, potentati finanziari a grandi multinazionali.
Il Pda è nato in Veneto, non è un caso. Nel nord-est la crisi si sente di più?
Il Veneto è un caso emblematico. La crisi globale non è stata creata dalle PMI, ma da bolle speculative che arrivano da Paesi esteri. I giochi della finanza di carta hanno massacratro l’economia e la produzione reale. Il Pda nasce nel nord-est ma non certo perchè si vuole fermare: è espressione di un sogno, il mito della Pmi che lavora. Rappresenta il tessuto produttivo, e che ora sta soffrendo più degli altri.
Una realtà come quella del Veneto, dove non esiste lotta di classe, i dipendenti diventano imprenditori e il rapporto imprenditore-dipendente è pressoché familiare, non può che essere la prima vittima della crisi…
Il lavoro dell’artigiano nasce dall’esperienza, ciò che il padre ha imparato lo trasferisce al figlio. Così le aziende puntano sui dipendenti. I nostri dipendenti non sono una realtà staccata dall’azienda, se vivono bene loro siamo contenti pure noi imprenditori. E se l’azienda muore, muore anche il dipendente. Per questo 500.000 lavoratori che restano senza lavoro nelle Pmi, che non hanno ammortizzatori sociali, soffrono più di 500.000 lavoratori in cassa integrazione nelle grandi imprese. Oggi si punta a salvare qualche centinaia di operai della Fiat, ma nessuno parla delle 6.000 aziende che in Italia hanno chiuso negli ultimi anni.
Lei è imprenditore, o lo è stato?
Sono stato agente di commercio nel settore edile, ora ho un’azienda di fotovoltaico che però sta subendo la sofferenza della crisi.
Qual è il settore maggiormente in crisi?
Senz’altro l’edilizia. Se si ferma l’edilizia si ferma l’intero mercato, è il settore dal quale dipende tutto lo sviluppo. Per questo ci vuole una risposta politica e non associativa, ci vogliono leggi diverse da quelle attuali. Noi chiediamo solo di poter lavorare, e di poter tenere aperta la nostra azienda.
Ha parlato di banche e multinazionali. Ora il premier italiano è Mario Monti, naturale espressione di questi poteri forti. Immaginiamo che come Pda non potete esserne soddisfatti…
I risultati delle politiche di Mario Monti si vedono. L’accordo sui rapporti con le Pmi lo dimostra: si tutelano le grandi imprese, mentre le piccole e medie sono massacrate dalla manovra salva-Italia. E’ giusto che ci sia un governo tecnico che faccia le riforme necessarie per uscire dalla crisi, passando poi il testimone ai partiti, ma non un governo tecnico che serva solo a tutelare le banche, l’Agenzia delle entrate, Equitalia, e che aumenti la pressione fiscale. Lo Stato non deve essere oppressore, purtroppo Mario Monti rappresenta banche e multinazionali e fa i loro interessi.
Cosa ne pensa del Movimento dei Forconi?
Il Movimento dei Forconi è la risposta del popolo al disagio. Non è un partito, ma un movimento di lotta. Noi invece vogliamo cambiare le cose in modo democratico, all’interno del parlamento, con le leggi. Il Movimento dei Forconi rappresenta ciò che in questo momento sente il popolo, e a giugno la situazione potrebbe peggiorare perché si cominceranno a sentire gli effetti dei provvedimenti di questo governo. Ci ritroveremo in uno Stato con enormi problemi sociali.



fonte: Qelsi


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