Dal 1° Gennaio all'Ungheria, un vero regime, la presidenza di turno dell'UE


Il 1 gennaio l'Ungheria, per la prima volta nella sua storia, avra' la presidenza di turno dell'Unione Europea, di cui' e' membro dal 2004. Il guaio e' che ci sara' un nuovo “colpo di stato di Budapest”, con meno sangue ma sempre liberticida, un colpo di stato non fatto dai comunisti ma dai populisti conservatori del Fidesz. In sostanza, i Ventisette saranno presieduti da un Paese che non e' piu' una democrazia parlamentare classica, ma, ne' piu' ne' meno, una democrazia autoritaria se non gia' una dittatura morbida.

La legge sui media votata con 256 voti contro 87 nella notte tra lunedi' 20 e martedi' 21 dal Parlamento ungherese ha, in effetti, ricordato l'Ungheria di 27 anni fa, quando l'Urss occupo' il Paese. L'obiettivo di questa legge? Sottomettere l'insieme dei media (cartacei, audiovisivi e Internet) al controllo del primo ministro, Viktor Orban, e a quello del suo partito, al potere dallo scorso mese di maggio. Di conseguenza: la nuova Autorita' nazionale dei media e delle comunicazioni, i cui cinque membri compreso il presidente Anna Maria Szalai, nominata per nove anni, appartengono al partito Fidesz, potra' esigere che i media correggano informazioni giudicate senza “obiettivita' politica” e sanzionare con ammende severe (da 89.000 a 700.000 euro) gli articoli o le trasmissioni. Per andare in tribunale, occorrera' prima pubblicare la rettifica o pagare la multa, situazione che condannera' a morte la maggior parte della stampa cartacea, economicamente fragile. Non solo: questa Autorita' potra' esigere che i media le sottomettano i propri articoli e trasmissioni prima di pubblicarli o diffonderli, e avra' un diritto di perquisizione anche se nessun reato sia stato individuato e potra' esigere che i giornalisti rivelino le proprie fonti (sembra che questo obbligo sia limitato alle questioni legate alla “sicurezza nazionale”).
In sostanza, Viktor Orban annienta in modo puro e semplice uno dei valori fondamentali dell'Unione, quella liberta' di stampa senza la quale non c'e' democrazia. Dunja Mijatovic, il rappresentante dell'Ocse per la liberta' dei media, ha immediatamente denunciato questo attentato alla liberta' di stampa “senza precedenti nelle democrazie europee”. La Germania, al momento in solitudine, ha seguito l'esempio: “l'Unione Europea ha un nucleo di valori comuni dei quali fanno parte l'indipendenza e il pluralismo della stampa”, ha dichiarato Markus Loening, rappresentante per i diritti dell'uomo. A Bruxelles, le istituzioni comunitarie sono, al momento, speranzose e silenziose. Solo Guy Verhofstadt, presidente del gruppo liberaldemocratico al Parlamento europeo, e Daniel Cohn-Bendit, presidente del gruppo Verde, hanno reagito: “i tempi della Pravda sono finiti! Questa nuova legge e' inaccettabile”, ha detto Verhofstadt. Si tratta “di una messa sotto tutela della stampa intollerabile per un Paese membro dell'Ue. Questa nuova legge, chiaramente repressiva, e' una contraddizione totale rispetto al trattato europeo, la carta dei diritti fondamentali e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo”, ha detto Cohn-Bendit.
Viktor Orban non e' al suo primo tentativo. Legge dopo legge, approfittando della grande maggioranza che ha ottenuto che gli permette di riscrivere a volonta' la Costituzione, Orban imbavaglia tutto cio' che potrebbe fargli ombra, che sia l'opposizione, la giustizia o la stampa, violando allegramente tutti i principi su cui e' fondata l'Unione. Principi di cui l'Unione non e' carente: l'articolo 7 del trattato sull'Unione europea prevede che e' possibile, al termine di una procedura molto dettagliata, di avvertire uno Stato membro che “rischia” di violare gravemente i valori fondamentali dell'Unione e di “sospendere” i suoi diritti (di voto, presidenza dell'Unione, etc) se la violazione permane. Perche' non inaugurare questo articolo con Viktor Orban? Se l'Unione non reagisce, perdera' ogni legittimita' per dare lezioni di democrazia ai Paesi candidati a farne parte.

(articolo di Jean Quatremer, pubblicato sul quotidiano Liberation del 24/12/2010)

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