3° anno consecutivo di recessione: non accadeva dai tempi di guerra!


L’Italia è nuovamente vicino al crac. I dati di contabilità nazionale contenuti nell’aggiornamento del Def portano dritti verso un’altra impennata dello spread come quello del 2011. Ancora non accade perché i mercati galleggiano su una bolla di liquidità: al primo drenaggio i problemi verranno fuori. Tre anni fa il peggio fu evitato grazie anche all’intervento di Mario Draghi. Stavolta il paracadute sarà più piccolo e meno efficace: i mercati hanno sempre atteso il bazooka che il banchiere italiano aveva detto di aver pronto. Hanno visto solo una fionda. Prima o poi è immaginabile che andranno a controllare l’effettiva consistenza delle armi preparate da Draghi. Le sorprese potrebbero essere molto amare.

A leggere bene l’aggiornamento del documento di finanza pubblica preparato da Renzi e da Padoan c’è davvero da preoccuparsi. Intano la conferma che anche per il 2014 la dinamica del Pil sarà negativa. La crescita dello 0,8% immaginata un anno fa si è trasformata in un calo compreso fra 0,2 e 0,4%. Sono cifre che rivelano una realtà tragica: l’Italia è in recessione per il terzo anno consecutivo. Non accadeva da settant’anni. Per trovare qualcosa di analogo bisogna tornare indietro agli anni della guerra. D’altronde come poteva essere altrimenti? Aver seguito la strada dell’austerità espansiva si è dimostrato, com’era previsto, in un suicidio. Quando mai è stato possibile avere la crescita aumentando ogni anno le tasse?
Purtroppo le previsioni non sono certo rivolte verso il bel tempo. Per il 2015 è prevista una risalita del Pil dello 0,5%. La stima iniziale era dell’1,3%. Il problema non consiste solo nell’abbattimento delle prospettive. Il fatto grave è l’esiguità della variazione. Non è certo con percentuali da prefisso telefonico che l’Italia potrà tenersi fuori dai guai, senza contare il rischio che, come accaduto negli ultimi tre anni anche il 2015 vada in negativo. A questo si aggiunge il calo dell’inflazione che certo non aiuta i debitori. L’insieme di tanti elementi porta ad una sola conclusione: il rapporto fra deficit e Pil già arrivato al 130% continuerà a crescere, sia in termini assoluti (viaggiamo verso 2.200 miliardi) sia perché il Pil migliora. Prima o poi i mercati faranno le nostre medesime considerazioni e saremo di nuovo a danzare sul ciglio del crac.


Fonte: uneuropadiversa.it

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