Convivere? Peggio che uccidere! Parola di parroco
Convivere è peggio che uccidere: lo scrive il parroco di Cameri
Uccidere è meno grave che convivere. Parola di parroco. Succede anche questo in questa torrida estate novarese: l’ha scritto, nero su bianco, don Tarcisio Vicario sul fogliettino alle famiglie che ogni domenica distribuisce durante le messe. Secondo quanto scrive il don, infatti, l’omicidio è un «peccato occasionale» dal quale ci si può emendare «attraverso un pentimento sincero e il proposito vero e fermo di allontanarsi dal peccato». Diversa invece la condizione di chi «si pone al di fuori del sacramento contraendo il matrimonio civile e vive in una infedeltà continuativa». In questo ultimo caso, infatti, non si tratta di un peccato occasionale ma di un «peccato grave» e anche «mortale». La linea è questa: se convivi o se ti sposi civilmente vivi in uno stato di peccato grave e mortale. E quindi non puoi, ad esempio, «fungere da padrino e madrina» perché «non sei in grazia santificante» e «non puoi assumere l’onere e l’onore di insegnare al figlioccio la corretta via cristiana visto che tu, per primo, ti sei smarrito». E fin qui probabilmente nessuno avrebbe da eccepire: certo è che se vuoi fare il padrino o la madrina in una Comunione o in una Cresima devi essere nelle condizioni ammesse dalla Chiesa: visto che nessuno ti obbliga a farlo, devi rispettare quelle che sono le “regole cristiane”.
Diverso, invece, dice il parroco se uno commette un omicidio o inciampa in una «infedeltà per leggerezza o per abitudine»: in questo caso non c’è alcuna incompatibilità con l’insegnare al figlioccio la corretta via cristiana, a patto che ci sia un pentimento.
Poche righe che hanno fatto sobbalzare dalla sedia, anzi dai banchi, tanti fedeli. Da parte sua ildon tarcisio vicario cameri parroco precisa che «l’esempio dell’omicidio va inteso nel senso di un peccato isolato e non continuativo e ripetuto come nel caso di una convivenza: è in questa ottica che va inteso tutto il discorso». Nessun dietrofront ma solo un piccolo “mea culpa” quando ammette che «forse era meglio fare un altro esempio». Bocche cucite intanto in diocesi: il vescovo non ha voluto intervenire perchè questa vicenda, fanno sapere dalla diocesi, attiene al rapporto e al “lavoro” che un parroco ha con la parrocchia e i suoi fedeli. Come dire, onori e oneri.
Fonte: ilvenerdiditribuna.it
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Uccidere è meno grave che convivere. Parola di parroco. Succede anche questo in questa torrida estate novarese: l’ha scritto, nero su bianco, don Tarcisio Vicario sul fogliettino alle famiglie che ogni domenica distribuisce durante le messe. Secondo quanto scrive il don, infatti, l’omicidio è un «peccato occasionale» dal quale ci si può emendare «attraverso un pentimento sincero e il proposito vero e fermo di allontanarsi dal peccato». Diversa invece la condizione di chi «si pone al di fuori del sacramento contraendo il matrimonio civile e vive in una infedeltà continuativa». In questo ultimo caso, infatti, non si tratta di un peccato occasionale ma di un «peccato grave» e anche «mortale». La linea è questa: se convivi o se ti sposi civilmente vivi in uno stato di peccato grave e mortale. E quindi non puoi, ad esempio, «fungere da padrino e madrina» perché «non sei in grazia santificante» e «non puoi assumere l’onere e l’onore di insegnare al figlioccio la corretta via cristiana visto che tu, per primo, ti sei smarrito». E fin qui probabilmente nessuno avrebbe da eccepire: certo è che se vuoi fare il padrino o la madrina in una Comunione o in una Cresima devi essere nelle condizioni ammesse dalla Chiesa: visto che nessuno ti obbliga a farlo, devi rispettare quelle che sono le “regole cristiane”.
Diverso, invece, dice il parroco se uno commette un omicidio o inciampa in una «infedeltà per leggerezza o per abitudine»: in questo caso non c’è alcuna incompatibilità con l’insegnare al figlioccio la corretta via cristiana, a patto che ci sia un pentimento.
Poche righe che hanno fatto sobbalzare dalla sedia, anzi dai banchi, tanti fedeli. Da parte sua ildon tarcisio vicario cameri parroco precisa che «l’esempio dell’omicidio va inteso nel senso di un peccato isolato e non continuativo e ripetuto come nel caso di una convivenza: è in questa ottica che va inteso tutto il discorso». Nessun dietrofront ma solo un piccolo “mea culpa” quando ammette che «forse era meglio fare un altro esempio». Bocche cucite intanto in diocesi: il vescovo non ha voluto intervenire perchè questa vicenda, fanno sapere dalla diocesi, attiene al rapporto e al “lavoro” che un parroco ha con la parrocchia e i suoi fedeli. Come dire, onori e oneri.
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