Ormai siamo alla frutta.

Di Francesca Donato - progettoeurexit.it
Dopo le (legittime) proteste dei grillini alla Camera, le patetiche accuse di “squadrismo” e “fascismo” per aver esercitato con modalità “violente” l’opposizione alla conversione in legge del famigerato decreto Bankitalia; le ancor più patetiche e risibili etichettature dei seguaci del blog quali “potenziali stupratori” da parte del Presidente della Camera; le conseguenti richieste di dimissioni della stessa da parte dei Grillini; le manette sventolate dai leghisti sotto il naso del Ministro dell’Interno ed infine la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica, direi che la “stabilità” (parola mai tanto abusata nella storia come nell’ultimo triennio) comincia a lasciare desiderare.
Sarà per questo che Il Presidente Napolitano ha sentito l’impellente bisogno di correre a Strasburgo e rassicurare l’intero Parlamento europeo che, nonostante le apparenze, qui da noi va tutto bene, che la nostra appartenenza all’Unione Europea ed all’Eurozona non è in discussione e che semmai sarebbe il caso che lorsignori cambiassero rotta sulle politiche di austerity. Posso solo immaginare quanto peso possa essere stato dato a tale monito, proveniente da un signore di ottant’anni, inviso ormai alla maggioranza dei cittadini dello stesso Paese di cui è Presidente e privo di alcun potere contrattuale nel contesto europeo, vista la condizione di esasperata debolezza politica ed economica del governo da egli stesso voluto e blindato.
Napolitano è convinto che a Strasburgo funzioni come a Roma: lui ordina e qualche valletto esegue. Ma si sbaglia: in Europa il trono è già occupato da altri, anzi da un’altra, precisamente una cancelliera nota per avere una taglia abbondante di pantaloni. Lì comanda la signora, ed i suoi uomini sono infatti ben piazzati non solo nel governo del suo paese, ma anche in quello della UE.

Le decisioni sull’austerity dipendono solo dal governo della Merkel, la quale ha ribadito ad ogni occasione la necessità di procedere dritti su questa linea, senza ripensamento alcuno, sostenuta fra l’altro dai media opportunamente assoldati per avallare l’idea che l’austerità funziona, arrivando persino a portare all’Italia l’esempio della Spagna, che “è in ripresa perché ha fatto i sacrifici e ha tagliato la spesa”, tralasciando il dettaglio che in Spagna la disoccupazione è al 25% (da noi al 12%).
Strano che Napolitano non se ne sia accorto, e probabilmente gli è sfuggito anche il simpatico invito formulato dalla Bundesbank, in un documento ufficiale inviato ai governi europei (http://vocidallestero.blogspot.it/2014/01/rapporto-della-bundesbank-sullimposta.html ), perché risolvano gli eventuali problemi delle banche nazionali (tranne quelle tedesche però) tramite prelievi forzosi sui depositi dei cittadini, consigliando anche di presentare la cosa come finalizzata ad un’ “equa ridistribuzione della ricchezza”, per addolcire la pillola ai poveri fessi che dovranno subirla.
Trascurabile sarà pure, per il nostro Capo dello Stato, il fatto che la compagnia aerea tedesca Lufthansa abbia espresso forti critiche al possibile accordo fra Alitalia e l’araba Ethiad, perché a suo dire i finanziamenti che la compagnia di Abu Dhabi inietterebbero nella nostra configurerebbero inammissibili aiuti di Stato. Che lo Stato sia un altro, in fondo, che differenza fa, se serve a salvare una fastidiosa azienda pubblica di interesse nazionale italiana? Non va bene, punto e basta. È l’Europa che lo decide, cioè la Merkel.
Sì, perché è proprio questo il punto, ormai di macroscopica evidenza benché sottaciuto: L’Unione europea, come ente sovranazionale, in realtà è un paravento, una finzione: i centri del potere politico ed economico del continente stanno a Berlino ed a Francoforte.
Si badi bene, chi scrive non è affatto fra coloro che maledicono “i tedeschi” o “la Germania” come nazione, perché in Germania, come in ogni altro Paese, i cittadini non si identificano di certo con il loro governo. Il partito euroscettico tedesco ha sfiorato la soglia per entrare nel parlamento dopo pochi mesi dalla sua nascita e la linea della cancelliera è duramente contestata da larga parte dell’opinione pubblica, oltre che da insigni economisti tedeschi.
Ciò che fa rivoltare le budella, piuttosto, è il supino atteggiamento di accondiscendenza e asservimento dimostrato dal nostro governo e dal nostro Presidente della Repubblica nei confronti di tali prevaricazioni ed ingerenze, che sembrano appositamente ordite per smantellare programmaticamente la nostra economia.
Devono essere davvero forti e prevalenti gli interessi ed i poteri a cui i nostri governanti hanno subordinato le sorti del nostro Paese, utilizzando ogni mezzo possibile per portare avanti il piano di annientamento dell’industria italiana, della piccola e media impresa, delle libere professioni, dei diritti del lavoro dipendente. Fondamentale a tale scopo è l’uso massiccio della propaganda, impegnata quotidianamente attraverso televisioni e giornali ad inculcare nelle menti dei cittadini le false credenze sulle cause della crisi e l’irrazionale terrore verso una soluzione alternativa all’austerity, imposta contro ogni logica ed ogni evidenza. In particolare, si continua ad alimentare l’immane menzogna sugli effetti dell’uscita dall’euro, tramite la censura degli studi ed argomentazioni scientifiche che dimostrano come l’uscita sia l’unica via di salvezza prima del tracollo, o la derisione di coloro che tentano di diffondere un’informazione libera e analitica sulla questione, o ancora sguinzagliando opinionisti vari, più o meno titolati, in tutti i programmi tv per ripetere i soliti slogan triti e ritriti, già mille volte contestati e smontati dagli economisti schierati contro l’euro, nelle poche occasioni di vero confronto.
Così ci rifilano ancora minestre tipo “svaluteremmo del 40% e poi dovremmo pagare il debito in euro” oppure “la rata del mutuo andrebbe alle stelle”, “i nostri soldi non varrebbero più nulla”, eccetera.
Tale insistenza in quest’opera di disinformazione propagandistica, a mio avviso, tradisce il nervosismo del governo eurodipendente, dato dal crescente timore e sentore che la baracca non starà in piedi ancora a lungo. Nonostante i molti puntelli approntati alla traballante struttura dell’Eurozona, la stessa Angela Merkel, in una cena con i membri della Commissione Europea, ha svelato ai leader degli altri Paesi europei la propria convinzione che presto l’Eurozona “esploderà” (http://vocidallestero.blogspot.it/2013/12/angela-merkel-prima-o-poi-senza-la.html ) se i vari Capi di Stato europei non accetteranno il progetto avanzato dalla Merkel per affrontare la crisi del debito sovrano: la firma di contratti vincolanti tra ciascuna capitale e la CE per esercitare uno stretto controllo sulle riforme, in cambio, se del caso, di qualsiasi incentivo finanziario.
Tutti o quasi i leader nazionali hanno protestato, anche per mere ragioni di convenienza elettorale, opponendo obiezioni a tale linea dura ( Letta non si sa se c’era ma probabilmente no), mentre il Presidente della BCE, il “nostro” Draghi, sosteneva le posizioni della Merkel avvertendo minacciosamente i Capi europei del fatto che “perderanno la loro sovranità nazionale” – a causa di un possibile commissariamento – se non faranno le riforme come richiesto.
Siamo dunque sempre più vicini all’inesorabile e largamente previsto punto di rottura, quando il sistema del mercato non reggerà più ed il tracollo obbligherà i Paesi più colpiti a sganciarsi dal vincolo della moneta unica, con conseguente effetto domino sugli altri Paesi e rovina dell’intera Eurozona.
Nonostante questo epilogo sia preannunciato da anni da un folto gruppo di economisti delle nazionalità più diverse, fra i quali si trovano sei premi nobel, i leaders al soldo della Troika teleguidati dalla Merkel continuano ad ignorare il problema, autoconvincendosi – e tentando di convincere noi – che detto pericolo non è reale e che la crisi sia già passata, o al peggio passerà presto grazie alle osannate “riforme”.
Anche da noi, il premier in penombra Renzi continua a battere sul tasto delle favolose riforme, che secondo lui salveranno il nostro Paese, risolvendo problemi terribili come quello della brutta legge elettorale, del bicameralismo perfetto, del fatto che ci sono troppi lavoratori a tempo indeterminato e invece ci vorrebbero più precari, eccetera.
Nessun vago accenno a misure di stimolo concreto all’economia reale, che agiscano sul vuoto ormai vertiginoso della domanda interna, sulla deflazione, sulla paralisi del settore edile, sul calo del gettito fiscale dovuto ad aliquote tanto esose da causare il fallimento dei contribuenti.
D’altronde, si sa benissimo (lo sanno anche Renzi, Letta, Monti e amici, fidatevi) che qualsiasi intervento di segno espansivo, che cioè stimoli attraverso una forte iniezione di liquidità il sistema economico, prosciugato delle sue risorse, attraverso imponenti investimenti pubblici capaci di creare immediatamente occupazione ed alleggerire il carico fiscale, è un sogno finché rimaniamo ammanettati mani e piedi alla gestione della politica monetaria che fa capo alla BCE, la quale ha il compito opposto (utile soltanto alla Germania) cioè tenere bassa l’inflazione.
Senza possibilità di emettere moneta, né di sforare il tetto del deficit per fare investimenti, ci ritroviamo con le tasche totalmente vuote e ci viene pure proibito di chiedere un prestito per ripartire, perché prima “dobbiamo ridurre il debito”. Ma se ad un’impresa in crisi e senza liquidità neghi ogni strumento finanziario, obbligandola oltretutto a vendere gli impianti produttivi per fare un po’ di cassa che subito le viene tolta, come pensi che potrà mai ripagarti il debito? L’impresa fallirà, lo capirebbe anche un bambino, ma i nostri geni dell’economia pro-euro non capiscono, o meglio fingono di non capire, che lo stesso vale per un Paese.
E di fronte al fatto che ormai la maggior parte dei cittadini ha aperto gli occhi e ha capito dove andremo a finire continuando in questo modo, reagiscono incutendo paure irrazionali sugli sbocchi dell’unica strada alternativa e logicamente utile: l’uscita dall’Eurozona.
E così, su quotidiani come Corriere della Sera, La Stampa, Il sole 24ore, Repubblica e programmi tv come Ballarò, Otto e mezzo, Piazza Pulita e simili, compaiono regolarmente pseudo-economisti (in realtà giornalisti, politologi o consulenti di banche in evidente conflitto di interessi) che sciorinano con le sopracciglia aggrottate dati palesemente falsi e principi economici inesistenti a sostegno della teoria “se usciamo dall’euro sarà una catastrofe”.
Bene, non starò qui oggi ad elencare nuovamente la lista delle menzogne ed i dati reali sulla questione, ma vi rimando alla pagina di storify.com del prof. Claudio Borghi: http://storify.com/borghi_claudio , che quotidianamente su Twitter si confronta con suddetti soggetti, sbugiardandoli puntualmente e facendo emergere le contraddizioni insanabili insite nei loro argomenti. Qui troverete il resoconto delle conversazioni, condite dall’umorismo impagabile del nostro più efficace e più amato divulgatore.
Se invece avete la pazienza di leggere qualche testo di approfondimento, troverete molte risposte nei documenti in pdf disponibili su questo sito.
L’importante è capire a chi si può credere, e dove informarsi seriamente, e visti i riscontri alle notizie diffuse sui mass media, la risposta non dovrebbe essere difficile.
Francesca Donato - progettoeurexit.it




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