Bosnia, disoccupazione al 44% e povertà dilagante: scoppia la rivolta

Di Gabriella Tesoro - Ibtimes
 
Tutto è iniziato a Tuzla, centro industriale della Bosnia settentrionale, nota per la produzione di sale. È qui che quattro aziende, che rappresentavano la principale fonte di reddito per la popolazione, hanno chiuso i battenti, dichiarando la bancarotta, dopo essere state privatizzate, lasciando i propri dipendenti senza lavoro.
Circa tremila persone sono scese ieri in piazza per chiedere il pagamento dei loro contributi pensionistici e previdenziali, ma la protesta è presto degenerata: i manifestanti hanno cominciato a lanciare sassi e uova contro l'edificio del governo locale e la polizia antisommossa ha caricato i dimostranti. Il bilancio è stato di 100 feriti, molti dei quali agenti delle forze dell'ordine.
La protesta si è subito estesa in tutta la Bosnia-Erzegovina, facendo diventare la rivolta di una città, una protesta nazionale che vede coinvolte indistintamente le tre etnie che compongono il Paese: bosgnacchi, croati e persino i serbi della Repubblica Srpska, una delle due entità di cui è composta la Bosnia-Erzegovina. Si tratta della prima protesta unitaria dalla fine della guerra, avvenuta nel 1995. In particolare, gli scontri più violenti sono avvenuti a Sarajevo, dove i manifestanti hanno assalito diversi edifici pubblici, tra cui il palazzo presidenziale.
Dall'essere una rivolta di lavoratori, la manifestazione ha assunto una forte connotazione anti-governativa e ora i dimostranti protestano contro la difficile situazione economica che regna nel Paese, contro la disoccupazione alle stelle e contro la forte corruzione dei politici.
E infatti la Bosnia-Erzegovina, nonostante siano trascorsi ormai quasi venti anni dalla fine della guerra civile, non si è mai ripresa del tutto dal terribile conflitto fratricida. Il tasso di disoccupazione, secondo le fonti ufficiali, è pari al 28 per cento, il più alto tra i Paesi balcanici, e nei giovani tra i 15 e i 24 anni arriva al livello record di oltre il 60 per cento. Tuttavia, la disoccupazione reale ammonterebbe a oltre il 44 per cento, una cifra da far impallidire la Grecia o la Spagna.
La povertà è dilagante, laddove un quinto della popolazione vive in stato di indigenza. Infine, uno stipendio medio mensile ammonta ad appena 420 euro. A questa situazione, per certi versi drammatica, si aggiungono le scelte infelici di una classe dirigente che ha avviato un piano di privatizzazioni che ha portato al fallimento di molte imprese, fattore che ha letteralmente fatto scomparire la classe media. Inoltre, gli stessi politici, invece di concentrarsi sul sistema economico al tracollo, distolgono l'attenzione concentrandosi sull'odio etnico e fomentando le divisioni tra la popolazione.
"È stato il governo a svendere le aziende statali, lasciando le persone senza pensione, senza sistema previdenziale - ha affermato una giovane disoccupata - Le famiglie non hanno nulla da mangiare, mentre i nostri politici siedono nelle istituzioni e rubano".
Il primo ministro della Federazione croato-musulmana, l'altra entità che compone la Bosnia-Erzegovina, cerca di gettare acqua sul fuoco e dà la colpa ai facinorosi: "Mettiamo da una parte i lavoratori, lasciati senza i loro diritti di base come le pensioni e i benefici legati alla sanità; e dall'altra parte mettiamo i teppisti che usano questa situazione per creare caos".
Intanto, si inizia a parlare di "primavera bosniaca", di un risveglio di una popolazione che per troppo tempo è stata divisa e che ora sembra dimostrare unità e un obiettivo comune. Tuttavia, è ancora presto per dire se è davvero cominciato un nuovo corso in Bosnia-Erzegovina, oppure se la protesta si rivelerà solo fumo negli occhi. 



 

Fonte: it.ibtimes.com

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