Verità sulla morte di Giuseppe Uva: i riflettori restino accesi

giuseppe uvaDi R.C.

Cinque anni fa suo fratello, Giuseppe Uva, moriva a soli 43 anni, dopo essere stato fermato e trattenuto nella caserma dei carabinieri di Varese.
E’ bene che i riflettori tornino ad accendersi su quanto accadde quella notte maledetta.
La sorella Lucia riuscì a vederlo solamente all’obitorio, con un pannolone macchiato da 78 macchie di sangue. Lucia Uva per aver in tutti i modi di conoscere la verità è indagata dalla procura di Varese per diffamazione e istigazione a disobbedire alle leggi, a causa di una sua intervista rilasciata alla trasmissione televisiva Le Iene e ad alcuni insulti rivolti alle forze dell’ordine pubblicati sulla sua pagina Facebook.
Nel corso del servizio andato in onda nel 2011 la donna ha accusato i carabinieri di aver percosso il fratello in caserma, dove aveva trascorso parte della notte.
Lucia si domanda perché a testimone di quanto accaduto non venga sentito dagli inquirenti Alberto Biggiogero, fermato insieme a Giuseppe e condotto dai carabinieri in caserma. Biggiogero giura di aver sentito urla atroci provenire dalla stanza accanto a quella nella quale lo avevano rinchiuso, quelle urla erano di Giuseppe.
Dopo venne chiamato il 118: troppo tardi.
 I parenti hanno sempre sostenuto che Giuseppe, fermato ubriaco per strada, è morto anche a causa di violenze subite da parte delle forze dell’ordine.

 “Ho ricevuto  l’avviso di garanzia – ha spiegato Lucia Uva – sono indagata solo perché ho detto la verità ma supereremo anche questo”.
 “Continuo a portare avanti la mia battaglia – ha sottolineato – e a chiedere che venga riaperto il caso per fare chiarezza su quanto successo quella notte”.
Il processo che si è aperto dopo la morte dell’uomo si è chiuso con l’assoluzione di uno dei medici dell’ospedale di Varese, accusato di aver somministrato al paziente farmaci incompatibili con il suo stato di ubriachezza, dosi eccessive di ansiolitici e calmanti.
Un altro medico è stato prosciolto ancor prima di andare a dibattimento.
Anche il processo celebrato è stato anomalo tanto da indurre i giudice monocratico a scrivere ““L’esame del pubblico ministero è stato nel complesso condotto con toni e modalità tali da indurre i periti in stato di soggezione, con ripetuti interventi del tribunale a ricondurlo nell’alveo delle regole proprie della normale dialettica processuale, a fronte  della lamentazione avanzata dagli stessi periti di venire sostanzialmente derisi”. Si raggiungono livelli tragicomici durante le udienze con parti civili ad esempio espulse dall’aula per motivi di ordine pubblico, o con un perito che denuncia “il pubblico ministero mi ha soffiato in faccia”. 
A breve tutto sarà prescritto, mentre Lucia non chiede la luna, solo saepre cosa esattamente è successo a suo fratello e  anche capire perché 6 poliziotti e 2 carabinieri al telefono tra loro ridevano di suo fratello.


Fonte: http://www.articolotre.com/2013/04/verita-sulla-morte-di-giuseppe-uva-i-riflettori-restino-accesi/163772

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