Un calcio nel sedere ai bankster


biglietto-consorziale.JPGDi Claudio Marconi
“Ci rivolgiamo alla categoria, non certo oggi maggioritaria ma ancora esistente, degli italiani seri, ossia di quelli che son riusciti, dopo sessant'anni di diluviale scemenza obbligatoria, a non farsi castrare per usi zootecnici dalle sirene a tassametro del Sistema. Includo in essi sia coloro che hanno scelto una qualsiasi forma attiva di lotta, sia coloro che, pur non avendo il coraggio e la fiducia necessari per valicare emarginazioni e delusioni, non hanno mai, nel loro intimo, abbandonato il rifiuto ed il disprezzo per i cascami del tradimento e della sconfitta popolare a favore delle oligarchie finanziarie istallatisi sulle dorate poltrone di questo sistema che di “ democratico” non ha più nulla.” 
Ne avevamo già scritto qualche tempo fa, ma riteniamo di tornare ad affrontare il problema in quanto un qualche cosa si dovrà pur iniziare a “ produrre”, almeno a livello di idee, per cercare di contrastare il potere illimitato che oggi hanno i creatori di moneta.
Una delle migliori giustificazioni alla mancata realizzazione delle opere pubbliche è che      “ non ci sono i soldi”, perchè i comuni, sopra i 5.000 abitanti, sono tenuti al rispetto del Patto di Stabilità, che non si può più ricorrere ai mutui oltre un certo limite, limite che è già stato abbondantemente superato da quasi tutti, se non proprio tutti, gli Enti locali.
La voce che incide maggiormente sui bilanci degli Enti Locali, ma anche dello Stato, è la quota interessi, interessi dovuti alle banche che, una volta trattenuto il guadagno, versano, il restante, nelle casse dei creatori di moneta.
Ma le opere pubbliche sono necessarie per due ordini di motivi: il primo, perché necessitano ai cittadini, il secondo, perché creano lavoro, e di questi tempi  il lavoro non è mai troppo.

In questo periodo di crisi, caratterizzato da esplosioni di bolle speculative, di restrizione del credito e di chiusura di un numero spropositato di imprese con conseguente accrescimento del numero di disoccupati, la capacità di investimento sia di privati che di pubbliche amministrazioni si è ridotta notevolmente. Questo fenomeno, aggravato dai continui drenaggi di materia monetaria che le banche centrali causano, spacciando l’aumento dei prezzi per inflazione (che in realtà significa eccesso di moneta in circolo), per entrare in possesso dei mezzi di produzione, cioè dei beni delle imprese in fallimento.
Il problema alla base di questa dinamica è il fatto che lo Stato non è proprietario della propria moneta: essa gli viene addebitata dalla Banca Centrale Europea, la quale pretende un interesse annuo(Tasso Ufficiale di Sconto). Questo sta a significare che tutta la quantità monetaria in circolazione è data sotto forma di debito, sulla quale pagheremo un interesse in tasse. Anche sul denaro per gli investimenti dunque grava debito.
Questo potrebbe essere prevenuto se lo Stato battesse moneta propria per finanziare i propri investimenti: questo modus operandi è stato utilizzato in diversi Stati europei durante la crisi del '29, tra i quali figura l'Italia: un esempio per tutti sono la realizzazione delle opere architettoniche del Piacentini, per le quali non è stato contratto alcun debito, ne aumentata la pressione fiscale.
Un'amministrazione locale, o statale, dunque non dovrebbe ricorrere al debito in questo periodo di crisi, per ottenere il denaro utile a compiere i necessari investimenti.
Non è possibile investire indebitandosi ulteriormente ne alzando ulteriormente le tasse.
Per questo va scartata a prescindere l'ipotesi di richiedere un prestito alle banche, soprattutto da parte delle amministrazioni locali, come nei precedenti investimenti, nè ricorrere all'emissione di cambiali comunali o BOC (Buoni Ordinari Comunali), come hanno fatto diversi comuni italiani.
Esiste tuttavia un altro sistema, già usato in passato , per investire senza indebitarsi, nè alzare la pressione fiscale (già abnorme): dal momento che attualmente lo Stato non batte moneta in proprio, ma lascia questo potere alle Banche Centrali, che, così facendo, ci indebitano per tutta la massa monetaria in circolazione si dovrebbe usare a livello locale il biglietto consorziale per il Project Financing.
Le amministrazioni locali possono realizzare opere pubbliche costituendo consorzi, che a loro volta debbono avere la capacità di emettere una forma di “moneta locale” - biglietto consorziale -, il cui controvalore è rappresentato dal valore delle opere realizzate dal consorzio o dagli immobili di proprietà dell’amministrazione stessa. Infatti, non è tanto la quantità di moneta in se che va limitata, ma il rapporto tra circolazione monetaria e beni esistenti e producendi . In questa maniera è possibile fare fronte a nuovi investimenti senza pagare interessi e si darebbe il giusto valore al buono, che poi dovrebbe essere quello della moneta, che è quello dato dal valore della produzione creata con questo tipo di finanziamento.
Il biglietto consorziale diventa dunque, un mezzo per finanziare il costo delle opere, un metro di misura della quantità di lavoro prestata: un modo di monetizzare almeno il circuito produttivo locale, e non solo.
Con il buono consorziale le imprese possono pagare i loro fornitori e questi i loro, e così via: si creerebbe un circuito alternativo che produce ricchezza reale ancora prima di realizzarla e, cosa di non poco conto, senza pagare interessi.
I buoni, come abbiamo detto, sono garantiti dall’Ente emittente, con le opere che si andranno a produrre oppure con quelle già di proprietà dell’emittente stesso.
In questa maniera si “troverebbero “ i soldi per finanziare le opere pubbliche senza aumentare in maniera esponenziale i già disastrati bilanci degli Enti Locali.
Proviamo a lanciare questa proposta a tutti gli amministratori, di qualsiasi parte politica, e “ sondiamo “ la loro vera volontà di fare, finalmente, quelle opere di cui la cittadinanza ha bisogno.
Iniziamo a stanarli e diamo loro la possibilità, dopo anni di chiacchiere, di iniziare ad agire per il bene comune, quello di cui si riempiono la bocca ad ogni piè sospinto, e verifichiamo la loro buona fede. In caso contrario sono i soliti venditori di fumo, buoni, al massimo, per gli allocchi, ma non per l’interesse della comunità.
Proviamo a “sondare “ la reale buona fede degli amministratori, e, così  facendo, avremo modo di sapere realmente chi è che lavora per il bene del popolo e chi è “ cameriere delle banche”.
Creiamo, in tutte le città e paesi, dei comitati ad hoc che intendano farsi promotori di questa proposta: intanto iniziamo a verificare dove ciò è possibile, dandocene notizia che pubblicheremo sul blog con il solo scopo di fare punto di riferimento per le eventuali informazioni dei vari comitati che si andranno a costituire.
E’ giunto il momento di fare un censimento: chi sta con i banchieri e chi sta contro i banchieri


Fonte: frontediliberazionedaibanchieri.it

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