Le banche devono allo Stato 5 miliardi di euro


Gli istituti hanno inserito nei bilanci somme che il fisco pretenderà per le imposte non versate. L'agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza sono già in azione, con verifiche partite per Intesa, Mps e alcune Popolari. Per Unicredit, che ha già staccato un assegno milionario, resta aperto il caso Brontos

di Camilla Conti


Lo Stato ha dichiarato guerra ai furbetti del fisco. Obiettivo: riportare un po’ di milioni nelle casse pubbliche dissanguate da quasi due miliardi di debito. Mentre gli sherpa del Tesoro trattano con la Svizzera per aprire i forzieri elvetici dove sono ancora custoditi i capitali degli evasori nostrani, l’Agenzia delle Entrate farà partire a gennaio il nuovo redditometro per scandagliare le nostre dichiarazioni dei redditi. Ma tra i soldi che “pendono” e che potrebbero tornare presto a casa ci sono anche quelli delle banche quotate in Borsa. Quasi 5 miliardi che sono ancora oggetto di contenzioso, ovvero di partite aperte, negli ultimi anni. E il conto in sospeso con l’Erario è destinato a salire guardando le ultime relazioni trimestrali, anche se non tutti gli istituti hanno aggiornato le informazioni.

Lo ha fatto Intesa Sanpaolo che a settembre ha ricevuto una visita degli uomini di Befera per una verifica sulle controllate Group Services, per l’anno 2009, e Banca Imi per operazioni di finanza strutturata e contratti di finanziamento stipulati all’estero dal 2008 al 2010. A un’altra società del gruppo, la Leasint, sono poi state contestate fatturazioni per operazioni inesistenti. Nessuno sviluppo, invece, per le indagini penali della Procura di Biella che ha messo nel mirino alcune operazioni di pronti contro termine su titoli obbligazionari esteri fatte nel 2006 e nel 2007 dall’allora controllata Biverbanca. Secondo gli accertamenti della Gdf, il gruppo avrebbe abbassato l’importo dell’Ires dovuta, grazie a crediti fiscali maturati all’estero.
Contenziosi fiscali aperti anche per il Monte dei Paschi: il 23 ottobre è stato notificato a State Street Bank (ex MPS Finance Banca mobiliare, prima ceduta a Intesa e da questa a State Street) un processo verbale di constatazione relativo a operazioni di trading su azioni perfezionate a cavallo dello stacco dei dividendi nel 2007. Non solo. Il 31 maggio scorso alla banca senese è stato notificato un verbale relativo alla cessione di una partecipazione formalizzata nel 2006.La banca contesta che la vendita sarebbe avvenuta in realtà nel 2005, dunque “la plusvalenza realizzata non avrebbe goduto dell’esenzione fiscale”. Ma non dice quale sia la partecipazione che ha originato la plusvalenza contestata. Di certo, in quel periodo si erano registrate tre operazioni: la vendita del 4,4% di Bnl a Deutsche Bank , la cessione della quota Parmalat e quella dei titoli Fiat provenienti dal «convertendo ». In alcuni casi i conti rimasti aperti col Fisco e le contestazioni vengono ereditate dalle aziende aggregate o finite negli anni sotto il controllo dell’istituto.
Ne sa qualcosa il Banco Popolare che ha dovuto sistemare anche i guai della ex Popolare di Lodi e di Italease. Al 30 settembre, le passività potenziali che interessano l’istituto veronese e le controllate ammontano a 391 milioni. Anche nella galassia Ubi fioccano verifiche, alcune ancora in corso, cui si aggiungono numerosi processi verbali di constatazione e avvisi di accertamento come quello arrivato a Ubi Banca per 13,2 milioni di presunte omesse ritenute. Per la Banca Popolare dell’Emilia Romagna i problemi arrivano, invece, dalla controllata irlandese Emro Finance: l’anno scorso la Guardia di Finanza ha chiuso una verifica sui periodi d’imposta 2005-2009. Il 12 marzo è scattato l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate di Modena per il 2005 e il 2006, in cui si contesta l’esterovestizione della società. Si tratta di 11,2 milioni di tasse. Valore che però scende a 3,2 milioni se si considerano tutti gli anni interessati dalla verifica della Finanza e quanto già versato come imposte in Irlanda nello stesso periodo.
C’è poi chi ha chiuso i conti col fisco, ma non con i tribunali. Unicredit ha staccato a Befera un assegno da 264 milioni per l’operazione Brontos, nome con cui la controparte Barclays aveva battezzato la frode fiscale da 245 milioni per la quale è stato indagato e rinviato a giudizio l’ex amministratore delegato, Alessandro Profumo, ora presidente di Mps. Venerdì il giudice milanese, Maria Antonietta Monfredi, ha deciso il trasferimento del processo a Bologna accogliendo i rilievi della difesa sull’incompetenza territoriale del tribunale lombardo. Il caso torna così alla fase delle indagini preliminari e la palla passa ai magistrati emiliani che valuteranno se procedere con una nuova richiesta di rinvio a giudizio.


Fonte: Il Fatto Quotidiano

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