Antonio Pappalardo: "E’ Giunta l’ora che Qualcuno ai Vertici dell’Arma,se ne vada a casa"

L'ex Generale Antonio Pappalardo

Un carabiniere buono - di Antonio Pappalardo

Era un Carabiniere buono. Come ancora se ne trovano, soprattutto nelle stazioni più sperdute, in cui ci si vota totalmente alla gente. Ne ho incontrati parecchi. Uno in particolare mi colpì: stava nevicando e lui era lì a fare il suo servizio. Con un vento gelido che tagliava il viso. Ed anche se aveva un po’ di febbre, non se la sentiva di stare a casa. Mi disse: “Oggi ci sono tanti che potrebbero avere bisogno di me. Ed io non posso permettermi di cadere malato”.

Ma anche gli ufficiali sono buoni?
Se lo chiedi al personale, molti storcono il naso e voltano la testa dall’altra parte.

Hanno ragione i tanti carabinieri a non avere una grande considerazione dei propri ufficiali, per la maggior parte presi da una sfrenata ambizione di carriera?
Non lo so! Certo, i tanti sucidi, le sparatorie in caserme, i troppi casi di carabinieri che sempre più vengono colti con le mani nella marmellata, le carenze nel settore operativo, ti fanno riflettere.
Nell’Arma, soprattutto negli ultimi tempi, c’è qualcosa che non va. Un tempo c’era un ufficio studi che aveva il compito di valutare contesti operativi futuri ed efficaci strategie di contrasto.
Oggi tutto è stato appiattito e rincorriamo la Polizia di Stato che spesso ci precede come nel caso del poliziotto di prossimità e di quartiere. Invenzioni inutili, perché i Carabinieri sono sempre stati sul territorio. Loro, i nostri cugini si ossono inventare formule per incantare la gente. Noi no!
Ma un tempo i servizi sulle strade, pattuglie, pattuglioni e perlustrazioni, venivano svolti con molta  attenzione e grande prudenza. Mai i carabinieri venivano mandati fuori in meno di due.
Su questo fatto si era costruita pure una barzelletta: “I Carabinieri sono sempre in due, perché uno sa leggere e l’altro sa scrivere!”.
Ed invece era una misura prudenziale che ha sempre dato la possibilità ai nostri militi di guardarsi dal pericolo, perché come dicevano i nostri padri “quattro occhi vedono meglio di due”.
Ma al Ministero dell’Interno si inventano il poliziotto di quartiere e, siccome i dirigenti di polizia non lo hanno mai avuto, permettono il servizio individuale, a piedi, anche in zone ad alto rischio.
E al Comando Generale copiano, dimenticando le circolari e i regolamenti antichi che hanno dato efficienza all’Arma ed efficacia agli interventi operativi.
E’ vero: nei quartieri dove gira la gente che, come si dice a Milano, ha gli “sghei”, di carabinieri e poliziotti ne vedi a iosa, talvolta a tre, a quattro, a cinque. Non si sa mai. Da quelle parti passa qualche politico ed allora è opportuno che ci facciamo vedere e quando arriva la televisione con qualche beota che rilascia delle dichiarazioni, ci schiaffiamo dietro gli uomini in uniforme per fare spettacolo.
Ma nelle periferie, dove nessuno ci vede, allora può bastare un solo carabiniere, a piedi, padre di famiglia, con oltre 45 anni, e con tanti anni di servizio e per sei ore continuative.
Lo hanno trovato dei passanti, a terra ammazzato come un cane, che ancora rantolava. La gente del quartiere ha detto che era un uomo buono. E qui sembra finire la sua storia.
In verità la Rappresentanza militare dei Carabinieri, ai vari livelli, è sempre intervenuta: "Il servizio di carabiniere di quartiere sia assicurato da almeno due militari", per garantire la massima tutela. Così ha deliberato, fin dal 2009 il Consiglio di base di rappresentanza del Veneto, a cui seguì un analogo sollecito rivolto al Comandante Generale dell'Arma dal COCER. Ma nulla è accaduto. Povero COCER!
Il Capo della Polizia, su sollecitazione dei sindacati, ha fin dall'inizio garantito la sicurezza dei propri agenti disponendo che il servizio venisse svolto da due persone" proprio in considerazione del "continuo aumento dei reati predatori" e dei "gravissimi episodi di violenza e di aggressività anche contro le forze dell'ordine ".
La delibera dei Carabinieri del Veneto si concludeva con la richiesta di una "rivisitazione delle disposizioni che 
regolano il servizio di carabiniere di quartiere" in modo da prevedere che il servizio sia effettuato da "almeno due militari".
Il COCER, dal canto suo, non avendo ricevuto risposta dai vertici dell'Arma, riproponeva la questione chiedendo "per quale motivo il servizio di carabiniere di quartiere debba essere svolto da un solo militare, mentre la Polizia di Stato lo disimpegna con due unita".
I sindacati di polizia hanno denunciato che “i militari subiscono, nella quasi totale sottomissione, ogni scelta e decisione, anche quelle che sono palesemente dannose e sfavorevoli per loro stessi. Ma nel nostro caso, fortunatamente, non va così. A noi non mancano le parole e le iniziative, né  la facoltà o il coraggio di usarle adeguatamente, e non lasceremo che si distrugga la poca stabilità che ancora consente al Comparto di stare in piedi nell'assordante silenzio generale, in attesa che si facciano funerali di Stato a colleghi trucidati senza pietà per colpa di professori che come ragionieri senza anima badano solo a far quadrare i conti … infischiandosene se lo fanno sulla nostra pelle".
Ahimè, anche il COCER Carabinieri, al di là di sterili comunicati, rincorre i sindacati di polizia. Ai miei tempi erano i nostri cugini sindacalisti che rincorrevano il COCER Carabinieri. Ma la colpa non è del COCER, ma di qualcuno che vorrebbe comandare l’Arma da diverse poltrone.
Quando il Professore Marco Biagi fu ucciso dalle Brigate Rosse, saltò la testa di qualcuno, che non aveva concesso la scorta.
Adesso che è morto un Carabiniere, nessuno viene messo a riposo anticipatamente. Ma a casa sua i figli lo attenderanno invano.
E’ tempo che il Presidente della Repubblica metta il naso nel mondo dell’Arma, per rimettere ordine in una casa che va franando.


Roma,  4 novembre 2012

Antonio Pappalardo


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