Sprechi d'Italia, l'orrido catalogo



Il bagno di una prefettura costato 100 mila euro. Sessanta vigili del fuoco che custodiscono un aeroporto chiuso. Un archivio che paga 200 mila euro d'affitto ma potrebbe avere una sede gratis. Lo rivela la Ragioneria di Stato

di Matteo Valerio

A Genova, per la ristrutturazione del bagno della Prefettura (marmi pregiati, idromassaggio e sauna), lo Stato ha sborsato 100 mila euro. A Ragusa l'aeroporto di Comiso non apre, ma una squadra di 60 Vigili del fuoco viene distaccata in mezzo alle piste deserte. Pullula di pompieri anche il Trentino Alto Adige, dove le caserme sono 239, addirittura più numerose dei 217 piccoli e piccolissimi Comuni della regione.

Prefetture, caserme, carceri, capitanerie di porto, biblioteche pubbliche: contarne gli sprechi in tutta Italia è pressoché impossibile. Parliamo delle cosiddette "strutture periferiche dello Stato", il cui mantenimento, a oggi, assorbe circa il 93 per cento delle spese totali per il funzionamento dell'intero apparato statale.

Chiamata in campo dalla legge sulla spending review, la Ragioneria dello Stato si cimenta in una stima di massima, una sorta di studio dei fabbisogni standard di queste strutture. Ne risultano risparmi possibili per almeno 450 milioni. Naturalmente al netto di casi come quello di Genova o del Trentino. Una sottostima, insomma. Ma già abbastanza impressionante. 


Come potrebbe migliorare l'efficienza del sistema? Innanzitutto razionalizzando i cosiddetti centri di costo, calderoni all'interno dei quali ricadono le spese per la gestione delle strutture periferiche statali. E invece, prima sorpresa, il sistema di contabilità economica dello Stato ne ha censiti 137 nel 2008, registrando poi un'escalation che nel 2012 li ha portati a quota 251. Il solo ministero dell'Interno ne conta oggi 137.

Mantenere questo apparato costa ogni anno circa 80 miliardi, la metà dei quali si volatilizza con il pagamento degli stipendi al personale. Poi ci sono l'acquisto di beni e servizi, i debiti, i contenziosi e voci meno definite come quella denominata "altri costi": un capitolo che in alcuni casi (come nelle strutture del Tesoro e dello Sviluppo economico) arriva a pesare quasi per il 15 per cento del totale. 


Povera di strumenti per analizzare nel dettaglio gli sprechi grandi e piccoli, la Ragioneria compila una macroanalisi di 300 pagine nel tentativo di stanare le diseconomie più evidenti. Poi mette le mani avanti: «I sistemi attualmente gestiti dalla Ragioneria non consentono, tuttavia, di desumere informazioni complete sulle attività svolte dalle singole strutture, utili per effettuare valutazioni di merito in termini di impiego efficiente delle risorse ed eventuali margini di razionalizzazione della spesa».

Il rapporto, insomma, non entra nei particolari. E per forza di cose non considera, ad esempio, il caso dei 200 mila euro versati ogni anno dal ministero dei Beni culturali per la sede dell'Archivio di Stato a Como. La vicenda è stata al centro di aspre polemiche nella città, fomentate soprattutto da alcuni esponenti leghisti furiosi nei confronti della «gestione centralista di Roma». 

L'Archivio, hanno sostenuto, potrebbe essere ospitato a costo zero in alcuni stabili inutilizzati del ministero della Difesa, ma finora questa richiesta è stata accolta solo da una serie di "niet". 

E la presenza di dodici motoscafisti a disposizione del prefetto di Venezia? E' uno spreco, come denuncia il Siulp (il sindacato dei lavoratori della Polizia), oppure una reale esigenza del prefetto? Nei calcoli della Ragioneria elementi come questo non possono essere sommati. Così come non trovano spazio giudizi di valore sul numero delle caserme dei pompieri in Trentino e sul loro costo: a Capriana, in provincia di Trento, per la nuova caserma è stato speso circa un milione e mezzo di euro. Forse un po' troppo?

Partendo dunque dall'ipotesi che quello attuale è il migliore dei mondi possibili, i ragionieri dello Stato ricavano la stima dei risparmi con i classici metodi delle analisi di efficienza. Il capitolo più significativo è proprio quello dedicato ai Vigili del fuoco: pur continuando a garantire l'attuale livello dei servizi, dice la Ragioneria, si potrebbero spendere circa 300 milioni in meno ogni anno, il 17 per cento del miliardo e 756 milioni che la collettività impiega oggi per mantenere tutte le caserme. Dove si annidano le principali diseconomie? Il rapporto, al riguardo, è molto dettagliato. Qualche esempio aiuta a capire: perché la provincia di Belluno, tra le più piccole d'Italia, conta ben 37 sedi dei Vigili del fuoco? Solo Torino e Roma ne hanno di più. E perché, «a fronte di una dimensione demografica paragonabile», Roma presenta il doppio del personale (e dunque dei costi) rispetto a Milano?



fonte: "l'Espresso"


Commenti

Anonimo ha detto…
Dei 37 distaccamenti nella provincia di Belluno, solo 5 più la centrale sono costituiti da permanenti, il resto sono volontari, mentre in Trentino sono solo volontari.

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