La democrazia nell’oppio


karzai rassdi Giuletto Chiesa

Nei giorni scorsi ho ricevuto un’informazione molto interessante, direi perfino curiosa, se non fosse che è anche tragica. Pare – ma è sicuro – che Hamid Karzai, il presidente dell’Afghanistan, nelle ultime settimane abbia segretamente sottoposto i 34 governatori delle province afghane a una prova di scrittura e lettura, verificando che ben 14 tra essi sono analfabeti.
Non mi è stato detto chi fossero i 14 tapini, ma la curiosità è cresciuta. Perché mai Karzai ha improvvisamente sentito il bisogno di conoscere il livello d’istruzione dei suoi governatori? Che gli è successo (intendo dire, a Karzai)? 
A me è venuto il sospetto che lo abbia fatto per toglierne di mezzo alcuni. Segnatamente, magari, quelli che non desiderano che egli si ricandidi (non essendo Karzai ricandidabile, a termini di costituzione, per una terza volta). Non si sa mai. Metti caso che i governatori disposti ad appoggiare un cambio costituzionale siano in numero attualmente insufficiente: ecco che gli analfabeti, che forse non sono così tanti, o così pochi, potrebbero essere accompagnati alla porta e sostituiti. 
Insomma la prova di alfabetismo potrebbe essere nient’altro che un trucchetto per cambiare la costituzione afghana – del resto molto giovane – e restare al potere ancora qualche annetto. 
Niente stupore. Se fosse così potremmo solo dire che Karzai sta imitando le gesta di George W. Bush, quello che lo ha portato al potere. 


Anche Bush il giovane truccò le elezioni: sia quelle del 2000, sia quelle successive del 2004. Dunque, perché non imitarlo? 
Poi ho ricevuto un’altra informazione, anch’essa attendibile ma un tantino diversa. Ve la trasmetto. Karzai ha licenziato 10 governatori. Non so se fossero dieci analfabeti, ma pare che fossero “morosi”. Il che è peggio. “Morosi” nel senso che ciascuno di loro deve pagare, e ha pagato, circa 30.000 dollari al mese personalmente al presidente in carica. Fatti un po’ di conti vorrebbe dire che Karzai incassava e incassa 12 milioni 240 mila dollari l’anno di tangenti. Pare che uno dei governatori cacciati via in malo modo, quello della provincia di Helmand, avesse lasciato ridurre la produzione di oppio nel suo territorio addirittura del 40%. E come paghi il boss se non vendi droga? 
Così mi sono fermato a riflettere sul significato della presenza dei militari italiani in Afghanistan in questi anni. Eravamo là per fare che cosa? Per rendere molto bene imbottito il conto americano di Karzai. 
Qui finisce un ragionamento e ne comincia un altro. Mi ricordo di Emma Bonino, che fu mandata dal Parlamento europeo a certificare la validità delle elezioni afghane in un lontano momento del 2005. Tornò tutta contenta e spiegò al colto e all’inclita che quelle elezioni erano un trionfo democratico. Tutto era andato benissimo, non c’erano stati brogli, le schede elettorali erano chiarissime e tutti erano andati disciplinatamente a votare pur essendo nella stragrande maggioranza analfabeti (ma questo la Emma nazionale non lo disse). 
parlamentari europei, per metà distratti, per l’altra metà del tutto incapaci di valutare e per l’altra metà ancora assolutamente convinti della giustezza della linea americana che quelle elezioni aveva voluto, applaudirono. 
Lo so che non ci possono essere tre metà di una unità, ma in quel parlamento europeo dominato dalla destra e da un discreto livello di stupidità maggioritaria vi garantisco che potevano esserci anche cinque metà di una unità. 
Era l’epoca trionfale della guerra al terrore. Osama bin Laden era morto soltanto tre volte e, dunque, gliene restavano ancora sei, giusto fino al maggio del 2011, e dunque bisognava tenere duro sul tema dell’esportazione della democrazia. La signora Emma Bonino era stata mandata a celebrare l’esportazione democratica in Afghanistan e, dunque, la questione era chiusa prima ancora di venire aperta.

E qui viene il terzo ragionamento. Ma che diavolo significa questa democrazia? Non ho ancora trovato nessuno che sia in grado di spiegarmi come si può considerare democrazia una situazione in cui la maggioranza della popolazione, che non ha mai messo una scheda in un’urna, viene spinta a fare gesti di cui non può nemmeno comprendere il significato. Per la semplice ragione che non sa leggere quella scheda.
KABUL, ITALIA
Poi mi sovviene che mi trovo in un paese molto civile e moderno, nel quale milioni di persone, che pure sanno leggere le schede, non vanno a votare dopo avere visto i nomi su quelle schede e averli sentiti parlare in televisione. E altri milioni vanno a votare senza conoscere i loro programmi, pur potendo leggerli, in quanto non è in base a quei programmi che votano i candidati, ma per i favori che sperano di ottenere da quei candidati. E tutti quei pochi che vanno a votare non possono decidere niente comunque perché quei nomi altri li hanno fatti stampare sulle schede senza nemmeno consultarli, e dunque debbono prendere per buono quello che passa il convento.
Allora mi viene in mente quello che scriveva Michael Ledeen, uno dei neocon cruciali che organizzarono la guerra contro l’Afghanistan e contro l’Iraq, in un suo libro intitolato “La guerra contro i mostri del terrore”
Scriveva che l’America ha come obiettivo quello di “disfare” (“undo”) le società tradizionali. E aggiungeva che «loro hanno paura di noi perché non vogliono essere cancellati». Per cui «ci attaccano perché vogliono sopravvivere, così come noi dobbiamo distruggerli per andare avanti nella nostra missione storica». 
Subito ho pensato che si riferisse agli afghani, o agli iracheni. Ma poi ho avuto un’illuminazione: si riferiva a noi. L’unica differenza sta nel fatto che loro reagiscono per non essere cancellati, mentre noi ci lasciamo docilmente cancellare.


fonte: megachip.info - tratto da nuovaresistenza.org



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