Essere esodati senza soldi


Essere esodati senza soldiUn uomo scopre che dopo 40 anni di contributi dovrà aspettare 14 mesi prima di poter ricevere la propria pensione a causa di un arzigogolo dedicato a tutti gli esodati voluto nella riforma Fornero, la quale imporrà loro di adeguarsi alle norme della Tremonti-Sacconi che prevedevano una finestra di accesso al trattamento Inps

  Esodato, salvaguardato e beffato. Con l’aiuto de L’Espresso, raccontiamo la storia di Stefano Paoloni, già dipendente della Eridania – Sadam, appartenente alla schiera dei 65 mila “fortunatissimi” inclusi nella categoria dei “salvaguardati”. 


VIVA I SALVAGUARDATI - Per “salvaguardati” s’intendono tutti quei lavoratori che non verranno direttamente interessati dalla riforma del lavoro targata Elsa Fornero. Questi dovrebbero quindi ricevere la propria pensione secondo la vecchia legge. Gli esodati invece sono i lavoratori i quali hanno superato i 50 anni di età ed hanno lasciato il loro lavoro per trovarsi in un limbo a causa dell’innalzamento dell’età pensionabile. Gli esodati sono coloro che hanno perso il lavoro dopo una ristrutturazione aziendale, un accordo sindacale o un accordo economico con il datore di lavoro, finalizzato al raggiungimento in tempi ragionevoli alla pensione, la cui attesa è andata allungandosi a causa della riforma dei “lacrimoni”.

BRUTTE SORPRESE - Poi ci sono i salvaguardati, termine usato per indicare gli esodati coinvolti in una situazione “critica”. Ovvero la schiera di cui fa parte Stefano Paoloni, il quale ha ricevuto la lettera dell’Inps a seguito della sua messa in mobilità il primo ottobre 2010. I termini di questa vennero definiti a seguito di un accordo tra sindacato, Ministero del Lavoro ed azienda. Insomma, tutto secondo la legge. Terminati i tre anni di mobilità ecco arrivare la pensione con 40 anni di contributi. La brutta sorpresa è arrivata al momento dell’incontro con lo sportello amico dell’Inps
ATTESA INFINITA - Il pensionato in questione ha provato a chiedere cosa succederà una volta chiusa la mobilità, cosa che avverrà il primo ottobre 2013. Come detto costoro non beneficeranno della riforma Fornero, ma di quella Sacconi, avvenuta dopo la sua uscita dal mondo del lavoro. Ovvero, la pensione arriverà il primo dicembre 2014, il tutto in attesa di una certificazione targata Inps che dovrà arrivare tre mesi prima della presunta data di pensionamento. In soldoni Paoloni rimarrà per un anno e due mesi senza mobilità e senza pensione. Tutto questo perché? Per colpa delle finestre volute dal fu ministro del Governo Berlusconi. Prima di arrivare a questa conclusione è opportuno però capire quali sono stati i problemi ai quali gli esodati hanno dovuto fare fronte, tra documenti sbagliati dell’Inps, interpretazioni allegre della legge e decisione, o meglio beffa, finale.
ASPETTA E SPERA - Non c’è che dire, decisamente salvaguardato. Prima di proseguire cerchiamo di fare il punto della situazione dei 65 mila salvaguardati. L’Inps concluderà entro domani le verifiche della potenziale salvaguardia per il primo gruppo di 65mila lavoratori, le stesse che hanno consentito l’invio delle lettere ai potenziali salvaguardati. Purtroppo non sono arrivate tutte. Bruno Palmieri, del patronato Inca interpellato da Business Vox, ha confermato che tali comunicazioni non garantiscono l’accesso alle vecchie regole ma solo la potenziale inclusione nella graduatoria. La conferma ufficiale arriverà, come successo a Paoloni, solo con una comunicazione di entrata in “lista”, la quale dipende essenzialmente dalla data di di cessazione del rapporto di lavoro.
SPERANZA DI VITA - Quindi vuol dire che tutti loro entreranno in pensione con la cosiddetta “riforma Sacconi”, la quale aveva introdotto il concetto di “speranza di vita”. Questo è un meccanismo automatico di adeguamento dei requisiti per la pensione. Ogni tre anni si misura la variazione della probabilità di vita di un uomo e di una donna di almeno 65 anni. Se la probabilità cresce, cresce anche la durata della permanenza nel mercato del lavoro. Quindi se si vive più a lungo si lavorerà di più. Si tratta di un concetto reversibile? No. Se per assurdo la probabilità diminuisse o rimanesse invariata, i requisiti non cambierebbero..
LAVORA, C’E TEMPO - Questa norma sarebbe dovuta entrare a regime a partire dal primo gennaio 2013, invece venne anticipata al 2013 dalla legge 111/2011. Secondo la riforma Sacconi, l’unica eccezione era rappresentata dal requisito unico dei “40 anni”. La riforma Fornero invece ha cambiato le carte in tavola estendendo la speranza di vita al requisito dei 40 anni. Vuol dire che non c’è più la certezza di sapere quando smettere di lavorare anche perché, a partire dal primo gennaio 2012, questo limite è stato elevato a 42 anni e un mese per gli uomini ed a 41 per le donne.  ha elevato a 42 anni e un mese agli uomini e a 41 anni e un mese alle donne, a partire dal 1° gennaio 2012. Il decreto 6 dicembre 2011 ha stabilito il primo adeguamento alla speranza di vita, a partire dal 1° gennaio 2013, nella misura di tre mesi.
LA PROTEZIONE? - Per questo motivo è stato introdotto il concetto di “esodato”, il quale, insieme a “salvaguardato”, indica tutti quei lavoratori che, trovandosi ormai a cavallo della pensione, sono stati “protetti” per non vedere il limite allungarsi improvvisamente, visto che il decreto 201/2011, istitutivo della riforma Fornero, recita testualmente: ”le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto”, ossia al 5 dicembre 2011″.
MESSAGGI NASCOSTI - Allora perché il nostro Paoloni deve stare per 14 mesi senza soldi? Lo spiega l’Inps con un mistero. Prima di andare avanti facciamo un piccolo riassunto. Stefano Paoloni avrà 40 anni di contributi il primo ottobre 2013. Quindi secondo la legge dovrebbe andare in pensione allora. No, per l’Inps questa avverrà nel dicembre 2014. Ovvero un anno e due mesi dopo il limite principale. Lo scorso agosto l’Inps pubblicò un messaggio definito “fantasma”, il 13504, visto la velocità con il quale venne caricato sul web per poi essere cancellato. Questo venne pubblicato lo scorso 3 agosto per poi essere rimosso un giorno dopo.
INCREMENTO DI VITA - Un messaggio che può dare una spiegazione efficace al signor Paoloni. Questo il messaggio testuale, presente all’allegato 4, paragrafo E, punto 2: “anche al requisito contributivo del presente paragrafo si applicano le disposizioni in materia di adeguamento agli incrementi della speranza di vita per l’anno 2013 che è stato determinato in tre mesi con dm 6 dicembre 2011, in attuazione dell’articolo 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”.
STRANA INTERPRETAZIONE - Quindi secondo l’Inps l’adeguamento dei 40 anni della speranza di vita vale anche per gli esodati? La lettura dell’istituto pensionistico è stata la seguente. Come detto, l’adeguamento della speranza di vita si basa sul decreto Fornero, 201/2011. Ma la riforma è entrata in vigore il primo gennaio 2012, mentre il decreto è diventato attivo il 6 dicembre 2011, quindi anche l’articolo, il 24, che parla della speranza di vita legata ai 40 anni. Eppure questo non sembra essere il caso degli esodati, i quali nonostante non debbano essere sottoposti al concetto di “speranza di vita” si vedono comunque penalizzati. Perché?
L’ERRORE - Niente paura, è stata l’Inps a non capire nulla sul problema, tanto che il messaggio successivo, il 13343 del 9 agosto, ha sistemato la questione riconoscendo il proprio errore. Gli esodati possono andare in pensione con 40 anni di contributi. In quell’occasione l’Inps ha voluto riassumere la disciplina sui requisiti per la pensione applicabili agli esodati. Se siete fra coloro che appartengono alla schiera dei 65 mila, o se avete un vostro congiunto “vittima” di tale rivoluzione, sappiate che i criteri ufficiali, comunicati dall’ente presieduto da Antonio Mastrapasqua.
IL CONCETTO DI FINESTRA - La Fornero ha esteso l’applicazione della speranza di vita anche al requisito contributivo unico, portando l’età di pensionamento a 42 anni per gli uomini e 41 per le donne, mentre l’Inps ha confermato che gli esodati possono andare in pensione con il massimo del lavoro, ovvero con 40 anni di contributi, in quanto deve applicarsi la riforma Sacconi, finestra di 12/18 mesi inclusa. Ed ecco spiegato perché Stefano Paoloni dovrà aspettare 41 anni e due mesi per avere la sua pensione. Tutta colpa delle finestre della riforma Sacconi. L’Inps ha specificato che bisognerà applicare in tutto e per tutto la norma precedente, finestra mobile inclusa, e quindi anche l’incremento di uno-due-tre mesi programmati dall’ex esponente socialista.
LE SCADENZE - Quindi, una volta maturati 40 anni di contributi ed il diritto alla pensione, il lavoratore esodato dovrà aspettare la finestra mobile in un periodo che va dai 12 mesi del lavoratore dipendente ai 18 degli autonomi. Nel 2013 occorreranno 40 anni di contributi per il diritto alla pensione, mentre la decorrenza scatterà dopo 14 o 20 mesi, a seconda dello status. Questo vuol dire che il nostro esodato dovrà attendere a rigore di legge tutto questo tempo. Quattordici mesi, come confermatogli dallo sportello amico. Perché? Così l’Inps avrebbe risparmiato sulla pensione. Antonio Mastrapasqua, voce riportata dal Giornale, si era detto soddisfatto della riforma targata Sacconi – Tremonti, diamo merito al merito, il quale aveva “riequilibrato il meccanismo pensionistico”.
CALO VERTICALE - Come? Sacconi affermò all’epoca: ”La riforma previdenziale era stata realizzata, come ha più volte considerato la Commissione europea”. L’esponente Pdl ha attaccato il Governo Monti sostenendo come la nuova riforma Fornero abbia azzerato la transizione. Nel 2011 l’Inps ha liquidato 235.524 nuove pensioni, con un calo di 89.276 assegni rispetto al 2010. Nel primo trimestre 2012 siamo passati dalle 93.552 del 2010 alle 43.870 del 2011. Il crollo vero è arrivato dalle pensioni di vecchiaia, passate dalle 158.412 del 2010 alle 98.781 del 2011 mentre quelle di anzianità sono diminuite da 166.388 a 136.743.
ED ORA? - Per Mastrapasqua quindi “le finestre mobili della riforma Sacconi-Tremonti hanno funzionato. L’Italia risponde con i dati alle preoccupazioni del Fondo monetario internazionale sull’invecchiamento della popolazione”. Ok, i conti sono tornati, ma questa gente in mobilità che dovrà aspettare ancora più di un anno per avere una pensione? Con le finestre si è riusciti a diluire la somministrazione degli emolumenti, ma adesso Stefano Paoloni, e migliaia come lui, come faranno. La mobilità non continuerà e se avrà bisogno cosa farà? La legge precisa che il lavoratore che abbia maturato i requisiti per andare in pensione può continuare a svolgere un’attività lavorativa fino all’effettiva decorrenza della pensione, quindi nel periodo che intercorre fra l’acquisizione dei requisiti e la corresponsione della pensione. E chi è in mobilità? E’ stato necessario ripercorrere questa storia anche in ambiti forse poco “centrati” per meglio capire quale sia l’odissea di una persona volente o nolente destinata ad abbandonare il mercato del lavoro a causa del sopraggiungere dell’età. Pensiamo a tutto noi, non ti preoccupare, ma poi rimani senza pensione per un anno. Colpa della vecchia legge. Salvaguardato, esodato, beffato.



fonte: giornalettismo.com


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