44 anni fa i carri armati sovietici entravano a Praga. Quale eredità?


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di Sergio Di Cori Modigliani

44 anni fa, nasceva in Italia la coscienza collettiva antagonista di una nuova generazione.
Su questo punto, e su questa data, tutti i sociologi, gli storici e i filosofi sono ormai d’accordo.
Ricordare oggi, quella data, mi sembra quindi doveroso e significativo.
Soprattutto per il fatto che, in quella data, la stragrande maggioranza dei lettori di questo blog non erano neppure nati.
Può essere utile (penso) poter sapere che cosa accadde e come stavano le cose il 21 agosto del 1968, perché la conseguenza di ciò che accadde quel giorno fu il primo seme della pianta iper-liberista. E’ datato 25 agosto 1968 il primo scambio di lettere tra il presidente della Kennedy Talbot Asset Management, Roy MacMillan, e il leader repubblicano conservatore statunitense Richard Nixon. La nota agenzia di borsa di Wall Street, allora vero polmone della finanza oligarchica conservatrice americana, chiuse un accordo con settori della politica conservatrice americana per dare inizio a “un piano definitivo di riassestamento della nostra posizione nel mondo, secondo una modalità strategica di impegno che impiegherà 50 anni per manifestarsi nel suo massimo splendore”. E poi la descrizione in circa 300 pagine di ciò che sarebbe stato necessario fare. E’ ciò che hanno fatto cominciando dall’estate del 1968.
Noi, oggi, 44 anni dopo, ci troviamo nel punto finale di quel piano che, purtroppo, ha avuto finora successo, andando al di là delle loro più ottimistiche previsioni.
Comprendere e informarsi sulla nascita del piano politico strategico per controllare il pianeta Terra, penso che sia utile per capire come lottare oggi (e soprattutto perché) al fine di impedirne la definitiva esecuzione.



All’alba del 21 agosto 1968, i carri armati sovietici, per ordine di Leonid Breznev, entravano a Praga, la occupavano militarmente, arrestavano il presidente Dubcek destituendolo, responsabile di quella che (allora) venne chiamata la “rivoluzione dei garofani” o “la primavera di Dubcek”  e davano inizio, nel cuore dell’Europa colta e libertaria, alla repressione violenta di ogni protesta e opposizione.
L’intero comitato centrale del Partito Comunista Italiano, senza eccezione alcuna, si schierò dalla parte dell’Urss e firmò un comunicato (comparso su l’Unità in data 23 agosto) in cui si definiva Dubcek un agente della Cia e si difendeva a spada tratta la necessità delle invasioni militari degli stati recalcitranti e la repressione violenta della protesta giovanile. Poco tempo prima c’era stata una frattura nel PCI e un’ala –definita sindacalista di sinistra- aveva dato vita a un nuovo partito, PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria). Il loro leader, il sindacalista Foa, in Italia passato alla Storia come un eroe del movimento libertario italiano, non soltanto approvò l’occupazione, ma si distinse per l’accanita e furibonda difesa dell’invasione sovietica, assumendosi la responsabilità storica di “sovietizzare” il sindacato italiano che, da quel momento in poi, rinunciò alle proprie grandi tradizioni socialiste e libertarie, per sposare invece la tesi soviettista che ha poi prevalso in Italia: lo Stato è una mucca da mungere sotto la gestione del partito (da cui la deriva nostrana del clientelismo, del sovvenzionismo a pioggia statale, e del controllo partitico totale all’interno del mercato del lavoro) e lo Stato deve essere al servizio del Partito; bisogna quindi impedire che lo Stato si affermi come l’arbitro democratico che stabilisce, gestisce, e decide il controllo del mercato facendo applicare lo Stato di Diritto e gestendo l’equità sociale nel nome di una volontà comune.
Eravamo in piena guerra fredda e l’Itala era divisa in fascisti e comunisti, con la consueta aggiunta nostrana dell’ulteriore intercapedine di guelfi e ghibellini.
Ma era il 1968 e l’atmosfera era cambiata.
Il PCI non se n’era accorto.
Per i restanti dieci giorni di agosto tutto rimase piuttosto calmo, ma fu una calma solo apparente, dovuta esclusivamente all’estate eccessivamente calda e alla pausa vacanziera estiva.
Dopo la prima settimana di settembre esplose in tutta la sua magnitudine la protesta giovanile italiana, con una caratteristica unica, nuova, originale, inconcepibile per il PCI. Era una rivolta generazionale di sinistra, trasversale come ceti sociali, con la sconvolgente particolarità di essere soprattutto anti-comunista, anti-stalinista, nella stessa quota parte in cui era anti-capitalista, perché nasceva e si diffondeva come una lotta fondamentalmente antagonista al sistema di valori che aveva imposto il concetto di guerra fredda, e la concezione dei blocchi contrapposti: si cercava e si chiedeva un modello alternativo.
Il movimento studentesco che gestiva la protesta venne identificato e definito dal PCI come “nemico piccolo-borghese del proletariato”. I sessantottini, per i comunisti di allora, divennero più pericolosi dei fascisti e la linea del partito fu quella di eliminarli subito e al più presto. Avvennero così le prime spaccature che diedero poi origine ai nuovi movimenti dell’epoca. I primi grandi fuochi avvennero a Porto Marghera, a Pisa e a Torino. Il PCI schierò tutto il proprio armamentario contro il ’68. A Torino, vene affidato il comando dell’attacco anti-libertario a un giovane burocrate impietoso, Giuliano Ferrara, che era allora il responsabile della federazione comunista della città. E a Torino il fronte si spaccò e nacque alla Fiat il primo germe di Lotta Continua. Poco dopo nasceva a Pisa Potere Operaio, a Venezia Avanguardia Operaia, a Roma i Nuclei Comunisti Rivoluzionari, ciascuno con una propria linea diversa, ma tutti uniti nel far fronte contro il PCI: il comunismo sovietico e la burocrazia miope dei comunisti italiani erano allora considerati il primo nemico della rivolta collettiva dei giovani italiani. Lo scontro, allora, fu massiccio e durò fino alla fine del 1969. I movimenti di allora accusavano il PCI di “collusione e consociativismo complice e correo con i criminali clerico-fascisti democristiani, al fine di trovare un’intesa per gestire insieme il paese, portando avanti il piano dei SIM (ndr. Sistema Imperialista delle Multinazionali) per borghesizzare la classe operaia facendo vincere il sistema di riassestamento economico neo-liberista e stabilire un Nuovo Ordine Mondiale, il cui fine consiste nel definitivo asservimento della classe operaia, nella rinuncia sistematica alla lotta di classe e nel trionfo della proletarizzazione dei ceti sociali medi, garantendosi così un permanente serbatoio di manodopera a disposizione e la definitiva sconfitta del movimento operaio internazionale”. (testo tratto da volantino distribuito in Fiat a Torino nell’aprile del 1969).
Non è cambiato molto, dopo 44 anni.
Fate la tara del linguaggio un po’ obsoleto e datato e corrisponde alle quotidiane striscette di facebook degli indignati, vostri anonimi vicini di casa che abitano al piano di sopra e si sfogano come possono e quando possono.
L’ala sessantottina del movimento si spaccò poco dopo in diversi tronconi, dando vita alle Brigate Rosse nate nella facoltà di Sociologia di Trento, a diverse fazioni di vario genere e facendo esplodere (l’ala libertaria democratica) la propria protesta anti-partitica attraverso il Partito Radicale Italiano, gestito da quello che allora veniva considerato un folle duo, Marco Pannella ed Emma Bonino.
Mentre in Italia il PCI si occupava di fare il lavoro sporco a nome dei democristiani e dei conservatori, scegliendo la strada della co-gestione governativa anti-libertaria, in Usa, in seguito alla virulenza dell’Urss, vinceva le elezioni l’ultra conservatore Richard Nixon, il quale, come primo atto di governo, dichiarava annullati gli accordi internazionali di Bretton Woods eliminando la parità delle monete sovrane all’oro, che veniva sostituito dalla nascita di colossi finanziari oligarchici accentrati, i quali avrebbero gestito, controllato e pilotato il mercato mondiale. Tutto ciò in pieno accordo con i sovietici ai quali veniva lasciato il controllo del mercato dell’oro gestendo la nascita di colossi finanziari asiatici. Una volta conclusa la guerra fredda, si sarebbero incontrati per gestire insieme un mondo ormai facile da controllare. Il fine consisteva nell’egemonia della finanza sulle merci.
Sono trascorsi, da allora, 44 anni.
Due generazioni si sono avvicendate e il mondo è molto cambiato.
Non in Italia.
Dove la situazione è peggiorata, nel senso di una totale acquiescenza dello status quo e collettiva inconsapevolezza della situazione vigente, grazie al trionfo di quello che io definisco il Sistema Pub.
Il Sistema Pub è il trionfo dell’asservimento totale elevato a sistema di vita.
Laddove per (a sinistra) PUB è un acronimo che indica Pensiero Unico Burocratizzato. A destra, invece, PUB vuol dire proprio pub, cioè un simpatico bar, caciarone e multicolore nella sua versione italiota, dove Berlusconi suona la pianola, le sgallettate salgono in pedana e c’è sempre un simpaticone di turno che fa ridere tutti e alla fine ci si diverte da matti, anche perché non si paga mai il conto. C’è da bere, c’è la musica, ci sono le sciaghettone svampite, poi arriva qualcuno che, comunque,  paga a insaputa degli avventori.
Questo sistema misto è la variante (nella attuale società dello spettacolo post-moderno) dell’atteggiamento che avevano la DC e il PCI il 21 agosto 1968, 44 anni fa, quando sostennero, gli uni Richard Nixon, gli altri Leonid Breznev, “apparentemente” nemici e discordi, ma entrambi complici nel voler gestire insieme il mondo secondo una visione miope, restrittiva e fondamentalmente schiavista.
Bisogna ripartire da lì.
Da quel 21 agosto 1968 di 44 anni fa.
Con l’esperienza acquisita attraverso due generazioni di intelligenze.
Ma soprattutto andando a studiare la Storia, per l’appunto, per non dimenticare.
Negli anni’70 l’Italia si adattò a quell’idea del mondo, e la gestione dei due blocchi venne affidata, dietro le quinte, ai due giovani politicamente più abili di entrambi gli schieramenti, Gianni Letta (a destra) e Giorgio Napolitano (a sinistra).
Furono loro a dirigere la musica battendo la grancassa.
44 anni più tardi, entrambi sono diventati le due personalità politiche più forti, più rappresentative, dell’intera classe politica che ci sovrintende. Non è certo casuale.
Per poter comprendere che cosa fare, oggi, è necessario sapere da dove veniamo.
Per poter ripartire.
Per rimboccarsi le maniche e rimettersi al lavoro. A far Politica Civile attiva, per sottrarci sia a destra che a sinistra al gioco di Letta/Napolitano, trovando magari una nuova trasversalità di contenuti, una nuova appassionante onda e ondata di collettività ritrovata, ma soprattutto una nuova idealità che si basi sulla voglia, la necessità e l’ambizione di creare la propria vita da liberi e non da clientes asserviti a una burocrazia impietosa, che sfrutta la debolezza umana e il bisogno di sopravvivenza per far allucinare il miraggio di qualche briciola di pane. E’ un miraggio. Perché questa gente ha desertificato l’intelligenza di questa nazione e nel deserto non cresce niente.
Bisogna uscire fuori la logica del Sistema Pub.
Dobbiamo ricostruire una classe intellettuale forte e vigorosa.
Dipende da noi, trovare dentro di sé la curiosità di un nuovo posto dove andare che non sia più il solito pub.
Apriamo nuovi ristoranti alternativi di un diverso Sapere della politica: nuovi sapori garantiti.
Chi, il 21 agosto 1968 (a sinistra) ha firmato la condanna a morte del popolo ceko che si era ribellato alla schiavitù, ha compiuto un atto intellettuale di liberticidio. Perché le migliori menti del mondo occidentale, invece, insorsero, da Noam Chomski a Jean Paul Sartre,  da Bertrand Russel a Pier Paolo Pasolini. Non c’è nulla da storicizzare. La Libertà è Libertà. Andava denunciato allora, subito e con enfasi. Va ricordato, oggi.
Chi, dopo il 21 agosto 1968 (a destra) ha firmato la condanna a morte dell’intero ceto medio occidentale, accogliendo le istanze, la tattica e la strategia criminale del bandito Richard Nixon, si è macchiato (rubando il titolo del libro di Palo Barnard) del più grande crimine.
Dimenticare equivale a un suicidio del pensiero.
Ricordare è un obbligo etico per tutti.
Non ci si schiera mai, per nessun motivo al mondo, dalla parte di chi usa i carri armati per reprimere la pacifica volontà di un popolo che aspira alla propria libertà e indipendenza.
Chi lo fa, nel farlo, qualifica se stesso.
E la Storia, impietosa, lo condanna.
In memoriam dei tanti artisti, scienziati, intellettuali, liberi pensatori, che 44 anni fa, a Praga, finirono arrestati, torturati, imprigionati, uccisi.
Lo hanno fatto anche per tutti noi.
Perché chiunque combatte per la libertà lo fa sempre per la libertà di tutti.
Non a caso, a febbraio del 2012 il primo ministro della Repubblica Ceka, membro dell’Unione Europea, ha inviato una lettera a Bruxelles spiegando le ragioni per cui non avrebbero immesso il pareggio di bilancio nella loro costituzione.
“La tragica esperienza che abbiamo vissuto dal 1948 al 1989 come nazione e come popolo ci ha insegnato a sottrarci, per principio, a qualunque intervento esterno, sia anche sotto forma di semplice suggestione. In Cekia, il parlamento è sovrano, il popolo pure. E il popolo ceko non ritiene che l’obbligo del pareggio di bilancio possa essere una buona idea vincente per il futuro dell’economia nazionale”.
Bastava davvero così poco: poche righe secche, schiette, piene di dignità conquistata.
E’ quella che noi dobbiamo andarci a prendere.
Perché ce l’hanno portata via.
E prima lo facciamo meglio è per tutti.



fonte: sergiodicorimodiglianji.blogspot.it tratto da frontediliberazionedaibanchieri.it/


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