Ubriaco alla guida uccise tre persone ma per il giudice non andrà in carcere

Immagine di repertorio

Di Rino Giancalone
Nello scorso gennaio, Fabio Gulotta, 22 anni, investì con la sua Bmw la Fiat 600 guidata da Baldassarre Quinci, che attraversava un incrocio a Campobello di Mazara. Nello schianto, causato dall'ubriachezza di Gulotta, morirono la moglie e i figli di Quinci, che si suicidò sei mesi dopo, poco dopo la dimissione dall'ospedale. Il gup ha concesso il patteggiamento, riducendo la pena - sospesa - a due anni
Il 15 gennaio dell’anno scorso in piena notte la folle corsa con la sua auto, una Bmw, che superò un incrocio di Campobello di Mazara prendendo in pieno un’altra autovettura, una Fiat 600, che superava lo stesso crocevia, sbalzandola di diversi metri. Morirono tre dei quattro occupanti dell’utilitaria: Lidia Mangiaracina, 37 anni, e i suoi due figli, Martina e Vito di 12 e 10 anni. Gravemente ferito restò il marito e il padre delle vittime, il maresciallo dell’aeronautica Baldassare Quinci di 43 anni. Si uccise sei mesi dopo l’incidente, poche settimane dopo essere stato dimesso dall’ospedale, dopo avere saputo che la perizia imputava anche a lui il concorso di colpa per non essersi fermato allo stop.

Ieri il gup del Tribunale di Marsala, Vito Marcello Saladino, ha condannato a due anni, pena sospesa, l’automobilista che causò l’incidente, Fabio Gulotta, di 22 anni. Ha patteggiato la pena per omicidio colposo plurimo, aggravato dallo stato di ebrezza alcolica. Non farà un giorno di carcere e oggi il ragazzo, che già nel 2009 aveva provocato un altro grave incidente sempre per l’eccesso di alcool, non ha subito nemmeno il ritiro della patente, come evidenzia l’avvocato di parte civile Claudio Congedo. Eppure, Gulotta era ubriaco quando a 120 chilometri orari attraversò una via centrale di Campobello di Mazara e non tentò nemmeno di evitare lo schianto. Baldassare Quinci non si rese nemmeno conto di quell’auto che sfrecciava così forte da comparire improvvisamente all’incrocio.
“E’ uno Stato che è incapace di rendere giustizia e che tutela sempre gli assassini”, ha dichiarato sgomento Nicola Mangiaracina, fratello della donna morta nell’incidente assieme ai suoi due figli. “E’ una sentenza che dice che oggi si possono ammazzare persone così e farla franca, è una sconfitta per lo Stato e una vittoria per chi commette reati”.
“Dapprima i pm della Procura di Marsala, sono stati tre quelli che si sono succeduti nella titolarità del fascicolo – dice l’avvocato Congedo – avevano assicurato che avrebbero rifiutato il patteggiamento, l’ultimo pm arrivato dinanzi alla difesa di Gulotta che chiedeva il rito abbreviato, ha proposto lui il patteggiamento”.



fonte: ilfattoquotidiano.it



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