Il massacro fiscale di Monti? Porta solo più contrabbando


Effetti perversi. In due mesi la vendita di sigarette giù del 7%. Il mercato nero sale del 36% e i tributi evasi del 270%

di Antonio Castro

Vendite di sigarette nel primo bimestre di quest’anno: - 7%. Sequestri di tabacchi di contrabbando da parte della Guardia di Finanza tra gennaio e febbraio 2012: + 36,75%. Basterebbero questi due dati per scoraggiare il governo dall’intervenire nuovamente - come ventilato nei giorni scorsi - sulla leva delle accise dei prodotti da fumo per coprire le spese che invece che diminuire si moltiplicano (dagli esodati delle Poste ai 7,5 milioni per finanziare l’Orchestra sinfonica Giuseppe Verdi). E invece no.

Tra novembre e gennaio il gettito fiscale del settore (che ha portato nelle casse dello Stato oltre 10.880 milioni nel 2011 e altri 3,2 miliardi di Iva), ha iniziato a mostrare qualche segno di sfiancamento. Insomma, le entrate per il fisco sono calate per la prima volta da anni di circa 20 milioni. Un piccolo, ma progressivo campanello d’allarme. Oltre una certa soglia di prezzo i fumatori incalliti non vanno. Non ce la fanno. O sterzano con decisione verso prodotti low cost (come il tabacco trinciato che tra il 2005 e il 2010 ha visto un balzo delle vendite del 157,3%), oppure ricorrono alla bancarella. Ovvero al contrabbando. E l’aumento esponenziale dei sequestri nei primi due mesi di quest’anno dimostra, oltre alla bravura delle Fiamme Gialle, che il settore del commercio illecito - dato per defunto qualche anno fa perché poco redditizio per la criminalità organizzata - ha ritrovato vigore e stimolo proprio dal differenziale di prezzo praticato oggi in Italia rispetto, per esempio, a quello applicato dagli Stati dell’ex Jugoslavia.


Sarà difficile recuperare il gettito mancante continuando ad agire sulla leva fiscale. Crollando i consumi - già in pesante contrazione da qualche anno a questa parte -  verrà meno anche l’entrata delle accise (+Iva) che pesano sul pacchetto venduto al pubblico per oltre il 75,9%.

All’orizzonte, poi, c’è anche l’impatto delle proposte di revisione della Direttiva europea sui prodotti del tabacco  (Dir. 2001/37/EC), in corso di valutazione presso la Commissione europea. In sostanza - su impulso della direzione generale Salute e Consumatori - si vorrebbero cancellare i marchi dal tradizionale pacchetto e obbligare le rivendite a nascondere le sigarette. Salvo poi introdurre nuovi divieti sugli ingredienti. Ma, secondo il recente Rapporto Transcrime realizzato dall’Università del Sacro Cuore di Milano e quella degli Studi di Trento, questo pacchetto anonimo sarebbe molto più facile da falsificare e i controlli sulle materie prime diventerebbero praticamente aleatori.

E ancora. Ad ottobre 2012 - dopo l’aumento dell’Iva di 1 punto percentuale del 17 settembre scorso - dovrebbe arrivare la vera e propria stangata. Infatti, come ventilato recentemente anche dal viceministro per l’Economia, Vittorio Grilli, dal prossimo 1 ottobre l’Imposta sul valore aggiunto dovrebbe passare al 23%. Peccato che ogni punto di aumento dell’Iva si moltiplichi, per quanto riguarda i tabacchi, per oltre  5 volte. Ovvero un pacchetto (oggi il prezzo oscilla tra i 4,80 e i 5,60 euro) potrebbe aumentare tranquillamente fino a 50 centesimi in un colpo solo. Evidente che chi non dovesse abbandonare le sigarette per scelta salutista, potrebbe farsi tentare dai banchetti dei contrabbandieri. Nel 2011 la Guardia di Finanza ha sequestrato in Italia oltre 240 tonnellate di sigarette illecite. Il danno per l’erario è quantificabile in oltre 38 milioni di euro  (Iva + accisa). Ma soprattutto oltre 38 tonnellate di queste sigarette erano false, prodotte in Cina o nell’Est Europa. E non sottoposte ad alcun controllo sui contenuti e la qualità delle materie prime.

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