Diossine ed inceneritori: nuove evidenze di danni alla salute

fumo inceneritoreLe diossine, i furani e i PCB vengono trasportati al di là delle frontiere e costituiscono una minaccia per l’ambiente e per la salute umana
Ancora storie di latte materno contaminato in Emilia Romagna in aree interessate dalla presenza degli inceneritori, mentre a Pisa i cittadini si organizzano per raccogliere firme a favore della chiusura delle attività dell'inceneritore di Ospedaletto. Ma perché la legislazione europea è incapace di fornire soluzioni efficaci?


di Elsa Magri


Le diossine, i furani e i PCB (policlorobifenili) rientrano in diversi ambiti della politica ambientale come inquinanti organici persistenti (POP,persistent organic pollutants).
Al pari di altri POP, le diossine, i furani e i PCB vengono trasportati al di là delle frontiere e costituiscono una minaccia per l’ambiente e per la salute umana in quanto si bio-accumulano attraverso la catena alimentare. Possono danneggiare il sistema immunitario, quello nervoso e il sistema endocrino, provocare disturbi della funzionalità riproduttiva, oltre ad avere una sospetta azione cancerogena. I feti e i neonati sono i più sensibili all’esposizione a tali sostanze.
Questa preoccupazione a livello planetario ha trovato espressione nella convenzione di Stoccolma dell’UNEP (United Nations Environment Programme – Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) sugli inquinanti organici persistenti, di cui la Comunità Europea è diventata parte contraente nel febbraio 2005, nonché nel protocollo del 1998 sui POP della convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza dell’UNECE (Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Europa).
Nel 1993 il Consiglio Europeo aveva stabilito lo scopo di raggiungere la riduzione del 90% delle emissioni di diossina da fonti note entro il 2005 rispetto ai valori del 1985. Il 12 Dicembre 2001 il Consiglio appoggia la strategia proposta dalla Commissione sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati (strategia sulla diossina). La strategia è duplice: da una parte si propone di ridurre la presenza di diossine, furani e PCB nell’ambiente e, dall’altra, mira a ridurne il tenore nei mangimi e negli alimenti.

Ancora nella seconda relazione sull’attuazione della strategia, che sintetizza le attività intraprese dalla Commissione nel periodo 2004-2006, si legge però:
latte maternoNel dicembre scorso è stata diffusa la notizia della presenza di diossina nel latte materno di due donne della provincia di Ravenna
“Nel settembre 2006 è stata adottata una strategia tematica sulla protezione del suolo, comprendente una proposta di direttiva quadro che prescrive agli Stati membri di prevenire lacontaminazione del suolo, compilare un inventario dei siti contaminati e risanare i siti individuati. Per quanto riguarda i rifiuti, il regolamento sui POP dispone la distruzione degli inquinanti o la loro trasformazione irreversibile in altre sostanze. Questo principio generale ammette alcune deroghe, per la cui applicazione sono stati adottati, nel 2006 e nel 2007, due regolamenti che fissano valori limite per le diossine, i furani e i PCB”.
Non soltanto gli obiettivi del 1993 non sono stati raggiunti, ma gli studi della Commissione non evidenziano il rapporto fra la produzione di diossine e l'incenerimento incontrollato dei rifiuti. Il monitoraggio delle fonti industriali da una parte e i controlli tossicologici dell'inquinamento alimentare dall'altra non sono integrati in una strategia operativa unitaria capace di raggiungere gli obiettivi per la riduzione completa delle diossine. Mentre si offrono delle deroghe e si stabiliscono soglie minime di POP, non si offrono incentivi per l'applicazione di buone pratiche che consentano di dismettere gli impianti inquinanti ed introdurne nuovi, efficaci e compatibili con l'ambiente e la salute umana.
Intanto, appena qualche settimana fa, il 18 Dicembre 2011, ilResto del Carlino diffondeva la notizia della presenza di diossina nel latte materno di due donne della provincia di Ravenna (Savarna e Porto Corsini), nell'area della ricaduta delle polveri dell'inceneritore Hera. Il problema è stato portato alla pubblica attenzione dal Movimento 5 Stelle, che un anno prima aveva chiesto al consorzio Inca di Marghera di analizzare due campioni di latte materno di due donne non fumatrici e residenti nell'area minacciata da più di cinque anni. Benché privi di valore statistico, i risultati colpiscono perché le concentrazioni di diossina in ciascuna donna superano rispettivamente di 3 e 4 volte il limite consentito per legge per il latte di mucca (pari a 6 miliardesimi di milligrammo).
inceneritore hera“Tutti i cittadini di zone industrializzate sono nelle stesse condizioni di esposizione”
Le verifiche sulla presenza di diossina nelle matrici biologiche hanno un precedente recente in Emilia Romagna: pochi mesi fa l'associazione Medici per l'Ambiente aveva condotto a Forlì degli accertamenti su dei polli allevati a breve distanza dagli inceneritori di Hera e Mengozzi. Le cifre sono inferiori rispetto a quelle di Savarna e Porto Corsini, ma difficilmente questi casi possono essere definiti 'eccezionali'. Come fa notare il Gruppo Consiliare delMovimento 5 stelle del Comune di Ravenna, è importante tener presente che “tutti i cittadini di zone industrializzate sono nelle stesse condizioni di esposizione”.
Senza spostarsi troppo dall'Emilia Romagna, un caso analogo è rappresentato dalla provincia di Pisa, dove il comitatoNonBruciamociPisa ha raccolto cento firme nella sola giornata del 20 Dicembre a favore delle petizioni contro lo sforamento di diossine dell'inceneritore di Ospedaletto e contro il superamento dei limiti delle polveri registrato dalle centraline di Piazza del Rosso.
L'inceneritore dell'area di Ospedaletto è attivo da circa una ventina d'anni e nel 2003 ingenti somme sono state spese per la sua ristrutturazione (i Comuni della provincia pisana si sono fatti carico di 40mln di euro tramite l'azienda a capitale completamente pubblico Geofor). Tuttavia, solo pochi anni dopo sono stati necessari nuovi interventi che hanno comportato ulteriori spese, ultime quelle del 2011.
Numerose evidenze (nube viola del 2007; scoperta del conferimento di rifiuto radioattivi all'inceneritore nel 2008 ed infine gli attuali sforamenti dei limiti di emissione di diossina) confermano che ulteriori investimenti nell'impianto di incenerimento di Ospedaletto non sono giustificati a fronte degli alti livelli di raccolta differenziata ottenuti con il porta a porta (72% a Vecchiano e 65% a S. Giuliano T.).
I sottoscrittori chiedono che venga data attuazione a quanto richiesto con la petizione del 2007 e che pertanto l'inceneritore di Ospedaletto non riprenda la sua attività e che il denaro pubblico venga utilizzato per estendere il sistema di raccolta porta a porta a tutta la provincia, per promuovere iniziative di riduzione dei rifiuti e per la costruzione di impianti a freddo per il trattamento meccanico biologico del residuo della raccolta differenziata.

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