Parroco violentò un prostituta e le offrì 3000 euro per ritrattare: condannato

Per la violenza sessuale il tribunale gli ha inflitto sette anni e mezzo. Otto mesi invece per subornazione. La donna era nella comunità per il recupero di tossicodipendenti che il sacerdote guidava 

Sacerdote condannato per aver tentato di convincere la donna che violentò a ritirare la denuncia nei suoi confronti. Il tribunale di Ferrara ha inflitto a don Walter Mariani la pena di otto mesi per subornazione.
Il prete, 69 anni, è parroco di San Leonardo, diocesi di Mantova, dove per anni ha tenuto una comunità di recupero di tossicodipendenti e in seguito anche una casa di accoglienza, la Casa di Ruth. Qui era ospite una donna, 43 anni, di nazionalità romena, che nel 2009 lo portò a processo per violenza sessuale. Il primo grado finì con la condanna del sacerdote a cinque anni, aumentati a sette e mezzo in appello. Si attendono ora gli esiti dell’ultimo grado.

Per quanto riguarda invece il processo ferrarese (il fatto sarebbe avvenuto a Copparo, nella provincia estense), secondo l’accusa don Walter offrì alla donna tremila euro per cambiare versione davanti ai giudici.
Il tentativo fallì e la 43enne si presentò in aula per raccontare di quell’incontro trafelato. La memoria non le venne in aiuto, dal momento che consegnò ai verbali d’udienza tre date diverse di quel faccia a faccia. Non solo. Di fronte alle domande di chiarimento della violenza sessuale avanzate dal giudice Silvia Giorgi, ha dovuto interrompere l’esame per una crisi di pianto.
Al termine del dibattimento, il mese scorso, il pm aveva chiesto due anni. Ieri il verdetto: otto mesi. Una sentenza alla quale il difensore, l’avvocato Sandro Somenzi annuncia già ricorso in Appello. Questo sulla base della “inattendibilità di una teste che fornisce tre date diverse di un episodio su cui si regge l’intero processo”.
Lo stesso don Mariani ha sempre contestato la veridicità della sua ex ospite. Nel corso del processo rese in proposito dichiarazioni spontanee, sostenendo che la sua accusatrice – allora in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno – si sarebbe inventata tutto per denunciarlo ed evitare così l’espulsione.

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