L’Ici sui beni della Chiesa, ecco quanto pagherà il Vaticano
Più che di giustizia, per molti si tratterà di una rivalsa, quando non di una vendetta. Far pagare l’Ici alla Chiesa avrà lo stesso inusuale sapore di un parlamentare tenuto “a stecchetto”, con mille euro al mese. Di certo c’è che adesso molti comici e critici avranno qualche argomento in meno, un po’ come è accaduto per l’uscita di scena di Berlusconi. Per il provvedimento vero e proprio, infatti, – al di là degli annunci – bisognerà aspettare. Chel’esenzione verrà ridefinita, invece, appare ormai certo anche alla luce delle informazioni comunicate all’Europa che nel 2010 sul merito aveva aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. E la lettera del premier Mario Monti inviata al vice presidente della Commissione europea, Joaquin Almunia, ha avuto come scopo proprio quello di rassicurare sull’ «intenzione di presentare al Parlamento un emendamento che chiarisca ulteriormente e in modo definitivo la questione».
Al di là del chiasso mediatico e dei titoli, però, la norma avrà un impatto generale e riguarderà tutti gli enti non commerciali – non solo targati Santa Sede – dai no profit alle Onlus. Gli ultimi calcoli effettuati proprio dal gruppo di lavoro Ceriani sull’evasione fiscale, hanno indicato incirca 100 milioni l’ammontare dell’agevolazione finora concessa e che ricomprende - dunque - anche i beni non riconducibili al solo Vaticano. Una cifra ben più ampia secondo Anci (500-700 milioni) e soprattutto secondo Ares, associazione ricerca e sviluppo sociale, che stima l’agevolazione a 2,2 miliardi.
Quattro le linee guida principali per la nuova Ici: 1) l’esenzione farà riferimento agli immobili nei quali si svolge in modo esclusivo un’attività commerciale; 2) verranno abrogate le norme che prevedono l’esenzione per i luoghi nei quali l’attività non commerciale non sia esclusiva ma solo prevalente; 3) l’esenzione sarà limitata alla sola frazione di unità nella quale si svolga l’attività di natura non commerciale; 4) verrà introdotto un meccanismo di dichiarazione vincolata a direttive rigorose stabilite dal ministero dell’Economia per individuare il rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali esercitate all’interno dello stesso immobile.
Dal canto suo, la Cei ha fatto sapere che «ogni intervento volto a introdurre chiarimenti alle formule vigenti sarà accolto con la massima attenzione e senso di responsabilità». Certo – mettono in guardia i vescovi italiani – bisognerà fare attenzione che «sia riconosciuto e tenuto nel debito conto il valore sociale del vasto mondo del no profit». Come dire: si eviti la macelleria sull’onda della sete di rivalsa. E a questo proprosito, già lo scorso dicembre Bagnasco si era detto «disponibile a chiarire, a fare alcune precisazioni, qualora queste precisazioni si rivelino necessarie».
A fine gennaio la definitiva apertura della Cei: si tratta di una «materia di tipo unilaterale e non concordataria», cioè «una legge dello Stato: e alle leggi si obbedisce».
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