Dove avvengono le consultazioni per cambiare la legge elettorale? Ad Arcore ovvio

In questi giorni si sta parlando moltissimo di riforma della legge elettorale e le voci che stanno girando mi piacciono poco.
Con la scusa di superare il porcellum si sta provando a forzare una riforma che vede alleati insieme Pd e Pdl. L’intento, neppure tanto nascosto, è quello di una riforma che premi i partiti più grandi e penalizzi tutti gli altri.

Insomma, un tentativo di dividersi il bottino. Altro che legge truffa, quella almeno scattava solo se un partito (o un’alleanza) avesse conquistato il 50 per cento dei voti e solo alla Camera. In questo caso, invece, alcune dichiarazioni, come quelle del senatore del Pd Ceccanti, primo firmatario del ddl che potrebbe diventare il testo base per la discussione in Parlamento, mirano chiaramente, in nome di un malcelato diritto alla governabilità, a far fuori tutti i partiti tranne i due principali. In questo modo si creerebbe, di fatto, un bipartitismo pericolosissimo con due forze che, sommate, rischiano di non superare il 50 per cento dei voti.


Ho almeno due obiezioni. La prima è che in Italia, da almeno un secolo, esiste una pluralità di culture tutte sempre rappresentate in Parlamento (con l’eccezione non casuale del ventennio fascista) e che hanno rappresentato la ricchezza del nostro Paese. La seconda obiezione riguarda il metodo: se l’Italia dei Valori o qualsiasi altro partito o movimento si presenta alle elezioni e viene sconfitto non ho nulla da obiettare, ma vi sembra che se un partito conquista due o tre milioni di voti possa avere soltanto un diritto di tribuna?

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