Nessun accordo alla conferenza sull'abolizione delle armi biologiche e chimiche


La notizia è passata sotto silenzio. Probabilmente a causa del fatto che anche stavolta non si troverà un accordo. Si è tenuta all'Aja, dal 29 novembre al 2 dicembre, la sedicesima conferenza sulle armi chimiche e biologiche, tenuta dall'Opcw, organizzazione per la proibizione delle armi chimiche. Si tratta di un organismo che ha mandato di implementare l'eliminazione di tali armamenti attraverso una serie di azioni: distruzione di tutte le armi, non proliferazione, assistenza e protezione, cooperazione internazionale. Nessun documento è stato redatto, e nessuna previsione su un accordo è stata fatta dopo la chiusura dei lavori.

L'appello agli Stati membri, che proibiva sviluppo, produzione, stoccaggio e uso delle armi chimiche era stato lanciato nell'aprile del 2007. Ma in quell'occasione, Russia e Stati Uniti chiesero di posporre ogni decisione all'aprile 2012. Washington vuole adesso differire nuovamente la distruzione del suo arsenale addirittura al 2020. Nel regolamento dell'Opcw si prevede la possibilità di riferire al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la mancata inadempienza delle nazioni aderenti alla Convenzione. Questa fu firmata nel 1993, ed entrò in vigore nel '97. Ad oggi sono 188 gli Stati firmatari, incluso Russia, Cina, Israele, che ancora non l'hanno ratificata.


Tuttavia, per oltre vent'anni, sia le riunioni della Conferenza che i negoziati collaterali sul disarmo chimico hanno fallito nell'impresa di garantire l'eliminazione globale di tutte le armi chimiche. La maggior parte degli Stati membri hanno adempiuto agli obblighi. Gli Stati Uniti, tra altri, no.

Le armi chimiche includono tutte quelle tossiche, compresi i loro cosiddetti 'precursori' (sostanze che attraverso una reazione chimica diventano parte integrante di una nuova molecola) capaci di provocare la morte, la malattia, la paralisi temporanea o l'irritazione sensoriale. Incluse nelle sostanze chimiche sono i vettori delle stesse: proiettili, ogive, bombe e altri apparecchi. Quelle più note sono la clorina e il fosgene, il cianuro di idrogeno, il sarin e gli agenti nervini. Tutti composti chimici legali, se usati nell'industria. Ma, negli armamenti, violano le norme della Convenzione.

È il caso dell'America. La filosofia degli Stati Uniti è quella di sfruttare le maglie larghe della Convenzione. Nel 2001, l'amministrazione Bush la rifiutò in toto, con la scusa che, dopo l'11 settembre, era necessario contrastare la minaccia chimica e biologica spendendo miliardi di dollari per sviluppare, testare e accumulare armi necessarie a un 'first-strike' in caso di attacco: la scappatoia nella convenzione permette l'uso di alcuni tipi - e di quantità stabilite - di agenti biologici per "fini pacifici, di prevenzione o protezione". Consente anche la ricerca, ma non lo sviluppo delle armi.

È la strategia della deterrenza nucleare: lo Stato, per la propria sicurezza e difesa nazionale, si "riserva il diritto" di usare armi atomiche "a causa dell'evoluzione e proliferazione di minacce biologiche", garantendosi la possibilità di contrastare tale minaccia. Armi nuove rimpiazzano le vecchie. La tecnologia e le sperimentazioni superano i trattati. E della sedicesima conferenza degli Stati membri non rimarrà alcuna traccia tangibile.

PeaceReporter


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