DOSSIER: I limiti delle energie “VERDI”

Limiti delle nergie VERDIParlare dei limiti delle energie verdi non vuole dire demonizzarle, piuttosto confutare con dati e riflessioni tecniche installazioni che sono vendute come la soluzione energetica per il futuro alimentando così false speranze. L’articolo seguente è stato pubblicato in Spagna che ha ridotto ultimamente del 40% le sue sovvenzioni all’energia eolica: Negli ultimi venticinque anni, abbiamo introdotto il controllo elettronico e poi l’informatica e la disponibilità di vaste quantità di energia, che una volta controllate ci hanno fatto credere di essere dèi; abbiamo bruciato e trasformato quanta energia volevamo, senza pensare oltre i nostri capricci e la nostra vanità. In questo momento, l’energia disponibile per ognuno di noi sta diminuendo, e assistiamo anche a come il nostro ambiente si sia fortemente deteriorato a causa delle nostre attività energetiche. Siamo tutti contrariati, arrabbiati, perché ci spodestano dai nostri troni, ma in realtà non siamo i re di niente: siamo stati solo avventizi ed è arrivata l’ora di svegliarsi da quello che fu “il sogno di un giorno”.


Delle energie rinnovabili, quella che sembrava più promettente era l’energia eolica, con i maestosi aerogeneratori che ci avrebbero garantito la fornitura di elettricità per la comodità delle nostre case, il funzionamento delle nostre città e la capacità di produzione delle nostre fabbriche.
Il dio Eolo al nostro servizio.
Un dominio del mondo così completo!
La mancanza di conoscenze specifiche che abbiamo nei rami del sapere a noi ignoti ci rende molto vulnerabili alla confusione; se poi c’è anche l’intenzione di confonderci, il cocktail è perfetto.
Ci parlano delle energie rinnovabili e delle sue eccellenze, del fatto che sono pulite, inesauribili, gratuite, ecologiche, verdi: la maggioranza di questi presupposti è corretta, ma non ci viene detto tutto; una cosa è l’energia in sé, un’altra la raccolta, la trasformazione e il trasporto.
Nel caso dell’energia eolica, la raccolta presuppone un’opera di ingegneria molto complicata, multidisciplinare e costosa, che comprende la fabbricazione del mulino, lo studio della collocazione, la pulizia forestale del luogo, la realizzazione di viali con curve ad ampio raggio, i movimenti di terra, la cementificazione, il montaggio, l’installazione, il trasporto di tutti i componenti, le installazioni di alta tensione con i tagli forestali necessari, gli affitti dei terreni, gli studi di impatto ambientale, i costi amministrativi; tutti questi lavori comportano un elevato sforzo economico, ecologico ed energetico.
Una volta che tutto è stato installato, abbiamo bisogno di un vento forte e costante, ma, per nostra disgrazia, di solito è intermittente e variabile; passa da leggere brezze non utilizzabili agli uragani devastanti, in un’intemperie estrema, con salti di temperatura fino a 50 gradi e piogge, nevicate, gelate, insolazioni, radiazioni… e questo in un’installazione continentale.
Le installazionioff-shore o marine sono un’avventura tecnologica ancora maggiore, con tutti gli inconvenienti precedenti e con quelli ulteriori della collocazione in mare aperto, dell’elemento corrosivo dell’ambiente marino e della forza delle onde, e a tutto questo si supplisce con iniezioni di energia: indovinate la provenienza?
Esatto, principalmente da petrolio, macchine diesel, cemento armato, costose fibre e materiali sintetici dal petrolchimico, metalli preziosi come le terre rare, leghe elaborate – dal gran costo energetico -, rame e acciaio.
Un gran festival di energia ma, nonostante tutto, un aerogeneratore restituisce energia elettrica per un valore dalle 50 alle 60 volte l’investimento energetico per la sua costruzione nelle installazioni sulla terraferma e la metà per quelli situati in mare, e tutto questo per una vita di 20 o 25 anni.
Ma solo se la crisi si manterrà a questi livelli; altrimenti, potranno accadere eventi imprevisti, come, ad esempio, che non si riesca a farli funzionare perché vengono rubati i cavi elettrici in rame.
Una volta messo in opera questo sistema di captazione, ci rimane da gestire l’energia che abbiamo nelle forze dell’asse dell’aerogeneratore, che vanno trasformate in energia elettrica.
Con le limitazioni che c’impone il Secondo Principio della Termodinamica, avremo una perdita di energia nel processo di trasformazione e un’altra quantità verrà dissipata in calore per la frizione e gli sforzi di torsione.
Dopo, dovremo trasportarla fino alla rete elettrica principale, sincronizzarla e condurla ai luoghi di consumo che di solito sono lontani, e questo presuppone che, dell’energia rimasta, dovremo togliere un altro 50 per cento per le perdite, così che, con un po’ di fortuna, la quarta parte dell’energia meccanica creata dal vento potrà essere resa disponibile e la gran parte delle volte ancora meno: sono davvero limitati i nostri utilizzi di alta tecnologia, ma non perché siamo rozzi o ignoranti, ma solo perché ci sono leggi fisiche che impongono queste proporzioni, senza la possibilità di negoziarle.
Perché ho fatto questa descrizione tanto accanita delle perdite?
Per due ragioni: la prima, per mostrare l’inefficienza effettiva di questo sistema di captazione; la seconda, per giustificare che l’altro 50 per cento che rimane nel mulino non si disintegra come nei film di Star Trek, ma al contrario riesce molto bene nel suo compito di guastare tutto il resto.
Perché?
Molto semplice: questa energia consuma, scalda, affatica, degrada, deteriora, rompe…
Che cosa? Pignoni, cuscinetti, lubrificanti, fissaggi, strutture, materiali di assemblaggio, picchetti, trasformatori, circuiti, semiconduttori, eccetera.
Di che cosa sto parlando?
Della doppia contabilità che è necessaria per mantenere l’efficienza, dovuta ai continui costi di “’manutenzione”, quella parola dimenticata nel nostro paese al momento della pianificazione e che ci ricorda in modo permanente la scadenza di ogni cosa, soprattutto di ciò che è sottoposto a grandi tensioni e sforzi, e che tanto maggiori sono gli sforzi, tanto minore è la durata; se l’ambiente è ostile, sarà ancora inferiore; e, se saliamo di scala, il suo aumento comporta un aumento di vulnerabilità.
Un gigante di vari megawatt in cima a una catena montuosa spagnola, all’inizio imponente, cederà alle forze della climatologia, più prima che poi.
Principali avarie di un aerogeneratore
Un partecipante a un forum argentino sulle questioni energetiche ha riassunto gli accadimenti della sua professione di tecnico manutentore di un parco eolico in Patagonia, e ha descritto la comparsa di avarie, soprattutto in caso di condizioni climatiche estreme, e la morte di colleghi per incidenti sulle torri a 80 metri di altezza, dovendo lavorare su scale gelate, con poca luce e forte vento.
Ha riferito che, nel parco in cui lavorava, alla fine i mulini giganti non davano benefici per gli alti costi di mantenimento e che questi venivano abbandonati per concentrarsi sugli aerogeneratori di medie e piccole dimensioni, più facili da mantenere e dal maggior rendimento.
Cosa possiamo imparare da tutto questo?
Solo l’evidenza: il vento è rinnovabile, gli aerogeneratori no.
Le apparecchiature di energie da fonti rinnovabili non sono autosufficienti e la sua costruzione, installazione e mantenimento sono completamente dipendenti della disponibilità di petrolio e delle altre energie fossili.
E io andrei anche oltre: direi che hanno bisogno che le energie fossili continuino a essere molto redditizie – o detto altrimenti, che siano abbondanti e soprattutto a basso costo, proprio la nostra maggiore preoccupazione, perché questa condizione sta svanendo e questo che ci ha spinti a cercare una soluzione nelle rinnovabili.
Le cose sembrano stare così?
Sì, siamo in un vortice in cui consumiamo energia fossile senza sosta e non esiste una via di uscita fornita da una soluzione unica.
Questa problematica è descritta e ben nota negli studi sulla crisi energetica, nel caso in cui le attuali fonti di energia rinnovabile vengono usate come un “Fossil Fuel Extender”, un’estensione dei combustibili fossili.
Alla fine, solo gli Stati e le grandi imprese possono sviluppare queste industrie che alla fine risultano essere solo un altro “business as usual”.
Ma che dipende da una disciplina legale energeticamente disastrosa e da alcune sovvenzioni pubbliche più disastrose ancora, poiché non si è intervenuti sulla vera sostenibilità energetica, ma solo a favore di un rapido beneficio economico e per la promozione politica.
A causa della presenza di una serie di situazioni concomitanti – come la necessità di una maggiore fornitura energetica, propria e senza emissioni, l’esistenza di abbondante capitale di investimento pubblico e privato, la mancanza di rigore nello studio del rendimento reale, un chiaro appoggio dei governi e una visione opportunistica di commercio per le grandi aziende ora convertitesi in “ecologiche” – , si capisce il perché si è prodotta la recente proliferazione di installazioni di parchi eolici in tutto il mondo.
La cosa principale, come sempre, è stato l’alto “rendimento” economico, ma non per la sua propria natura, ma per la facilità del credito, per gli onerosi sussidi e il pagamento sovvenzionato di circa 250 euro al megawatt nel caso dell’elettricità eolica in Spagna, quasi il quadruplo del prezzo del mercato all’ingrosso.
Ciò ha scatenato un’avidità investitrice che ha portato, ad esempio, le azioni di Gamesa fino 35 euro, quando ora non ne valgono la decima parte.
Se l’energia eolica, al momento, fosse realmente redditizia, sarebbe aumentato come il lievito, allo stesso modo dei prezzi del petrolio e della stessa elettricità.
Senza la bolla finanziaria e gli aiuti statali, le “energie rinnovabili” hanno bassi ritorni e, quando non si è calcolata correttamente la sua remuneratività, sono diventate rapidamente un pozzo senza fondo.
Di fatto, per fare un esempio, negli Stati Uniti vengono abbandonati interi campi eolici nella cosiddetta “debacle verde”.
Potremmo analizzare anche l’energia solare fotovoltaica o i biocombustibili che hanno un’EROEI ancora inferiore, ma anche in questo caso avremmo di fronte un’altra lunga e dettagliata storia di imbrogli, pallonate e deliri che, anticipo, sono più o meno gli stessi.
Per questo non sono fonti energetiche sulle quali possiamo confidare il nostro futuro.
Gli sforzi fatti negli ultimi mesi per portare avanti una ristrutturazione finanziaria dell’azienda e i negoziati avviati con investitori e banche creditrici non hanno avuto successo: questo ha portato la tedesca Solon ad aprire una procedura di insolvenza.
Sullo sfondo la concorrenza con i produttori fotovoltaici cinesi, di cui il gruppo tedesco ha risentito come del resto l’intero comparto, combinata con la caduta dei prezzi dei moduli e il drastico calo degli incentivi pubblici. 
Una situazione che, secondo gli analisti, dopo Solon, prima vittima illustre del comparto in Germania, potrebbe avere gravi ripercussioni anche su altre aziende del fotovoltaico.

L’Italia, povera di vento, prima al Mondo negli incentivi di Stato all’eolico inutile, costoso e deturpante.
Come dice il proverbio? “Gatta ci cova”.
Qui accanto, il castello di Montepo’ a Scansano, Toscana.
Quando si parla di eolico e incentivi, in sede di comparazione internazionale, di solito ci si riferisce ai Certificati Verdi, che sono di gran lunga la forma di incentivazione più utilizzata e normalmente anche l’unica.
Da noi invece le cose funzionano diversamente.
I Certificati Verdi valgono più che altrove, e ad essi si aggiungono molte altre agevolazioni che fanno dell’Italia la terra promessa per gli industriali del vento, nonostante che il nostro Paese non sia particolarmente vocato per la produzione di energia eolica (in media 1700 ore/anno, di cui effettive immesse in rete appena 1450 ore/anno, contro le oltre 2000-2800 del Nord Europa, NdR, da dati Italia Nostra).
Ma i più alti incentivi d’Europa, tramite certificati verdi valutati il doppio che altrove. (oltre 160 euro a MWh ).
Perciò, la corsa a chiedere autorizzazioni per impiantare pale alte un centinaio di metri è, in realtà, una banale corsa agli incentivi e alle agevolazioni, che fanno ricchi pochi a discapito della collettività.
Vediamo in una sintetica guida di Sennuccio Del Bene, del Comitato GEO-Ambiente e Territorio di Monterotondo Marittimo, quali sono le sette fonti d’oro che attirano speculatori e multinazionali da ogni dove.
1.Innanzitutto i Certificati Verdi, soggetti per di più a compravendita.
Ogni 50 MWh di energia eolica prodotta dà luogo a un certificato liberamente negoziabile sul mercato.
La compravendita di certificati verdi è garantita dal Gse, il Gestore dei servizi elettrici che acquista a un prezzo predeterminato, ma più spesso i certificati vengono venduti ai produttori di energia da fonti tradizionali che per legge devono produrre una determinata quota di energia anche da fonti rinnovabili o, in alternativa, acquistare i certificati verdi.
Il prezzo dei certificati era libero di fluttuare; con l’ultima Finanziaria (2008) il governo ha posto un tetto di 112,88 euro/MWh, ma ha anche prolungato da 12 a 15 anni la durata dell’incentivo.
2. Pagamento anticipato sulle “stime” della produzione futura.
Su richiesta dei produttori, inoltre, il Gse (che è un ente pubblico) può anticipare il pagamento dei certificati verdi a fronte delle stime produttive per l’anno successivo, con conguaglio a fine periodo basato sui dati reali di produzione.
Così capita che le stime vengano gonfiate anche del 30% (dati ufficiali Gse relativi al 2006) per ottenere pronta cassa dall’Ente soldi da impiegare o investire come più aggrada ai titolari degli impianti.
Soldi pubblici che vengono dalle nostre bollette e che, in caso di fallimento di un produttore, sono difficilmente recuperabili.
3. Il trucco della “ristrutturazione”, ed ecco nuovi incentivi.
Inoltre, il limite di 15 anni all’incentivo è aggirabile grazie a una legge dalle maniche larghe.
Basta una ristrutturazione – peraltro necessaria per le parti soggette a usura – per far risultare come “nuovo” l’impianto e far ripartire da zero il contatore degli anni (15+15!).
Potrebbe bastare, ma non basta: quello dei soldi pubblici all’eolico in Italia è un vero e proprio fiume in piena.
Così ai Certificati Verdi si aggiunge un quarto elemento di favore:
4. Obbligo d’acquisto dell’energia eolica da parte del Gestore elettrico.
E’ il burocratico “Dispacciamento prioritario”.
In pratica il Gse, il gestore dei servizi elettrici, è obbligato ad acquistare “sempre e subito” tutta l’elettricità prodotta da eolico, a prescindere dall’effettivo fabbisogno del sistema e dalla possibilità di acquisto di energia a prezzo inferiore – situazione tipicamente riscontrabile di notte con l’energia da nucleare.
Meccanismo che obbliga il GSE a retribuire l’impresa eolica per l’energia prodotta, anche quando per ragioni tecniche non è stata immessa in rete.
Per i titolari di impianti eolici ciò si traduce in una garanzia sul venduto sino all’ultimo KW prodotto, consentendo di lavorare in un mercato privo di concorrenza; invece per il Gestore di rete ciò rappresenta costi aggiuntivi, scaricati sull’utenza. Basta così? No.
5. Prezzo prefissato, altro che “mercato”.
Bisogna considerare che i MWh immessi in rete vengono retribuiti dal Gse a un prezzo prefissato definito di anno in anno (circa 68 €/MWh nel 2007) e che gli speculatori si avvalgono di
6. Infrastrutture a carico del Gestore della Rete, non dei produttori. Le infrastrutture necessarie al collegamento di un impianto eolico alla rete di distribuzione sono a carico del gestore della rete, cioè Terna, e non del produttore.
Ma, direte voi, gli investimenti per realizzare un parco eolico sono consistenti, siamo nell’ordine delle decine di milioni di euro, e di quelli si faranno ben carico gli imprenditori dell’eolico.
In effetti sarebbe così se non ci fossero anche altri favori di cui nessuno parla, come i
7. Finanziamenti di Stato e Regioni a fondo perduto e/o a tasso agevolato previsti dalla legge 488/92.
ll ministero delle Attività Produttive stila annualmente delle graduatorie ed elargisce i finanziamenti che teoricamente sarebbero finalizzati a stimolare lo sviluppo locale.
Negli ultimi anni sono stati concesse diverse centinaia di milioni all’eolico (470 milioni nel solo 2006).
Per la parte non a fondo perduto la legge prevedeva un tasso dello 0,5%; ora l’interesse è cresciuto, ma è di gran lunga inferiore ai tassi di mercato.
Questi finanziamenti statali riducono notevolmente gli oneri dell’investimento iniziale e abbattono (talvolta dimezzano) i tempi di ammortamento dell’impianto.
[La recente inchiesta deella magistratura che ha portato in carcere l'avv. Vigorito, presidente degli industriali del vento Anev, ha anche bloccato presso il Ministero dell'industria circa 30 milioni di euro di contributi a fondo perduto, per i quali sembra che si siano fatte "carte false", ed ha sequestrato centrali eoliche del valore di 153 milioni di euro. NdR, da comunicato di Italia Nostra].
E dove non arriva lo Stato, arrivano le Regioni, specie al Centro-Nord: nel caso dell’impianto eolico previsto a Monterotondo Marittimo la Regione Toscana ha elargito oltre 3 milioni di contributo a fondo perduto.
[E conoscendo il nostro Sud, vi pare che la Sicilia, la Puglia o il Molise, irte di torri eoliche inutili e deturpanti, non le hanno finanziate gratis? Ci piacerebbe saperlo. NdR]
Conclusioni. La somma di tutti questi incentivi e agevolazioni rende conveniente impiantare pale eoliche a prescindere dalla loro effettiva produttività.
La conclusione potete tirarla da soli..
Per saperne di più, leggere il bel sito-web “Via dal Vento” e quello del Comitato Nazionale del Paesaggio, con i quali Ecologia Liberale ha perfetta concordanza di idee.
Dice il sindaco di un paese sottoposto a pressioni per eolico e fotovoltaico: «Se vedono incerto me, ci provano con gli assessori, e poi vengono i proprietari dei terreni e mi chiedono perché no. E se avessi un gruppo di amici o dei parenti da sistemare nel cantiere di sei mesi o elettori da ringraziare o ingraziarmi, io potrei dire di sì ma non farei l’interesse collettivo ». L’interesse collettivo torna a gravare su troppo fragili spalle.«La corruzione è nell’impari rapporto fra una multinazionale e un’amministrazione locale povera e spaventata dalle conseguenze del suo coraggio». Sommersi da (pochi) soldi, dalla retorica, come si fa a dire di no a questi impianti da primato?
Come chiudere questo articolo senza non sottolineare quanto può essere fatto per l’economia locale in termini di filiera e occupazione adottando tecnologie, che in questo sito trovano ampia documentazione, che permetterebbero l’autodeterminazione piuttosto che la dipendenza energetica e la svendita del proprio territorio.

Commenti

Anonimo ha detto…
tutto vero..... ecco apparire rossi focardi... fusione fredda.... direi ke l alternativa sta arrivando.... ma i media non ne parlano... o poco .. perke ????
Anonimo ha detto…
si potrebbero installare mini generatori eolici nei luoghi ventosi di modo che si eliminino tutte le problematiche forestali e di trasporto. L'utilizzo verrebbe fatto direttamente a casa o immesso in rete. Idem per il fotovoltaico. Il vero guadagno si avrebbe producendo idrogeno utilizzando la corrente data dal fotovoltaico, l'idrogeno si può immagazzinare ed utilizzare alla bisogna, anche per un'automobile. Questo sarebbe l'investimento giusto per una 'vera' rivoluzione verde: ognuno produrrebbe energia per sè. Ma chi investirebbe soldi per una cosa del genere? Dovrebbero farlo gli stati nazionali.
Anonimo ha detto…
Finalmente! Sono un ingegnere elettronico e sono anni che vado ripetendo le stesse cose scritte in questo post! Basta con lo scempio dei parchi eolici e dei grandi impianti FV a terra! L'alternativa sta arrivando ed è tutta italiana! E-CAT ing. Rossi (fusione fredda).
Anonimo ha detto…
Chi parla di idrogeno come fonte di energia del futuro, non ha capito proprio nulla! Eppure l'articolo parla molto chiaro di come i media coprono a proprio piacimento argomentazioni scomode. (Mi riferisco al messaggio del 27 dicembre 2011 00:37)
Per esempio spesso parlano di Idrogeno come di energia futuro non sapendo assolutamente nulla sulla materia: ma secondo voi l'idrogeno da dove si ricava?.... voi mi direte facile dall'acqua!... Ma c'è un problema: per estrarre l'idrogeno dall'acqua bisogna togliere l'ossigeno. Come si fa? semplice, basta scaldare l'acqua. E da che cosa? Utilizzando energia fossile!
L'unica fonte pulita di energia disponibile, con le attuali tecnologie a disposizione e l'IDROELETTRICO!... e l'Italia da molti anni non sta più investendo su questa fonte di energia pulita, abbondante e disponibile.
In ogni caso complimenti per l'articolo, ben scritto e documentato!
Anonimo ha detto…
Che strano...prima scrive che l'eolico non produce nulla, e dopo condanna la priorità di dispacciamento, dicendo che spesso non è possibile utilizzare tutta l'energia prodotta dagli impianti eolici, perchè inferiore al fabbisogno. ("deve acquistarla a presceindere dal fabbisogno"). Ma per favore. In più si richiama il secondo principio della termodinamica, ed io povero ignorante che avevo studiato all'esame di fisica, che questo vale per qualsiasi sistema (comprese le centrali nucleari ed a carbone), scopro che vale solo per l'eolico. Non si finisce mai di imparare. Articolo tendenzioso...

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