"Crescita e austerità sono inconciliabili" - sempre più economisti bocciano Monti

Si infoltisce la schiera degli economisti che bocciano la manovra del governo Monti e chiedono, per uscire dalla crisi, misure per favorire la crescita.  Decine di adesioni nel mondo accademico alla lettera-appello al premier Monti promossa dal professor Gustavo Piga, dell'Universita' di Roma Tor Vergata, che tra le pieghe delle norme europee ha trovato un riferimento preciso per cui per l'Italia oggi in recessione, "raggiungere il bilancio in pareggio nel 2013 - che peggiora la recessione e non ci aiuta con i mercati e con gli spread - non e' piu' necessario. Monti si appelli alla normativa per negoziare con Bruxelles e con il Consiglio Europeo una politica fiscale meno recessiva", in modo tale che al nostro paese, "a causa di una grave recessione economica", venga riconosciuta "la possibilita' di superare il valore di riferimento del rapporto disavanzo pubblico-PIL in via eccezionale e temporanea, restando il rapporto vicino al valore di riferimento".
Anche per il sito Sbilanciamoci, che nelle passate settimane ha proposto una 'controFinanziaria', "e' un'altra manovra quella di cui ha bisogno il nostro paese: e' necessario ridurre le spese militari e cancellare le grandi opere; bisogna inserire la tassazione dei patrimoni e delle rendite. Con i soldi raccolti - oltre che ridurre il debito - bisogna salvaguardare i redditi, le pensioni, i risparmi; bisogna investire nell'economia verde e nelle 'piccole opere'; e' necessario mettere in campo un piano straordinario per il welfare in cui ci siano gli ammortizzatori sociali per i precari, servizi sociali, interventi per la scuola e l'universita'. Si tratta di uscire da questa crisi in in un modo diverso da quello con cui ci si era entrati: ecco perche' serve una svolta, subito, sia nella richiesta di politiche europee diverse da quelle - restrittive e fatte di soli tagli - sia nella messa in campo di interventi a livello nazionale che costituiscano un vero e proprio piano di investimenti pubblici per un'economia che metta al centro i beni ed i consumi pubblici, la coesione sociale, il sostegno allo sviluppo locale". Sulle orme di un'analoga iniziativa lanciata in Francia da Susan George, Francois Chesnais, Etienne Balibar, "Rivolta il Debito" lancia un appello per un "Audit pubblico dei cittadini sul debito. Vogliamo rivedere in profondita' l'entita' del debito pubblico italiano per impostare un'altra politica economica alternativa a quella avanzata dai vari governi che si sono succeduti in questi anni e improntata alla redistribuzione della ricchezza, alla valorizzazione dei beni comuni, del lavoro, del welfare, dell'ambiente contro gli interessi del profitto e della speculazione finanziaria". Tra i primi mille firmatari: Fausto Bertinotti, Salvatore Cannavo', Massimo Carlotto, Giulietto Chiesa, Giorgio Cremaschi, Loretta Napoleoni, Giovanni Russo Spena, Gianni Vattimo. In un'altra lettera aperta indirizzata al presidente del Consiglio Monti, venti docenti di economia prevalentemente dell'Universita' di Torino chiedono perche' la ricchezza "liquida - titoli, depositi, investimenti finanziari - sfugga del tutto alla manovra. E' annullata cosi' la pretesa di equita' con cui il governo si era presentano agli italiani. In sostanza, ci sembra che ci siano molti argomenti a favore di una tassazione con un'aliquota non predatoria dei grandi patrimoni mobiliari, che non ci siano validi argomenti contrari sul piano dell'efficienza economica e che non vi siano rilevanti ostacoli di natura tecnica tali da impedirne l'adozione". 


"Crescita e rigore, cioe' austerita', sono inconciliabili". E' il grido d'allarme degli economisti Riccardo Realfonzo, ordinario nell'Universita' del Sannio, e Antonella Stirati, professore di Economia politica all'Universita' Roma Tre, che sulla rivista online "Economia e politica" contestano le certezze del premier Monti e della sua "manovra di 'risanamento' aspramente restrittiva", ma anche i diktat della cancelliera tedesca Merkel. 

  "L'origine della crisi italiana - sostengono Realfonzo e Stirati - non sta nell'indebitamento pubblico eccessivo e la politica di austerita' non frena ma, al contrario alimenta la speculazione, in quanto determina recessione, disoccupazione e aumento delle insolvenze dei soggetti indebitati, si tratti di famiglie o imprese". Allora, a livello europeo "l'unica strada per fermare il rialzo dei tassi di interesse e gli attacchi speculativi contro i titoli del debito pubblico e' una politica di intervento della BCE sul mercato dei titoli, volta ad abbassare e stabilizzare i tassi di interesse sui debiti sovrani dell'area. Questa politica non risolverebbe i problemi strutturali, con la Germania che vanta un surplus commerciale piu' grande di quello cinese", ma "porrebbe fine alla situazione di emergenza, ridurrebbe gli oneri della spesa per interessi nei bilanci pubblici e creerebbe le condizioni per un reale confronto democratico sulle modalita' per rilanciare l'economia e il progetto di Unione europea, al riparo da fanatismi liberisti". 
  Sul fronte italiano, sostengono Realfonzo e Stirati, "sotto l'ombrello di una BCE che agisse finalmente da prestatore di ultima istanza", la ricetta necessaria diverge da quella del governo e puo' cosi' essere sintetizzata: "Far pagare le tasse a chi puo' e deve; ridurre il carico fiscale sui redditi da lavoro dipendente; promuovere un modello di specializzazione produttiva legato alla ricerca, alle nuove tecnologie, alla creazione di imprese di medie e grandi dimensioni in settori strategici per la nostra economia. Non c'e' invece una emergenza pensioni". Insomma, "l'equita' va nella stessa direzione della crescita: la redistribuzione del reddito verso i redditi da lavoro genera maggiori consumi, fa aumentare la domanda aggregata, sostiene il mercato interno", ma anche qui occorre fare attenzione: "La crescita declinata alla stregua della manovra Monti come incentivi e benefici fiscali alle imprese - concludono Realfonzo e Stirati - non sostiene l'attivita' produttiva e l'occupazione: non risolve i problemi delle imprese in crisi, perche' non c'e' mercato per i loro prodotti, fornendo al massimo un transitorio sollievo". 


fonte: AGI

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