La figlia era morta per overdose. Lui ha ucciso il (presunto) spacciatore

Luciano Manca, l'uomo che ha sparato nel campo nomadi (Cavicchi)
«Ero lì seduto davanti al caminetto di casa, distrutto dalla morte di mia figlia uccisa dalla droga...». È stato così che Luciano ha preso il fucile. «Volevo fare qualcosa di eclatante, volevo che quelli del campo nomadi la smettessero di spacciare...». Ed è stato così che Luciano si è travestito da giustiziere; solo che ha sbagliato il bersaglio e ha finito per uccidere un ragazzo romeno che non c'entra nulla con il suo dramma familiare. Il dolore, la rabbia per un evento che per lui doveva essere in qualche maniera vendicato ha trasformato Luciano Manca, operaio cinquantunenne di Montichiari (Brescia) in un killer; un killer che fino a pochi giorni fa non aveva mai torto un capello a nessuno. Manca, originario di Gesico (Cagliari) è il padre di Francesca, la ragazza trovata priva di vita il 21 settembre scorso a Montichiari, stroncata dalla cocaina; ma Luciano è anche l'uomo che la sera del 26 ottobre scorso ha sparato contro una baracca del campo rom di Calcinatello, uccidendo Tonut Yamandita, romeno diciannovenne da due mesi residente a Brescia in casa della sorella e arrivato al campo nomadi due ore prima per far visita a un parente. 
I carabinieri del reparto operativo di Brescia l'altra mattina hanno convocato Manca in caserma, hanno preso la questione un po' alla larga ma alla fine lui è crollato e ha confessato «Si è liberato di un peso» racconta uno degli investigatori che ha risolto il giallo. Per conto loro i carabinieri erano già arrivati alla convinzione che a sparare nel campo nomadi fosse stato il padre della ragazza stroncata dalla droga. 


Paradossalmente Manca è stato incastrato dal suo coraggio di padre onesto. La scorsa estate, ormai conscio del dramma di Francesca, una sera l'aveva seguita di nascosto; aveva visto la figlia arrivare all'accampamento di Calcinatello e acquistare la droga da uno dei nomadi. Era subito intervenuto come una furia riportandosi la ragazza a casa ma poi aveva segnalato il fatto ai carabinieri. Poche settimane dopo Francesca muore, tempo un mese ed ecco l'agguato nel buio ai danni di Tonut. Il nesso tra i due fatti l'avrebbe suggerito un esperto maresciallo: «Non sarà mica che...» Intuizione giusta e sorretta da un'indispensabile dose di fortuna. Ispezionando i dintorni della baracca dove si trovava il romeno morto i carabinieri trovano la cartuccia di un fucile da caccia calibro 12. Luciano Manca, che è appassionato cacciatore, possiede dieci fucili, tutti denunciati, tra cui un Beretta calibro 12; e il congegno di espulsione dell'arma di Manca lascia sulle cartucce un segno identico a quello sulla munizione rinvenuta al campo rom. Quella sorta di «impronta digitale» balistica mette nell'angolo il padre della ragazza, che finisce per confessare il suo dramma.
«Ho deciso tutto senza dire nulla a mia moglie e all'altro mio figlio - racconta - ma dopo la morte di Francesca ho sentito che dovevo intervenire per impedire che altri facessero la sua fine. Una sera ero lì da solo seduto davanti al caminetto di casa e mi sono mosso d'impulso. Ho preso il fucile, sono andato al campo dei nomadi, ho visto la luce da dietro una finestra e ho sparato. Ma non volevo uccidere nessuno, solo spaventarli». Manca ha detto di aver saputo della morte di Tonut solo dalla televisione. Ma non ha pensato di andare a costituirsi. 
«Dal giorno della morte della figlia Luciano è un uomo distrutto, non si è più nemmeno presentato al lavoro - dice di lui l'avvocato difensore Angelo Villini - è caduto in depressione e proprio ieri mattina avrebbe dovuto sottoporsi a una visita al centro di salute mentale di Brescia». I carabinieri dal canto loro confermano che Tonut Yamandita non è il pusher che ha venduto la dose mortale a Francesca Manca e sperano di acciuffare il vero responsabile a breve. Ma la gente del campo di Calcinatello replica: «Droga? Qui non se ne è mai vista, noi viviamo solo di elemosina»

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Commenti

Emanuel ha detto…
ma la smettessero sti rom del cazzo. dovrebbero espellerli tutti.
Luca ha detto…
A trovare ed arrestare un assasino innocuo, hanno fatto in fretta.
Peccato che tanta solerzia ed intuito non lo hanno sfoderata per arrestare lo spacciatore pluriassasino, nonostante la denuncia dell'onesto e coraggioso padre di famiglia quando la figlia era ancora in vita.
Una figlia assassinata anche dall'incapacità di chi dovrebbe assicurare alle patrie galere gli spacciatori.
Non posso non notare che quando circola troppa droga "sporca", gli scellerati vengono arrestati e sbattuti in carcere in un batibaleno.
Non mi risulta che spacciare droga cosidetta "pulita" sia lecito e permesso dalla legge, eppure i fatti dicono il contrario.
Io sinceramente tra un assassino patentato drogato o ubriaco che investe ed ammazza un pedone e questo padre disgraziato, ho forti dubbi che l'assassino sia solo quest'ultimo. Eppure per la legge italiota è così, addirittura il primo se si ferma a soccorre il malcapitato risulta pure un beneffattore, se invece viene prese dal panico e va in confusione mentale scappando, viene sbattuto in galera per ommissione di soccorso, che legge cretina ed imbecille.
Allora perchè non vengono sbattuti in galera anche le centinaia di automobilisti che davanti a certe tragedie anzichè fermarsi per soccorrere il malcapitato accelerano e scappano? Meno male che uno su cento si ferma, sperando non sia il centesimo.
Mi chiedo ma i psicologi ed i psichiatri che esistono a fare?

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