Botta e risposta tra Marco Travaglio e Gori, ex direttore di Canale 5 amico di Renzi.


Interessante "botta e risposta" sulle pagine del "Fatto" tra Marco Travaglio e Giorgio Gori, ex direttore di Canale 5, dimessosi per entrare nello staff di Renzi: un uomo che secondo Marco Travaglio ha avuto un ruolo IMPORTANTISSIMO nell'ascesa al potere di Berlusconi. Riportiamo il primo articolo di Marco Travaglio, la replica di Giorgio Gori e la contro-risposta di Marco Travaglio...

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Tutti (si fa per dire) si domandano perché Renzi abbia scelto proprio Giorgio Gori come regista dell’operazione Leopolda ed estensore delle sue Cento Idee e perché abbia scelto proprio Martina Mondadori per dire “Matteo tocca a te, ti vogliamo presidente del Consiglio”. Ma forse la domanda va rovesciata: perché Gori e la Mondadori hanno scelto proprio Renzi? Evidentemente perché lo sentono familiare. E per capire il motivo basta leggere le biografie dei due ex berluschini folgorati sulla via di Firenze (che presto, visto il super-ego del suo sindaco, verrà ribattezzata “Firenzi”). Giorgio Gori viene da Bergamo. Da giovane bazzicava gruppi di destra, poi negli anni 80 fu adocchiato da Craxi e divenne craxiano. Dunque dirigente del gruppo Fininvest, dove se non eri craxiano non ti si filava nessuno. Carriera folgorante: nel 1989, a 29 anni, è
capo dei palinsesti di tutte e tre le reti del Biscione, mobilitate l’anno seguente nella campagna pro legge Mammì; e nel '91, a 31 anni, è direttore dell’ammiraglia Canale5, dove rimane fino al 2001, salvo una parentesi di due anni a Italia1. Il che significa che nel '93 è roba sua la campagna “Vietato Vietare” contro la regolamentazione degli spot in tv. E nel '94, mentre B. entra in politica cacciando subito Montanelli dal Giornale, è lui il comandante della portaerei Fininvest che in tre mesi lancia Forza Italia nel firmamento della telepolitica (ricordate gli spottini di Mike, Vianello, Zanicchi & C.?) e fa vincere le elezioni al padrone. Ed è ancora lui a mettere la sua faccina efebica e la sua firma su programmi-manganello come Sgarbi quotidiani e Fatti e Misfatti di Liguori, specializzati nel killeraggio dei “nemici” del padrone. Mai un dubbio, una presa di distanze, un moto di disgusto, un sopracciglio inarcato. Nel '95 è la sua Canale5 a capitanare la campagna elettorale contro i referendum che tentano di porre un argine agli spot e un tetto antitrust al gruppo Fininvest, come stabilito l’anno prima dalla Consulta. Ora, al fianco di Renzi, Gori dice di voler “liberare la Rai dai partiti”. Cos’è, una battuta? Che altro erano la Fininvest e poi Mediaset, Canale5 e Italia1, dal '94 in poi se non il braccio armato di un partito, con Gori sulla tolda di comando?

Sarà un caso, ma Gori vuole departitizzare solo la Rai: su Mediaset manco una parola. Sarà un caso, ma l’indomani Renzi è subito ospite di Matrix, da cui Mentana fu cacciato appena ospitò Di Pietro. E sarà un caso, ma l’unico tema trascurato alla Leopolda, assieme alla giustizia e alla mafia, è stato proprio il conflitto d’interessi televisivo. Dal 2001 Gori è fondatore, presidente e azionista di Magnolia, casa di produzione di format televisivi. Ieri s’è dimesso da presidente per dedicarsi a “nuove sfide” (Renzi), ma rimane azionista di una società fornitrice negli anni di Rai, Mediaset, La7 e Sky. Una mossa che ricorda tanto quella di un altro signore che nel '94, con la morte nel cuore, annunciò che lasciava la Fininvest, restandone azionista e passandola al suo prestanome Confalonieri. Una mossa che certamente lo toglierà d’imbarazzo la prossima volta che Renzi sarà ospite di Piazza pulita, l’ottimo programma di La7 prodotto da Magnolia. Martina Mondadori, classe 1981, figlia di Leonardo alleato di B. nella guerra di Segrate vinta da B. grazie a una sentenza comprata, siede nel Cda della casa editrice che fu della sua famiglia e che ha appena rimborsato a De Benedetti 560 milioni di danni per quella mega-corruzione. Alla convention di Renzi ha detto: “La nostra generazione vuole impegnarsi per cambiare l’Italia e la politica”. Evviva. Ma forse dimettersi dal Cda di una società rubata potrebbe essere un buon inizio. Ps. No, non ci siamo dimenticati la domanda d’esordio: perché Renzi piace a tanti berluschini. Una possibile risposta, davvero strepitosa, la dà Billy Costacurta come potete leggere qui.

Marco Travaglio - 03 novembre 2011

giorgio-gori
Giorgio Gori
Editoriale "Renzivest" su "Il Fatto Quotidiano"----
Giorgio Gori risponde all'articolo di Travaglio:

"Caro Travaglio, la mia vita è tutta un'altra cosa"

Caro Direttore, nel suo odierno editoriale sul Fatto Quotidiano (quello pubblicato sopra) Marco Travaglio mette in fila una corposa serie di inesattezze sul mio conto:

1) non è vero che io sia stato il “regista della Leopolda”, e tanto meno l'estensore delle Cento idee. All'evento ho portato il mio contributo come decine di altre persone, tra l'altro non occupandomi minimamente degli aspetti di “messa in scena”. Quanto alle Cento idee, sono state raccolte prima e durante la manifestazione, e il mio pc è solo servito ad assemblare fisicamente il documento messo in rete. Ho scritto solo le due proposte sulla Rai.
2) è assai discutibile che io possa essere definito un “berluschino”, tanto per le mie idee, quanto per aver lasciato Mediaset più di dieci anni fa. A meno
che Travaglio usando lo stesso metro, non sia pronto a definire “berluschino” anche Enrico Mentana, che ci ha lavorato ben più a lungo di me, o Antonio Ricci e Davide Parenti (che ancora ci lavorano), e financo Santoro, la Bignardi e Luttazzi, per il solo fatto di aver lavorato per qualche stagione sulle reti del Cavaliere. Me ne sono andato e non mi sono state date possibilità di collaborazione nei successivi anni di Magnolia (fanno eccezione la produzione Camera Cafè e un paio di fiction), a parere di molti proprio perché non particolarmente gradito alla casa.
3) è falso che io abbia mai bazzicato gruppi di destra. Al liceo ho militato in un gruppo studentesco di ispirazione laica e riformista, “Azione e Libertà”, che si riuniva nella sede del Partito repubblicano (Travaglio definirebbe Ugo La Malfa “esponente di un movimento di destra”?).
4) è falso che io sia stato “adocchiato da Craxi”, che per questo sia diventato craxiano o che questo mi abbia procurato dei vantaggi nel Gruppo Fininvest. Non ho mai conosciuto Craxi ed è invece vero che l'ho votato, in alcune libere elezioni. In ogni caso negli Ottanta al Gruppo Fininvest si veniva assunti e si faceva carriera non per appartenenza politica ma per capacità.
5) non è vero che la campagna “Vietato Vietare” fosse “roba mia”: non ne ebbi infatti alcuna paternità né merito.
6) è totalmente falso che Canale 5, che allora dirigevo, sia stata “la portaerei che nel '94 lanciò Forza Italia”. È vero il contrario (come possono provare i palinsesti di quel periodo) e fu anzi proprio a causa della mia indisponibiltà nel mettere “a disposizione” la rete – accompagnata dalle analoghe e più autorevoli posizioni di Mentana e Costanzo – che mi scontrai in quei mesi con Berlusconi e sostanzialmente interruppi con lui i rapporti. La mia posizione, contraria a un uso politico della televisione, è chiaramente rappresentata in una mia ampia intervista sul Corriere della Sera del '94.
7) è vero che fui in prima linea nella campagna contro i referendum che nel '95 avrebbero strozzato Mediaset, ed è una scelta che rivendico, nella costante convinzione che il pluralismo si ottenga aprendo i mercati e non uccidendo le aziende.
8) è falso che qualunque rete da me diretta, finché sono stato a Mediaset, sia mai lontanamente stata “il braccio armato di un partito”. Anche qui, basta chiedere a Mentana che c'era. E poi credo che parlino i fatti, o meglio i titoli dei programmi trasmessi o varati in quegli anni: da Striscia la Notizia a Le Iene, da Mai dire Gol a Zelig, da Target a Moby Dick.
9) e veniamo ai giorni nostri: è falso che a Firenze, sul palco della Leopolda, non si sia parlato di giustizia e di mafia. Sul palco tra gli altri sono infatti saliti Aldo Pecora (il fondatore di “Ammazzateci tutti”), Maurizio Artale (Centro Padre Puglisi), Valentina Fiore (Cooperativa Placido Rizzotto), Giovanni Pagano (Centro Pio La Torre) e il successore di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso dalla camorra. Io ho parlato di televisione e, come è stato riportato, ho proposto un sistema di governance che tenga finalmente i partiti fuori dalla gestione della televisione pubblica. È vero che mi sono concentrato sulla Rai (proprio perché tv pubblica) ma sono certo che tra le cose che ho detto alla Leopolda ce n'è una che a Cologno Monzese non sarà sfuggita. Ho proposto, da subito, avendo la Rai ben 15 canali, di dividere nettamente le attività e i canali destinati al servizio pubblico (niente cose minoritarie), da finanziarsi solo con il canone, dai canali commerciali, da sostenere esclusivamente attraverso la raccolta pubblicitaria, ai medesimi indici di affollamento dei canali privati – per poi avviarli a privatizzazione. Ha in mente Travaglio quale sarebbe l'effetto ai fini di una vera concorrenza alle reti Mediaset?

È quanto. Io capisco che Matteo Renzi possa stare antipatico, e a maggior ragione lo posso risultare io, soprattutto da quando ho manifestato il mio sostegno al sindaco di Firenze. Ma questo non autorizza nessuno, neanche un giornalista che stimo come Marco Travaglio, a manipolare la mia biografia.


Giorgio Gori - 05 novembre 2011
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf

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Marco Travaglio risponde alla lettera di Giorgio Gori




"Caro Gori, sei stato al centro dell'ascesa di B."


Ringrazio Giorgio Gori per i toni civili della sua replica, ma soprattutto per i contenuti, densi di notizie succulente. 

1) Il file delle “100 idee” di Renzi è uscito dal computer di Gori, che ha addirittura lasciato la presidenza di Magnolia per seguire Renzi, ma Gori non conta: è solo uno dei tanti.
2) Gori ha diretto tutte e tre le tv di Berlusconi, poi Canale5, poi Italia1, poi di nuovo Canale5 fino al 2001, dunque il periodo precedente, cioè i primi sette anni di carriera politica di B. spalleggiato smaccatamente dalle sue tre reti, non contano (“qualche stagione”). Caduti in prescrizione?
3) Gori considera la stessa cosa dirigere una e/o tre reti di B. presidente del Consiglio o capo dell’opposizione, come ha fatto
lui, e fare un programma per le stesse reti di B., come fanno Ricci e Parenti e come hanno fatto Mentana, Santoro, Bignardi e Luttazzi. Io invece pensavo ingenuamente che chi fa un programma fosse responsabile solo del suo programma, mentre chi dirige una o tre reti fosse responsabile di tutto quel che mandano in onda quelle reti, compresi Sgarbi Quotidiani, Studio Aperto, altri telemanganelli e campagne “Vietato vietare” (capitanate peraltro dal piduista Costanzo, che Gori cita come fosse Che Guevara).
4) Da quando ha lasciato Mediaset, nel 2001, Gori non ha più potuto collaborare con Mediaset “perché non particolarmente gradito alla casa”, a parte “la produzione Camera Cafè e un paio di fiction”, cioè ha continuato a collaborare con Mediaset: perché particolarmente gradito alla casa?
5) Gori, studente al liceo Sarpi di Bergamo, era su posizioni conservatrici con la lista Azione e Libertà, collocata fra Pli e Pri, e naturalmente ciò va a suo onore. Se lui vede in una nota di cronaca una terribile critica, non so che farci.
6) Gori non ha mai conosciuto Craxi. E chi ha scritto il contrario ? Quando si spostò su posizioni craxiane, Gori andò a lavorare a TeleBergamo e poi confluì nel gruppo Fininvest, dove il padrone era craxiano e tutti i direttori di tg socialisti. Evidentemente dirigeva una tv craxiana sebbene fosse craxiano. E, sebbene Craxi vi fosse di casa, non gli capitò mai di incrociarlo. Pura sfortuna.
7) Nel ’94 Gori, direttore di Canale5, era “contrario all’uso politico della tv”: purtroppo le star della sua tv fecero campagna elettorale per Forza Italia, ma delle due l’una: o lui era molto distratto e non se ne accorgeva, oppure per sette anni fece dei cazziatoni tremendi a chi trasformava Canale5 nell’house organ di Forza Italia, ma nessuno se lo filò.
8) Nel ’94 Gori “interruppe i rapporti con B.”, tranne il 28 del mese, quando ritirava lo stipendio. Nel ’95 però rivendica di essere stato “in prima linea nella campagna contro i referendum che avrebbero strozzato” e addirittura “ucciso Mediaset”. Chi invece pensava che quei referendum fossero finalizzati al rispetto della sentenza della Corte costituzionale del '94 che imponeva a Fininvest di ridurre il numero di reti in base a un principio antitrust vigente in tutte le democrazie occidentali, si vergogni e arrossisca. Chissà che ne pensa Renzi, in proposito.
9) Sono felice che alla Leopolda qualcuno abbia parlato anche di mafia (io peraltro mi riferivo al fatto che non ne han parlato i personaggi più rappresentativi della convention renziana). Mi auguro che abbiano parlato anche di Dell’Utri, numero tre del gruppo di cui Gori ha fatto parte per 16 anni combattendolo dall’interno, e soprattutto in silenzio. O forse a sua (e nostra) insaputa.

Marco Travaglio - 05 novembre 2011
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf


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PS: non c'entra niente con gli articoli di cui sopra, ma continuiamo a farci una domanda:
Perché Travaglio rifiuta di proferire parola sul signoraggio?


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Commenti

Anonimo ha detto…
perché giocano sempre con le parole?
travaglio più che un giornalista sembra uno scrittore di finction
fdf ha detto…
Anche io ho una domanda.
Perché Travaglio si ostina a non dare la ricetta della bagna cauda?
Risponda oppure è un massone!!!!

P.S. Ma perché volete il parere di un incompetente in una materia che non tratta? Chiedetelo al Sole 24 ore perché non parla di signoraggio. Non a Travaglio.
Antonio Rispoli ha detto…
Una risposta alla domanda sul signoraggio: perchè Travaglio non è un economista e di signoraggio non ne sa un tubo. E poi perchè per parlare di signoraggio con chi fa questa domanda, o gli dai ragione sulle stronzate "auritiane", oppure devi essere ben ferrato per rispondere punto su punto su cosa è veramente il signoraggio e come sia solo un piccolo problema che ne evita uno catastrofico

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