Carcere per i giornalisti che pubblicano un'intercettazione? Roba da regime...

Prevedere il carcere per i giornalisti colpevoli di pubblicare un’intercettazione irrilevante è da regime fascista.

Capisco che in Italia, come altrove, la classe Politica più becera le escogiterebbe tutte, pur di oscurare l’informazione, ma purtroppo questa volta si è andato oltre l’immaginabile. Posso anche condividere che sia necessario riformare la pubblicazione delle intercettazioni, perché è giusta la scelta di voler tutelare la dignità, e la reputazione di ciascun indagato, fin tanto che non vi sia una prova certa della colpevolezza, ma è inaccettabile che i giornalisti possano finire in carcere soltanto per aver pubblicato un’intercettazione valutata, non so da chi, come irrilevante.
Gli scandali esistono perché la democrazia permette ai mezzi d’informazione di raccontare la realtà, qualsiasi sia il personaggio coinvolto. Con il ricorso alla pseudo minaccia preventiva si vuole esclusivamente intimidire la libertà d’informazione, perché l’irrilevanza di un’intercettazione è valutabile soltanto in un contesto più generale, e non dal singolo episodio. Soltanto i politici corrotti possono temere di vedersi intercettare le proprie conversazioni telefoniche, mentre quelli onesti non hanno niente da nascondere. Se qualche noto mafioso italiano ha escogitato l’uso del bigliettino (pizzino), pur di sopperire all’impossibilità di fare le proprie telefonate, analogamente anche i Ministri, e Parlamentari, potrebbero prenderne da esempio. Perché i cittadini italiani non possono conoscere la verità? Quando Berlusconi ebbe un colloquio telefonico con il faccendiere Lavitola, consigliando a quest’ultimo di non rientrare in Italia, lo abbiamo appurato soltanto grazie alla pubblicazione dell’intercettazione telefonica. E’ vero che il mandato d’arresto nei confronti di Lavitola è stato eseguito soltanto in seguito, ma è altrettanto insolito che il Presidente della Repubblica abbia per amici dei futuri indagati. Emilio Fede, Lele Mora, Nicole Minetti, Giampaolo Tarantini, Ruby Rubacuori, e altri ancora, sono stati rinviati a giudizio per il sospetto, della magistratura, di aver commesso dei reati, e rappresentano anche le imbarazzanti frequentazioni effettuate dal Premier in situazioni non del tutto cristalline. Non rammento che si sia verificato mai prima d’ora l’episodio di un Presidente del Consiglio che ha eseguito diverse telefonate, e soprattutto in tarda serata, a una non ben precisata Questura Italiana, perché pretendeva che una ragazza minorenne fosse rilasciata, e affidata alla custodia di una propria collaboratrice, nonostante quasi certamente si tratta di una prostituta, per di più denunciata per furto dalla propria coinquilina! Soltanto l’estate scorsa si è fatto un pandemonio mediatico per via della casa Monegasca di Gianfranco Fini, ipotizzando chissà quali illeciti commessi dal Presidente della Camera, mentre per tutto quello di poco chiaro che ha eventualmente commesso il Premier non si ode nemmeno un rimbrotto. Con lo spauracchio del carcere, previsto come toccasana per i giornalisti colpevoli di pubblicare qualcosa d’irrilevante ai fini del proseguimento delle indagini, ma vitale per l’opinione pubblica, si è messo un macigno, grande come un palazzo di dieci piani, sopra il diritto di cronaca. Appurare la verità terrorizza esclusivamente qualche Parlamentare, e Ministro, che teme di vedersi pubblicate le proprie malefatte. La censura preventiva non è mai un sinonimo di democrazia, nemmeno se può evitare qualche grattacapo mediatico alla peggior classe politica italiana dell’ultimo cinquantennio. Se non è un inno all’omertà, poco ci manca ancora, perché se occhio non vede, orecchio non ode, allora il cuore non duole, soprattutto quando per mestiere fai il Parlamentare, il Ministro, il Governatore, il Sindaco, il Presidente di Provincia, o il Presidente del Consiglio. Da oggi in poi la libertà d’informazione non è più di casa in Italia, perché il giornalista, piuttosto di rischiare il carcere, non vedrà, non sentirà, e non parlerà più dei reati ascritti alla classe politica, e non solo. Complimenti a chi l’omertà l’ha istituzionalizzata per disegno di legge.

In Fede Campagna Arcangelo




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