Armamenti, la super casta


Al costo di un cacciabombardiere F-35 si potrebbero realizzare 183 asili nido per settanta bimbi, stipendi per insegnanti compresi. L'Italia ne ha appena comprati 131: di cacciabombardieri, non di asili. Per non parlare del piano Eurofighter e dei sommergibili. Una per una, le cifre di un Paese che taglia su tutto ma non sulla guerra

Ottanta milioni di euro di spese militari al giorno, pari a 500 dollari pro-capite. Oltre 600 generali, 2 mila e 700 colonnelli, 13 mila ufficiali, quasi 26 mila sottoufficiali e ben 70 generali di corpo d'armata, più del doppio dei corpi d'armata: una massa sterminata di dirigenti con ricchi stipendi a guidare un numero sempre più esiguo di soldati. Una spesa per armamenti che cresce senza freni e non conosce crisi. Un sistema, quello dell'industria bellica nazionale, che è immune dai tagli della manovra. Se in Germania, la cancelliera Angela Merkel, ha ridotto, già dal 2010, le spese per armamenti di 10 miliardi, in Italia il governo non ne vede la necessità. 

Sono questi i dati che emergono dal dossier realizzato dalla Federazione dei Verdi. "Molto di più di quanto denunciato da padre Zanotelli", sottolinea il presidente Angelo Bonelli. "Perché secondo i documenti ufficiali, il volume finanziario complessivo a disposizione del ministero della Difesa è pari a 20 miliardi e 494,6 milioni di euro, nel 2011, a 21 miliardi e 16 milioni di euro, nel 2012, e a 21 miliardi e a 368 milioni di euro, nel 2013. Ma una parte consistente delle spese per l'acquisto degli armamenti è iscritta nei bilanci del ministero dello Sviluppo economico. A quanto ammontino i "fondi-stampella" dello Sviluppo economico le carte ufficiali però non lo dicono: sono circa 900 milioni per il 2011, rispetto ad almeno 1.200 milioni degli anni precedenti, secondo una stima che circola tra esperti della difesa". 

"Il governo" - denuncia Bonelli - "non ha pubblicato un quadro trasparente di tutta la spesa e a questi vanno aggiunti il miliardo e mezzo di tutte le missioni". Soldi quasi sempre investiti senza gare d'appalto in nome della sicurezza nazionale, alimentando così un sottobosco di subforniture e di contratti segreti. Il governo Berlusconi, in tempi di crisi drammatica, ha messo a budget l'acquisto di 131 nuovi cacciabombardieri Jsf/F-35, al modico costo unitario di oltre 114 milioni di dollari l'uno, ma non solo. 

L'elenco è ricco: l'ultima trance del programma per il caccia Eurofighter costerà all'Italia 5 miliardi di euro, senza considerare i 13 miliardi di euro già pagati. Poi ci sono gli otto aerei-robot Predator senza pilota da comprare per la cifra di 1,3 miliardi di euro. E ancora i 100 nuovi elicotteri militari NH-90 che peseranno sulle nostre tasche 4 miliardi di euro. 

E non manca la difesa via mare, con due sommergibili che saranno acquistati per 915 milioni e 10 fregate "FREMM" da ottenere per soli 5 miliardi di euro: quest'ultimo è l'unico programma silurato dalla manovra che ha "affondanto" quattro delle navi. 

Ma il capitolo più impressionante è quello della digitalizzazione: Forza Nec, una rete di comunicazione satellitare che unirà i mezzi di terra, mare e cielo in un solo network. Solo la progettazione costa 650 milioni, quanto alla spesa complessiva è stimata intorno ai 12 miliardi. Servirà mai a qualcosa? 

C'è chi sostiene che non siano spese ma investimenti, che creano un ritorno in occupazione qualificata e ricerca tecnologica. Ma in una stagione di tagli a servizi primari per i cittadini, questo bilancio bellico da superpotenza appare mostruoso. E se la nostra industria militare ha vissuto una stagione d'oro - con blockbuster sui mercati come il veicolo tattico Lince o l'elicottero d'attacco A-129 Mangusta - la cronaca giudiziaria racconta come i contratti abbiano alimentato un sistema di potere parallelo. 

Vicende come l'accordo panamense con sei pattugliatori navali "donati" a Panama grazie all'intercessione di Valter Lavitola nella sua veste di consulente Finmeccanica. Un regalo da cinquantina di milioni di euro che è stato prontamente inserito nelle maglie di due decreti per il rifinanziamento delle missioni all'estero. "A conti fatti, solo con la scelta di tagliare i nuovi programmi per l'acquisto di armamenti, si potrebbero risparmiare circa 43 miliardi di euro" fa notare Bonelli. E in effetti, con il costo di un solo cacciabombardiere F-35 si potrebbero realizzare 183 asili nido in grado di accogliere settanta bimbi, con stipendi per insegnanti compresi. Insomma un solo jet risolverebbe il problema delle liste di attesa negli asili nido solo a Roma o potrebbe garantire l'indennità di disoccupazione a 15.000 precari. 

"I Verdi stanno raccogliendo le firma su una petizione popolare per il taglio delle spese militari" annuncia Bonelli, perché "la politica non può continuare a far finta di non vedere che la spesa militare aumenta esponenzialmente mentre si tagliano le garanzie sociali." E l'invito, riprendendo le parole dell'amato presidente Sandro Pertini, è quello di "Svuotare gli arsenali e riempire i granai".

fonte: L'Espresso



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