PD: l’opposizione che fa pena(ti).


Prima di tutto, luoghi e persone. L’inchiesta della procura di Monza riguarda l’ex area industriale delle Acciaierie Falck, nel comune di Sesto San Giovanni. Un milione e mezzo di metri quadri  attorno ai quali si sono raccolti molti interessi e sono state corrisposte, secondo i magistrati, anche delle tangenti. Filippo Penati, esponente di spicco del PD lombardo e sindaco di Sesto San Giovanni dal 1994 al 2001, è stato iscritto nel registro degli indagati in seguito a quanto dichiarato dal costruttore Giuseppe Pasini:“Circa un anno fa, Pasini si è presentato spontaneamente alla Procura di Milano, denunciando di essere vittima di soprusi da parte di alcune amministrazioni locali”, afferma il suo legale Carlo Enrico Paliero. Il costruttore si è dichiarato concusso e ha fatto il nome di Penati, quindi gli atti sono stati trasmessi alla Procura di Monza, competente su Sesto.
Giuseppe Pasini racconta al Pm: ”Fino a due anni fa  ho pagato tranche tra i 20.000 e i 50.000 euro per un totale che si aggira sulle centinaia di migliaia di euro. La prassi era che, quando veniva rilasciata una licenza, Di Leva mi chiamava e mi diceva che la licenza o qualche altro atto a me favorevole era stato approvato, e mi invitava ad andare a bere un caffè. Io capivo che avrei dovuto portare qualcosa e preparavo in una busta dei contanti che consegnavo in Comune. Decidevo io l’importo in base alle mie disponibilità. Ricordo per esempio che due anni fa ottenni la licenza per la costruzione dell’edificio dell’Alstom Power nell’ambito dell’area Marelli e in quell’occasione gli ho dato circa 30-40.000 euro” (N.B. questa pare essere una bella storia bipartisan, il nome di più peso è quello di Penati, ma questo Pasini si è candidato nel 2007 a sindaco di Sesto San Giovanni per il centrodestra).


Oltre a Penati ci sono altre persone coinvolte, ma noi ci vogliamo concentrare sull’esponente democratico. Infatti, le accuse a suo carico sono molto pesanti: corruzioneconcussione efinanziamento illecito ai partiti.
Secondo l’accusa, sarebbero state corrisposte, o promesse, somme di denaro per agevolare il rilascio di alcune concessioni o per impostare secondo determinati criteri il Piano di governo del territorio. Per il pm Walter Mapelli sussistono «gravi indizi di colpevolezza» a carico di Penati e di Vimercati. Secondo gli investigatori, gli indagati non si sarebbero mai fatti pagare in contanti, ma estero su estero, attraverso la costituzione di società intestate a prestanome a cui sarebbero stati versati nel tempo i pagamenti. In 9 anni, Filippo Penati avrebbe ricevuto tangenti per 4 miliardi di lirepari a 2 milioni di euro.
Pare accertata anche l’esistenza di una associazione culturale, Fare Metropoli, che in occasione delle elezioni provinciali del 2009 avrebbe trasferito decine di migliaia di europrovenienti da alcuni finanziatori nelle casse del comitato elettorale di Filippo Penati. Il risultato? E’ impossibile risalire ai finanziatori del comitato a causa dell’interposizione dell’associazione culturale. Viva la trasparenza.
Sull’ Espresso fu riportata inoltre una mail inviata dall’imprenditore Pietro di Caterina, coinvolto anche nell’inchiesta ex Falck, a Filippo Penati e a Bruno Binasco (che sedeva nel cda di Fare Metropoli):“Signori, come a voi ben noto, il sottoscritto, nel corso degli anni, a partire dal 1999, ha versato a vario titolo, attraverso dazioni di denaro, a Filippo Penati, notevoli somme di denaro.”
Sì, d’accordo. Bisogna essere garantisti, bisogna cercare di non  farsi invischiare dal polverone mediatico che spesso distorce, aggiunge, talvolta inventa. Ma a leggere quanto sin qui uscito sul cosiddetto sistema Sesto, bisogna ammettere che le accuse che coinvolgono Filippo Penati  e alcuni dei suoi più stretti collaboratori sono gravi, circostanziate e desolanti nel far emergere il sottobosco di ricatti in cui quegli esponenti del Partito democratico (Pd) milanese si muovevano con cinismo e voracità. Ma non è solo una questione milanese. Penati è stato fino a pochi giorni fa capo della segreteria politica del Pd, ovvero il più stretto collaboratore di Bersani. Il caso diventa nazionale e investe tutto il partito.
Quello stesso partito – e proprio quest’anno è caduto il trentennale del famoso discorso di Enrico Berlinguer sull’argomento – che pose il problema della questione morale, del rapporto tra etica e politica, ma che, ancora un volta, colto con le mani nel sacco, ora ne subisce il contrappasso.
Ancor più stridente per chi ha sempre rivendicato e puntigliosamente difeso la propria supremazia morale, come se a sinistra fosse impossibile compiere atti illeciti o vagamente compromissori rispetto a una specchiata moralità.
Forse una possibilità di riscatto c’è ancora per il PD e la sua pretesa di costituire una alternativa politica credibile a Berlusconi. Sebbene a carico di Filippo Penati le indagini dimostrino l’esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione, gli episodi risalgono agli anni Novanta e agli anni dal 2000 al 2004. Quindi è scattata ormai la prescrizione.
Se è vero quanto sostiene lo stesso Penati, cioè se è davvero estraneo ai fatti, farebbe cosa moralmente giusta, giudiziariamente efficace (visto che esser assolti è cosa assai diversa dall’esser non punibili per intervenuta prescrizione) e politicamente alternativa se rinunciasse alla prescrizione. Il PD può essere credibile solo se sosterrà con i fatti il principio per cui in uno Stato di diritto ci si difende NEL processo e non DAL processo.




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