Milanese: «Provo disgusto per Tremonti»


Sei voti. Abbastanza per sciogliere la paura di finire in carcere. Ma non per cancellare l'amarezza. Dopo il verdetto della Camera che nega l'autorizzazione al suo arresto, Marco Milanese ha tirato un grosso sospiro di sollievo e accennato qualche sorriso. Poi, lo sfogo.
Ha confidato ai colleghi il «disgusto» per l'assenza in Aula di Giulio Tremonti, di cui era il fidato braccio destro («Non lo critico, era all'estero», ha poi corretto). Poi in un'intervista a Porta a Porta ha attaccato chi «nell'opposizione», voleva «rendere politica» la sua vicenda: «Non è corretto».
COSENTINO: «MARCO AVEVA LA MANO GELIDA». Milanese è apparso molto teso a chi verso le 9.30 lo ha incontrato a Montecitorio. Prima dell'inizio della seduta che lo riguardava ha chiacchierato con alcuni dei colleghi e stretto la mano di Gianfranco Fini stemperando la tensione con qualche battuta («Sono loro i più cattivi», rivolto a un leghista). Poi in Aula, ad attendere il verdetto, seduto nel suo scranno. «Aveva la mano gelida», ha raccontato Nicola Cosentino.
Milanese ha scelto di non parlare in sua difesa prima del voto, come invece aveva fatto Alfonso Papa. E la scelta si è dimostrata azzeccata: i 312 no (contro 306 sì) all'arresto hanno bloccato la custodia cautelare in carcere.
«DISGUSTATO» PER L'ASSENZA DI TREMONTI. Per l'inattesa assenza in Aula del ministro dell'Economia Tremonti Milanese si è sfogato con alcuni colleghi, cui si dice «disgustato», e anche con Silvio Berlusconi, che lo ha ricevuto subito dopo il voto. E quando il premier ha criticato con durezza l'assenza di Tremonti, Milanese ha detto di pensare del ministro «molto peggio» di lui.
Ma qualche ora dopo, nell'intervista che a Porta a porta, il giudizio del deputato del Pdl è stato di tutt'altro segno: «Non ho alcuna critica da muovere a Tremonti. Era all'estero, come Frattini, per rappresentare l'Italia. Io con il ministro Tremonti mi do del lei da sempre e non c'è alcun rapporto strano, finanziario, economico o opaco».
«L'INCHIESTA SU DI ME, UNA BEGA DI PAESE». Nel salotto di Vespa Milanese ha ribadito la sua verità e ribattuto alle accuse: «L'inchiesta che mi riguarda è una bega di paese diventata una cosa nazionale. Non ho mai avuto le mani libere sulle nomine. Mi sono solo limitato a vagliare quelle che venivano dal mondo politico», ha assicurato Milanese.
E sull'affitto della casa in via Campo Marzio, ha spiegato che Tremonti lo pagava «in contanti, perché era sua abitudine riscuotere lo stipendio a sua volta in contanti».
«UN VOTO POLITICO COME QUELLO SU PAPA». Quanto al voto della Camera sull'autorizzazione all'arresto, il deputato del Pdl si è detto sicuro che ognuno dei colleghi si sia espresso «secondo coscienza». Ma poi ha attaccato: «Qualcuno nell'opposizione ha tentato di rendere politico il voto. Credo che non sia corretto quando si tratta della vita di una persona». E quanto a Papa, arrestato a luglio, «il gioco politico c'è stato anche per lui. Bisognava pensarci prima».
Infine, una confidenza personale: «Al momento del voto ho pensato solo alla mia famiglia, alla mia compagna e a mia figlia che mi sono stati vicini. Ho pensato a quanto hanno sofferto e a quanto possono soffrire ancora perché quello di oggi è solo un passaggio».





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