Da nord a sud è emergenza per il sovraffollamento delle classi scolastiche


Le classi pollaio, una triste innovazione della scuola targata Maria Stella Gelmini. Aule affollate oltre limite di legge, con oltre 30 allievi. Un po’ in tutta Italia. Il record a Milano, all’Istituto professionale Bertarelli, con una quinta da 56 iscritti e una seconda da 44. Ma anche senza raggiungere questi eccessi, la casistica va oltre. A Roma al liceo scientifico San Francesco d’Assisi una terza conta 42 allievi. All’Istituto tecnico di Fontecchio, in provincia di Empoli, c’è una classe con 41 alunni. In questi giorni il quartiere di San Sisto, a Perugia, si protesta contro il preside della scuola “Grecchi”: sarebbe colpevole di aver formato tre classi composte da ben 37 scolari, “quando la normativa antincendio – fa notare uno studente – prevede che all’interno delle aule non ci dovrebbero essere più di 26 persone (insegnante compreso)”. Una situazione che ha indotto il Codacons a promuovere una class action davanti al Tar del Lazio. E nonostante il ministero dell’Istruzione abbia cercato di opporsi ricorrendo al Consiglio di Stato, il ricorso è stato ammesso e accettato.


Nei giorni scorsi il ministro Gelmini ha cercato di gettare acqua sul fuoco affermando le cosiddette classi pollaio rappresentano in Italia solo lo 0,6 per cento del totale. “In base alle legge – ricorda il Codacons – ogni alunno deve godere di uno spazio minimo di 1,80 metri quadri nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, di 1,96 metri quadri nella scuola secondaria di secondo grado. L’altezza minima delle aule deve essere di 3 metri”. Ma chi rispetta questi criteri? Dovrebbero essere i dirigenti scolastici i primi a tenerne conto. Ma la loro responsabilità spesso si scontra con gli uffici scolastici provinciali che, messi al corrente delle varie situazioni, intervengono d’autorità smembrando le classi che non raggiungono il minimo degli alunni richiesti e di conseguenza spostando questi alunni in altri corsi. Un’operazione micidiale perché ciò comporta non solo l’automatica creazione di classi pollaio, ma allo stesso tempo la rottura di tutti i rapporti tra compagni e con i docenti. Cambiano dunque gli insegnanti, cambiano i compagni, cambiano i metodi di apprendimento. E per di più quanto più le classi sono numerose, tanto più fatica l’insegnante e diminuisce la sua possibilità di seguire individualmente i suoi allievi. Una scuola in cui la didattica peggiora e il successo scolastico è più a rischio. Questa la qualità della scuola nelle classi pollaio della Gelmini.


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