Cellulari e tumori: lo studio Interphone

cell phone brain
La rapidissima e capillare diffusione dei telefoni cellulari a livello mondiale negli ultimi vent’anni ha spinto molti a preoccuparsi dei possibili effetti negativi sulla salute causati da una lunga esposizione alle radiofrequenze su cui i cellulari operano (dell’ordine del GHz).
È bene subito ricordare che in questo caso non abbiamo a che fare con radiazioni ionizzanti (capaci cioè di ionizzare gli atomi e le molecole con cui vengono a contatto), caratterizzate da una energia molto più alta (maggiore di circa 10 eV, corrispondenti a una frequenza di milioni di GHz) e potenzialmente causa di seri danni permanenti ai tessuti biologici.
L’unico effetto biologico accertato a oggi è il riscaldamento dei distretti corporei prossimi all’apparecchio, dunque principalmente l’orecchio e in generale la porzione di testa nelle vicinanze del telefono. Naturalmente tale effetto varia in base al numero e alla durata delle chiamate, alla distanza dal ripetitore più vicino, alla qualità di ricezione, all’uso o meno di auricolari ed altri fattori.


Ovviamente non è possibile escludere a priori altri tipi di effetti biologici sul medio-lungo periodo. Infatti, come evidenziato da questo blog della Public Library of Sciences, sono tuttora sotto investigazione da parte della comunità scientifica i possibili effetti dell’uso del cellulare sulla regolazione genica e l’espressione delle proteine, che influiscono direttamente sul meccanismo di riparazione del DNA e potrebbero dunque avere un ruolo nello sviluppo tumorale. Per questo, a partire dal 1999, una serie di studi epidemiologici ha cercato di fare chiarezza in questo campo, in particolare concentrandosi su un possibile aumento del rischio di sviluppo di tumori cerebrali.
Lo studio Interphone recentemente pubblicato ha preso in considerazione un campione di circa 6000 pazienti di 13 differenti nazionalità affetti da glioma o meningioma (due tra i più diffusi tumori cerebrali) e li ha sottoposti ad un questionario molto dettagliato concernente le abitudini d’uso del cellulare, possibili ulteriori esposizioni a radiofrequenze simili e altri fattori di rischio propri dei tumori in considerazione. I risultati sono stati poi confrontati con un campione di controllo composto da circa 7000 individui sani.
Il primo risultato che emerge dallo studio è una riduzione del rischio di tumore cerebrale in pazienti che facevano un uso “normale” del cellulare rispetto a coloro che non lo utilizzavano affatto. Questo effetto “protettivo” statisticamente significativo è tuttora sotto investigazione da parte degli epidemiologi, che sono alla ricerca di un nesso causale oppure di possibili fattori esterni di riduzione del rischio tumorale trascurati o non presi adeguatamente in considerazione.
È stato inoltre notato un modesto incremento di casi di glioma (e, in misura minore, meningioma) negli utenti situati nel 10% superiore del campione in quanto ad ore complessive di utilizzo (i cosiddetti “heavy users”). Tuttavia anche in questo caso gli studiosi restano scettici sulla possibilità di identificare una diretta causalità tra uso intensivo del telefono e sviluppo di tumori cerebrali. La ragione è che proprio in questa ristretta fascia di utenti si concentrano le maggiori probabilità di errore nella raccolta ed analisi dei dati (sovrastima dell’uso effettivo del cellulare da parte degli “heavy users”, ad esempio). Inoltre, se il nesso causale fosse alla base del dato osservato, avrebbe dovuto parallelamente manifestarsi un deciso aumento del tasso di incidenza di gliomi e meningiomi su base nazionale (ad esempio da 6 su 100.000 a 9 su 100.000 nel caso degli Stati Uniti), finora non osservato.
La terza evidenza emersa dallo studio è quella che sembra maggiormente rassicurante: in ognuno dei 13 paesi considerati non è stata infatti trovata nessuna relazione statisticamente significativa tra lo sviluppo di tumori cerebrali e il numero di ore passate al telefono quotidianamente o il numero totale di anni di utilizzo.
È bene sottolineare, in ogni caso, che lo studio Interphone non scrive certamente la parola fine sui possibili rischi sanitari associati all’uso del cellulare, principalmente perché basato su un fattore (l’esatta stima da parte del paziente della media di ore giornaliere passate al cellulare negli ultimi 10 anni) influenzato da ampi margini di errore. Inoltre l’intervallo temporale preso in considerazione (10 anni) potrebbe essere troppo breve per poter escludere possibili effetti di lungo termine, sopratutto nel caso del meningioma che si sviluppa in generale più lentamente del glioma.






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