Privilegi della Casta, come si giustificano i parlamentari
Stasera, hanno messo la firma sui soldi spesi l’anno passato e hanno approvato il preventivo di quelli messi in conto per l’anno in corso. Praticamente gli stessi, ma con l’alibi dello stop all’inflazione: se non fossimo intervenuti, spiegano, le spese del palazzo sarebbero aumentate. Due milioni di euro “risparmiati” dalla stretta sui viaggi dei deputati, il “contributo di solidarietà” sui vitalizi, la chiusura di un ristorante, lo stop agli affitti degli uffici di 180 parlamentari. Al Senato, si aggiungono tagli alle spese per la carta e i lavaggi auto, sforbiciata alle forniture di saponi e asciugamani. Risparmio totale: 0,34 per cento rispetto a un anno fa.
Prima di votare, però, Camera e Senato, hanno messo qualche puntino sulle i. Che ladri non sono, che non c’è nulla di cui vergognarsi a guadagnare 12 mila euro al mese, che i costi della politica sono un’assicurazione per la democrazia. Così, salvo qualche rara eccezione, i dibattiti in corso a palazzo Madama e Montecitorio sono una collezione di giustificazioni memorabili. Podio al deputato Pdl Lucio Malan: per spiegare il costo di un politico al contribuente arriva a fare il paragone con il prezzo di copertina del best seller di Rizzo e Stella, “La Casta”: “Colleghi – spiega in aula – La dotazione del Senato per il 2011 è di 526 milioni e 950.000 euro. (…) . Si tratta dello 0,05 per cento della spesa pubblica, 56 centesimi al mese per ogni contribuente. Insomma, l’intero Senato costa a un singolo cittadino molto meno di un decimo, forse un ventesimo dell’iscrizione al sindacato. Con il costo di una copia del libro La Casta un cittadino si campa l’intero Senato per quasi tre anni”.
Dal punto di vista matematico può anche darsi che regga, da quello comunicativo molto meno. Lo sa anche il Pd. Mentre Malan fa i conti al Senato, alla Camera il democratico Pierluigi Castagnetti dice: “Apprezzo le proposte fatte dal Collegio dei questori perché cercano di ridurre le spese in varie direzioni, imponendo sacrifici al lavoro della Camera e ai parlamentari. È assai probabile – immagina il deputato Pd – che tali misure vengano giudicate dall’opinione pubblica insufficienti non per una valutazione oggettiva, ma per un’aspettativa punitiva nei confronti del ceto politico sulle cui ragioni occorrerà riflettere piuttosto che respingerle come un fenomeno storicamente ricorrente e dunque prevedibilmente riassorbibile. No, cari colleghi, la cosa è seria, molto seria, e faremmo bene a non archiviarla frettolosamente”. Teoria condivisa (senza ipotesi di soluzioni) anche dalla Lega. Il deputato del Carroccio Giacomo Stucchi sa benissimo che sui tagli bisogna muoversi “con tutto il tatto che ci vuole”, perché le “proposte necessitano di uno studio approfondito” e di “tempi molto lunghi prima di poterle concretizzare”. Comunque qualche cosa si può fare, spiega, per esempio “giustificare la spesa di questa somma” (parla del rimborso ai collaboratori) “perché così togliamo anche quest’alibi all’antipolitica imperante in questo momento”.
Intanto al Senato Giuseppe Astore (ex Idv ora di Partecipazione Democratica) si sente “braccato, mi sento un accattone e non un parassita ma un parlamentare che ha inteso lavorare”. Se la prende con casa sua, con il Senato stesso: “Nessuno ci ha difeso con una conferenza stampa, con trasparenza, con un ufficio apposito in cui senza paura dire quale è la verità e quale la bugia, perché nessuno si vergogna di prendere 12mila euro al mese ma di benefit che si possono cancellare”.
Per il finiano Enzo Raisi è un “problema di informazione”. “Io, peraltro, faccio parte della categoria degli sfortunati, perché sono entrato nel 2001 e hanno cambiato le regole per il vitalizio – spiega ai colleghi della Camera – Una volta lo concedevano subito, ora si percepisce a 65 anni. Da quando sono qui hanno bloccato l’indennizzo e per due volte hanno ridotto lo stipendio; lo ripeto, per due volte da quando sono parlamentare in questi dieci anni, per tre mandati. Peraltro, questo nessuno lo sa, perché se uscite e chiedete alla gente se sa che il Parlamento – la Camera dei deputati, vorrei sottolineare anche questa differenza – ha diminuito per due volte lo stipendio dei parlamentari nessuno sa rispondere, anzi, vi chiederanno quando finalmente decideremo di ridurre il nostro stipendio”. E non ha nessuna remora, Raisi, a definirsi “becco e bastonato”, la versione emiliana del cornuto e mazziato. “Il massimo è stato la barberia, che noi paghiamo correttamente ma del quale tutti pensano che noi usufruiamo gratis (c’è anche questo problema di immagine): applica tariffe che, una volta viste, risultano essere più alte di quelle di mercato. Infatti, io non mi taglio mai i capelli qua dentro, ma vado dal mio barbiere che, per carità, è opinabile se mi tagli i capelli bene o male, però sicuramente costa meno, ed è un signor barbiere. Allora, mi dovete spiegare perché devo essere becco e bastonato”. Poi chiarisce il punto: “La gente fuori crede che io abbia il servizio gratis e in più lo pago molto più di quello di mercato”. Becco, bastonato, e pure senza parcheggio. Dice ancora Raisi: “Io sono un povero “peone”, come ce ne sono tanti qua dentro, però ho la mia macchinina che mi sono comprato dal 2001, una povera Smart (…). Qui basta essere presidenti di un comitatino qualsiasi e hai diritto all’utilizzo dell’auto blu. (…) Poi se si aggiunge che questi adesso parcheggiano anche dentro il parcheggio della Camera, sei “becco e bastonato” anche in quel senso, perché se non arrivi in tempo trovi tutto lo spazio di parcheggio occupato dalle auto blu”.
da Il Fatto Quotidiano
Condividi su Facebook
Commenti