138/11 del 13/8/11. L'apocalisse del diritto del lavoro


apocalipse_nowNon è un rebus o un enigma. Non è il titolo di un saggio di numerologia o l'inizio di un thriller in stile Dan Brown. Il primo è il numero del decreto legge lacrime e sangue emanato sotto dettatura della BCE dal Governo Berlusconi e la seconda è la data della sua approvazione. È solo una coincidenza, evidentemente una di quelle coincidenze che fanno nascere suggestive congetture basate su riferimenti astrali, calendari Maya, scritti di Nostradamus, cavalieri templari e logge massoniche. L'ultimo riferimento non fa ridere neanche un po', mi rendo conto.
È solo uno "slash" a rendere diversi numero progressivo e data di approvazione, un "/" inserito tra il 13 e l'8. Cosa vorrà dire? Quale significato recondito nasconde questa misteriosa barra obliqua? E che dire della ulteriore inquietante numerologica assonanza tra il 138/11 e il 183/10, il collegato lavoro di recentissima approvazione, genitore e precursore di questo nuovo mostro?
Certo, se non ci fosse da piangere si potrebbe continuare a scherzarci un po' sopra ma questi numeri sono drammatici e segneranno uno spartiacque nella storia del nostro paese ed in particolare verranno ricordati perché separano l'Italia ai tempi del diritto del lavoro dall'Italia ai tempi della dittatura dei datori dei lavoro.
Inutile ricordare che questo decreto contiene (questa è la notizia ufficiale così come riportata da tutti i media nazionali) misure straordinarie per risanare i conti pubblici e quindi, sotto varie forme, tagli alla spesa (in realtà tagli ai servizi e quindi ancora ai diritti), nuove tasse e misure di razionalizzazione delle istituzioni. Un capitolo del decreto, invece, si occupa curiosamente di modifiche strutturali e radicali all'impianto del diritto del lavoro italiano così per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 63 anni.
"Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo". Questo è il titolo del decreto 138/11 del 13/8/11. È un titolo che dice molte cose perché non potendo inserire le misure di cui tra poco parleremo nel novero delle misure per la stabilizzazione finanziaria dobbiamo, per esclusione, concludere che il Governo le abbia volute inserire tra quelle "per lo sviluppo". Il titolo terzo del decreto, infatti, si chiama "misure a sostegno dell'occupazione". Nei prossimi giorni analizzerò anche le altre norme ma per il momento mi limito al primo articolo di questo titolo terzo, l'art. 8, epicentro esatto del terremoto che sconvolgerà il mondo del lavoro, le relazioni sindacali e le tasche e le schiene dei lavoratori.
Come di consueto leggiamo la norma prima di commentarla.
"Art. 8 Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità
1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda possono realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove attività.
2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l'organizzazione del lavoro e della produzione incluse quelle relative: a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell'orario di lavoro;
e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio.
3. Le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unita' produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori."
Bene. Che significa?
Significa che il diritto del lavoro è scomparso. Tutti noi pensiamo ai diritti come qualcosa di universale, di valido per tutti. Se una norma disciplina il licenziamento limitandolo a soli tre casi, quella norma si applicherà a tutti i lavoratori. Se la conseguenza di un licenziamento illegittimo, così come prevede l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (che è una legge, la 300/70) è la reintegra del lavoratore nel proprio posto di lavoro, allora questo diritto vale per tutti. L'opposto del diritto è, appunto, il privilegio, il sopruso, la barbarie.
Ebbene ecco a voi il privilegio, il sopruso e la barbarie. Con questa bella leggina, infatti, in ciascuna azienda, in ciascun territorio, potranno essere approvati accordi tra le aziende e le rappresentanze sindacali aziendali o territoriali, che derogano a quei diritti validi per tutti che, quindi, diventeranno diritti diversi per tutti. Ci potranno essere aziende, ad esempio, che, ricattando le rappresentanze sindacali interne con i livelli occupazionali in tempo di crisi, otterranno il placet su accordi che prevederanno, in caso di licenziamento, unicamente un risarcimento del danno in favore del lavoratore limitandolo a poche mensilità, al posto della reintegra e del risarcimento. E per aziende diverse si potranno avere situazioni differenti per cui in una il lavoratore che ha subito il licenziamento illegittimo si prenderà tre mensilità di risarcimento, in un'altra 5, in un'altra ancora 8 a seconda della forza contrattuale della RSU o dei sindacati territoriali.
Questo schema, poi, si applica, come abbiamo letto sopra, anche alla possibilità di utilizzare sistemi audiovisivi (fino ad oggi fortemente limitato), alla conversione dei contratti precari in contratti subordinato a tempo indeterminato, alle mansioni (e quindi al divieto di demansionamento) e all'orario di lavoro (e quindi ai suoi limiti). Ci troveremo aziende dove un lavoratore sarà costretto a lavorare con strumenti tecnologici che ne misurano la produttività, mentre in altre questo sarà vietato, lavoratori che possono passare da inquadramenti direttivi a semplice manovalanze ed altre dove questo non sarà possibile. Ci saranno aziende dove l'uso del contratto a termine e del contratto a progetto sarà indiscriminato e dove in caso di contratti precari illegittimi la conseguenza non sarà più la trasformazione in contratto subordinato a tempo indeterminato ma altro, magari ancora una volta un banale risarcimento.
C'è da scommettere, poi, che le elezioni RSU, in un contesto come questo, saranno di grande interesse per le aziende le quali potrebbero avere la possibilità di ottenere maggioranze consenzienti attraverso il controllo dei sindacati di comodo.
Siamo transitati in un caldo pomeriggio di metà agosto, dalla repubblica fondata sul lavoro a quella fondata sulla forza e sul sopruso. Ovviamente, così come era successo per il collegato lavoro, nessuno alza una voce (forse sono tutti in ferie), nessuno mobilita niente, almeno con la forza e la serietà che questa tragedia meriterebbe.
Queste, dunque, sono le norme poste a sostegno dello sviluppo che nel nostro paese sono sempre state misure contro i lavoratori quasi che la crisi oggi fosse determinata dai privilegi degli operai e degli impiegati. Non vi sforzate di analizzare il resto del decreto perché quelle ridicole diminuzioni delle spese degli enti locali non verranno mai fatte (infatti si parla di efficacia nel 2018) e quei prelievi nelle tasche dei più ricchi in senato o alla camera verranno ridotte al niente. Come al solito c'è un piatto forte ed un contorno ed il piatto forte è quello che Confindustria ha chiesto a questo governo sin dal suo insediamento: il modello Pomigliano, la libertà di fare il proprio comodo in casa loro, nelle loro aziende. Il potere di stritolare i lavoratori per ottenere più profitto cancellando tutti i diritti conquistati in tanti anni di lotte e di progresso sociale.
Davvero non saprei come descrivere la stringente necessità che tutto il popolo italiano si indigni davvero per questo affronto senza precedenti, per questo attacco finale alla storia del diritti dei lavoratori, e si facesse sentire democraticamente e pacificamente con una voce tanto forte da stralciare queste norme da quel decreto tanto iniquo. Lo dico al popolo perché i partiti di sinistra hanno già scelto di far finta di non aver capito.







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