Due milioni di metri quadri di monnezza In Campania ora è disastro ecologico



L'allarme viene lanciato dall'ultimo rapporto Arpac. Il documento rileva macchie estesi di contaminazione invasa da oltre 17 milioni di tonnellate di rifiuti anche tossici e nocivi. L'agenzia ha individuato sette macro zone


La definizione tecnica è aree vaste. La traduzione è disastro ecologico. La Campania radiografata dal rapporto dell’Arpac, l’agenzia regionale di protezione ambiente, è un territorio con macchie estese di contaminazione. Il dossier è stato presentato da Antonio Episcopo, direttore dell’Arpac e da Marinella Vito, direttrice tecnica, durante le audizioni davanti alle commissioni anticamorra e bonifiche della regione. Le aree vaste individuate si ricavano dalla collocazione geografica dei siti potenzialmente contaminati inseriti in due elenchi.


Sono sette le macro zone individuate: “Nelle aree vaste – scrive l’Arpac – i dati esistenti inducono a ritenere che la situazione ambientale sia particolarmente compromessa, a causa della presenza contemporanea, in porzioni di territorio relativamente limitate, di più siti inquinati e/o potenzialmente inquinati”. Ogni area vasta presenta una scheda con il dettaglio dei siti, la presenza di inquinanti, lo stato degli interventi. Antonio Amato, presidente regionale della commissione Ecomafie e bonifiche, riassume i numeri del disastro: “Oltre due milioni e settecento mila metri quadri di territorio devastati, oltre 17 milioni e 400 mila metri cubi di rifiuti stimati, tra quelli noti, livelli di inquinamento che impongono un immediato intervento”.

C’è l’area vasta Masseria del pozzo nel comune di Giugliano, in provincia di Napoli, con la presenza nei siti censiti di rifiuti solidi urbani, tossici, nocivi e speciali. Non solo, nelle acque sotterranee si è evidenziata la presenza di manganese, ferro, piombo, benzene e altri inquinanti. Nei pozzi spia, discarica Masseria del Pozzo, superamenti dei livelli di “Ferro, manganese, azoto ammoniacale, idrocarburi totali, ammonio e fluoruri”.

Per ogni sito, la maggior parte discariche, c’è anche il dettaglio con lo stato delle attività di messa in sicurezza e bonifica. Ogni scheda con progetto annesso di ripristino ambientale si conclude con la stessa dicitura: non attuato. Tra i siti c’è l’area di stoccaggio Fibe Spa con 215 mila metri cubi di rifiuti solidi urbani, con il piano di caratterizzazione redatto, ma non attuato. Per molti siti, anche gestiti da mano pubblica, non sono state realizzate indagini e in molte discariche mancano anche i teli di copertura e di contenimento con fuoriuscita di biogas e percolato.

Cambiamo area vasta e la situazione è la stessa. Cittadini e colture che convivono con vere e proprie bombe ecologiche. Area Maruzzella, in provincia di Caserta. Non solo i buchi della camorra e dell’imprenditoria collusa. In questo caso i siti censiti hanno avuto tutti il controllo pubblico (consorzi o partecipate) o della Fibe Spa, la società di Impregilo che avrebbe dovuto realizzare il ciclo di gestione dei rifiuti in Campania. Ci sono ammassati circa 2 milioni e 900 mila tonnellate di rifiuti. In uno dei siti monitorati, nelle acque sotterranee si rilevano superamenti dei livelli di arsenico, ferro, manganese, idrocarburi, piombo così come nelle acque di falda: ferro e arsenico. Area vasta Pianura, ancora in provincia di Napoli.

Un quadro agghiacciante di contaminazione con la presenza di rifiuti speciali, tossici, nocivi, industriali nei siti monitorati. Nelle acque di falda i superamenti dei livelli di ferro, manganese, arsenico, nei suoli, invece: stagno e berillio. Completano le aree vaste quella di Lo Uttaro, Bortolotto, in provincia di Caserta, e Regi Lagni e Fiume Sarno ( che comprendono aree interprovinciali). L’Arpac scrive: “ Si tratta di aree particolarmente interessate dalla presenza contemporanea di due o più siti di smaltimento rifiuti, per le quali le diverse indagini effettuate nel tempo, principalmente sulla falda acquifera, hanno evidenziato situazione di contaminazione delle acquee sotterranee, potenzialmente correlabili ad una cattiva gestione dei siti presenti”.

Nel dossier si evidenzia lo stato di avanzamento degli interventi dei siti potenzialmente ‘contaminati’, censiti nel 2005. Su 2551 siti radiografati ( potenzialmente inquinati) solo su 519 ( il 20%) si registra, a settembre 2010, un avanzamento dell’iter procedurale. Su questi 519, 67 sono risultati non contaminati, i bonificati sono 5, quelli in corso di bonifica 3. Per intervenire servono risorse: “ L’anagrafe e il censimento – conclude Amato – dei siti inquinati in Campania, restituiscono una situazione drammatica e realisticamente, sarebbero necessarie oltre 4 finanziarie dello stato per realizzare una bonifica completa”.



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