Test di verginità alle manifestanti nel “nuovo Egitto”

Salwa Hosseini
Mubarak, l’anziano “faraone” egiziano, è stato detronizzato l’11 febbraio , ma i suoi eredi sono tutt’altro che migliori.
Per chi avesse ancora dubbi sulla deriva integralista della “primavera egiziana”, potrebbe essere utile sapere che Il 23 mar scorso, ad Amnesty International è stato chiesto di indagare sulle gravi denunce di torture ed umiliazioni subite dalle manifestanti il 9 marzo, all’indomani della Giornata Internazionale della Donna. Il fatto più eclatante è che queste donne siano state sottoposte a “test di verginità”. 
Una delle prime a rivelarlo è stata la 20enne Salwa Hosseini, parrucchiera. La ragazza, fermata al Museo egizio, ha riferito di essere stata legata, tenuta piegata al suolo, schiaffeggiata, sottoposta a scosse elettriche ed insultata: “prostituta”, l’hanno chiamata (e non solo lei).
Salwa, con un centinaio di manifestanti, anche uomini, era tornata nell’ormai celebre piazza Tahrir, per chiedere reali cambiamenti e riforme, ma tutto ciò non è contemplato dai militari del “nuovo Egitto”.
Dopo aver subito violenze sessuali e insulti di ogni genere, sono state arrestate 17 donne, tra le 200 circa scese in piazza, e portate al carcere di El- Heikstep, a nord-est del Cairo.
Salwa ha raccontato di essere stata costretta a spogliarsi completamente e perquisita da una secondina: il tutto in una stanza con due porte e una finestra aperte. I soldati sono pure entrati a scattarle delle foto e poi, un uomo “in giacca bianca” l’ha sottoposta, come altre arrestate, ad un “test di verginità”.
Quelle “trovate non vergini”, sarebbero state incriminate per prostituzione, con in più l’incombente, implicita minaccia di rendere pubbliche le foto scattate dai militari. Una di loro aveva detto di essere illibata, ma poiché l’esame avrebbe provato il contrario, è stata picchiata e sottoposta a scariche elettriche.
E’ noto quanto il valore della verginità sia ancora vivo nelle società islamiche, fino a diventare una vera e propria spada di Damocle sulla testa delle donne. 


“Volevano toglierci la dignità”, dice ora Salwa, condannata come altre (per “condotta disordinata, distruzione di proprietà pubblica e privata, ostacolo alla circolazione e possesso di armi”) ad un anno di carcere con la condizionale.
La ragazza definisce senza mezzi termini ciò che hanno subito lei altre 16 manifestanti come una forma di tortura.
Una giornalista arrestata, Rasha Azeb, ha detto ad Amnesty di essere stata ammanettata, picchiata ed insultata e di aver potuto sentire le grida di altre donne che venivano a loro volta torturate in carcere.
Il Consiglio supremo delle forze armate aveva già fatto le prime ammissioni dei fermi, ma negato gli abusi.
Invece, lunedì scorso, un generale  ha dichiarato dietro anonimato alla Cnn, che questi sono avvenuti davvero.
Tuttavia li ha difesi, dicendo che “le ragazze arrestate non erano come vostra figlia o la mia… Erano accampate in una tenda con manifestanti maschi in piazza Tahrir” (la promiscuità è vietata nelle società islamiche) “e abbiamo trovato lì dentro molotov e droghe”. I “test di verginità” avevano uno scopo ben preciso: “Non volevamo che dicessero che le avevamo molestate sessualmente o stuprate, per cui volevamo dimostrare che già non erano vergini”. E ha concluso: “Nessuna di loro lo era”.  Che siano dunque state tutte stuprate?
Notare anche il fatto che venga considerato insignificante lo stupro, se una donna o una ragazza non è più vergine. La stessa logica perversa per cui, in Iran, viene chiesto il certificato di verginità e, prima di giustiziare una vergine, la poveretta subisce uno stupro rituale, nella speranza di negarle il Paradiso, in quando non più illibata.
Attivisti dei diritti umani e delle donne in particolare, hanno chiesto ulteriori indagini. C’è chi ancora insiste a negare ciò che è ormai evidente e un alto ufficiale ha smentito la Cnn, ammonendo: “I media siano più precisi prima di pubblicare accuse che macchiano il nome delle forze armate”.
Tuttavia gli Stati Uniti si dicono preoccupati per la libertà di stampa in Egitto e accusano l’esercito di voler censurare i mezzi di comunicazione. Un blogger è stato arrestato e condannato a 3 anni di carcere, proprio per “offesa alle forze armate” e diversi giornalisti ed attivisti hanno subito interrogatori. Tra loro il blogger Hossam Hamalawy, che in tv aveva detto: “Come Mubarak non è andato in tv a sparare personalmente ai manifestanti, ma stiamo cercando di processarlo per averli uccisi, così il generale Hamdy Badeen è responsabile per la polizia militare, che ha commesso dei crimini”.
Nuovi casi di maltrattamenti e torture sfuggono via web alle maglie della censura e vengono esaminati da organizzazioni per i diritti umani. Queste non vogliono soltanto la “testa” del ex raìs e dei due figli, che saranno processati il 3 agosto, ma desiderano un Egitto veramente “nuovo”.   






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