Emergenza galere, ci risiamo


Le misure alternative alla detenzione (tipo arresti domiciliari o inserimento in comunità per i tossicodipendenti) sono diminuite del 75 per cento dal 2005 a oggi: esattamente il contrario di quello che si dovrebbe fare


Come sempre, arriva l'estate e le carceri diventano invivibili. Ma quest'anno il sovraffollamento è oltre ogni limite. E il trattamento dei reclusi è inumano. Eppure basterebbero un paio di buone leggi per far finire questa vergogna


Sull'emergenza carceraria sono finite le parole, le abbiamo spese tutte. D'altronde quando un'emergenza dura tutto l'anno, quando peggiora di anno in anno, perché parlarne, sarebbe come lamentarsi della pioggia. Restano le parole della Costituzione: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità". Con questa formula icastica la Carta del 1947 scolpisce un principio di civiltà giuridica. O forse di civiltà senza aggettivi, giacché per misurarla - disse una volta Gladstone - basta visitare le galere di ogni Stato. Peccato che in Italia la Costituzione non sia una cosa seria... E allora meglio far parlare i numeri, meglio l'eloquenza fredda delle cifre.

Il tasso di sovraffollamento ha toccato il 149 per cento, un picco mai raggiunto prima. Peggio di noi, in Europa, soltanto Cipro e Bulgaria. Significa 22 mila detenuti in più dei posti letto. Significa che nessuno ha uno spazio di 7 metri quadrati, come promettono - di nuovo - le parole della legge. Significa che il 41 bis, il carcere duro, non castiga 690 supercriminali (un altro record), ma in realtà l'intera popolazione carceraria. Da qui la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ci ha condannato per il reato di tortura. Da qui le proteste che divampano dentro i penitenziari (6.626 detenuti in sciopero della fame nel 2010). Ma da qui inoltre i suicidi (55 l'anno scorso, già 23 quest'anno), i tentati suicidi (1.137), gli atti di autolesionismo (5.703). Per forza, quando devi metterti in fila per dormire, quando a Poggioreale - per fare un solo esempio - le celle restano chiuse a chiave 22 ore al giorno.

Questa sciagurata condizione tradisce un'altra garanzia costituzionale: la funzione rieducativa delle pene. Difficile applicarla, quando sull'assistenza psicologica lo Stato spende 8 centesimi al giorno per ogni detenuto, e sulle attività culturali 11 centesimi. Quando la spesa giornaliera pro capite cala dal 2007 e nel frattempo la polizia penitenziaria è sotto organico (a Caltagirone, per carenza di personale, hanno dovuto chiudere l'infermeria). E infatti il 67 per cento dei detenuti italiani torna a delinquere di nuovo. Chi sono? Immigrati e tossicodipendenti: insieme sommano i due terzi della popolazione carceraria. Svuotando così un'altra promessa dei costituenti: quella d'eguaglianza. Ma non c'è eguaglianza se la giustizia s'accanisce sui più deboli, mentre 170 mila processi l'anno vanno in prescrizione, per chi ha quattrini da offrire agli avvocati.

Eppure il ministro Maroni si compiace dell'efficienza del sistema repressivo, dimostrata per l'appunto dall'onda umana che trabocca nelle celle (10 mila nuovi detenuti dall'inizio della legislatura). E allora metteteci in galera tutti, così sarete ancora più efficienti. Eppure il ministro Alfano mena vanto perché il suo governo, a differenza del governo Prodi, non ha concesso amnistie. Dimenticando che nel 2006 quel provvedimento fu votato anche da Forza Italia, e quindi da lui stesso. Ma l'amnistia è diventata ormai un tabù, fa perdere voti. Non osano parlarne neppure i politici cattolici, quelli che nel 2002 applaudirono papa Wojtyla in Parlamento, mentre chiedeva un gesto di clemenza per decongestionare carceri meno affollate di quanto siano adesso. I nostri parlamentari si limitano a votare mozioni generiche e impotenti, come il 18 maggio scorso. Giusto per lavarsi la coscienza.

Ma dopotutto non c'è bisogno di rimedi estremi. E non basteranno i miracoli edilizi, come il "piano carceri" (ha aggiunto fin qui 1.265 posti, mentre i detenuti aumentavano del doppio). Semmai basterebbe smetterla di tendere i bicipiti, correggendo una legislazione feroce e improvvisata, che incrudelisce per inseguire l'ultima emozione collettiva. Basterebbe temperare le leggi sugli immigrati e sulla droga, che alimentano il sovraffollamento per due terzi. Rafforzare le misure alternative al carcere (sono calate del 75 per cento rispetto al 2005). E in conclusione depenalizzare, dato che a quanto pare abbiamo in circolo 35 mila fattispecie di reato. Cifra ufficiosa, però mai smentita ufficialmente. Magari potremmo cominciare da lì: chiedendo al governo di contare i reati, anziché i detenuti.
michele.ainis@uniroma3.it





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