Le armi della disinformazione contro Damasco

Informazioni che vengono poi accuratamente selezionate: pubblicando solo quelle che parlano di proteste oceaniche, guerriglia nelle strade, di stragi ingiustificate e chi più ne ha più ne metta, scartando invece quelle che raccontano di poche centinaia di persone per le strade, di una situazione sostanzialmente tranquilla scossa solo da gruppi armati che sparano indiscriminatamente su folla e polizia. Ignorate dalla stampa asservita persino le dimissioni del responsabile della comunicazione di al Jazeera, che ha lasciato il proprio incarico poiché l’emittente del Qatar si è trasformata “centrale operativa per l’incitamento” che decuplica il numero delle possibili vittime.
Sarà difficile però ignorare questa volta le dichiarazioni del vescovo caldeo di Aleppo, Antoine Audo, secondo il quale i media occidentali stanno esagerando la situazione.
“Questa non è informazione obiettiva, bensì manipolazione dell’informazione – ha affermato il prelato in un’intervista al periodico Terra Santa – in generale il popolo siriano è molto calmo. Non vuole la distruzione del Paese. Crediamo che le riforme siano possibili e che il presidente e il governo stiano lavorando in tal senso… qui i cristiani sono il 10 per cento della popolazione e stanno tutti dalla parte del presidente Assad. Quelli che manifestano vengono da fuori. Sono prezzolati e asserviti a interessi stranieri”. Parole che dovrebbero far riflettere tutti i detrattori, ma ancor di più i giornalisti che continuano a prendere per buone notizie non provate di seconda, terza o addirittura quarta mano, fornitagli da completi sconosciuti contattabili solo attraverso lo schermo di un computer.
“È molto facile che altri gruppi manipolino i movimenti estremisti. Ma, come dicevo, il 90 per cento della popolazione ama il nostro presidente e sta con il governo, come ha sempre fatto negli ultimi 20-40 anni”, ha poi spiegato Audo commentando la possibilità che fazioni islamiche radicali possano approfittare della situazione per insediarsi nel Paese.
“Fino ad oggi non avevano attaccato nessuno, ma dopo aver sopportato per un mese l’assassinio di poliziotti e soldati e l’aggressione a istituzioni ufficiali, credo che la polizia avesse il diritto di entrare in azione e unicamente come autodifesa, non mossa dall’intento di attaccare o uccidere persone. Possiamo affermarlo con obiettività”, ha invece spigato all’intervistatore che gli chiedeva chiarimenti sull’intervento delle forze armate contro i manifestanti e le presunte repressioni.
Rispondendo poi alla domanda se la Siria, dopo le dichiarazioni riguardanti un possibile intervento armato del presidente francese, possa subire la stessa sorte della Libia, il vescovo ha detto: “Il paragone è difficile in termini di istruzione e apertura mentale. Non conoscono bene la Siria. Come ho già detto, qui c’è una grande diversità etnica e religiosa. E poi è spiccato il senso di patriottismo. I siriani amano il proprio Paese. Noi non siamo una società basata sui clan tribali, come la Libia”.
Infine rispetto alle invocazioni alla democratizzazione della Siria fatte da più parti il vescovo Audo ha ricordato che “ogni Paese ha la propria strada verso la democrazia. Dagli Stati Uniti abbiamo ascoltato molte parole su democrazia e libertà in Iraq, ma poi abbiamo visto bene gli esiti della democrazia e delle libertà americane in un Paese distrutto”. Chissà se queste parole saranno quantomeno prese in considerazione dal buon Frattini, o dal suo omologo francese Juppé, o dai media occidentali, oppure se questi continueranno a concentrarsi sulle assurde cifre degli attivisti senza volto che in soli due giorni hanno fatto salire il numero dei presunti arrestati e “desaparecidos” da cinquecento a ottomila.
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