Gaza, chi coltiva muore sotto il fuoco dei cecchini

Prima della seconda Intifada qui venivano coltivati angurie e meloni, c'erano alberi da frutto ed olivi. "Venivamo qui a fare barbecue, festeggiare e rilassarci... le jeep israeliane passavano in lontananza ma non ci disturbavano, ci lasciavano in pace." racconta Akhmad. Oggi gli alberi sono stati sradicati, le piante distrutte. L'unica cosa che si riesce a coltivare, perché non richiede attenzioni continue, è il grano. Però anche il grano necessita di diverse ore di lavoro per essere raccolto, ed i cecchini si divertono a terrorizzare i contadini in queste ore. L'otto di maggio sui campi oltre agli attivisti erano presenti inizialmente otto agricoltori, per lo più donne, ma anche un bambino di 13 anni ed una bambina di 7 anni, tutti fratelli e sorelle di una delle famiglie anNajjar residenti nel villaggio. Stavano nei loro dicei dunum di terra raccogliendo il grano giallo oro in diverse fascine, quando anche i vicini, svegliatosi, hanno pensato che la presenza di attivisti (stranieri e non) potesse proteggerli nel lavoro, e hanno deciso si allontanarsi più del solito per raccogliere erbe da dare a mangiare agli animali. Dove finiscono i campi di grano il terreno è incolto e solcato da dune e fossi causati dai bulldozer israeliani, crescono cespugli spinosi e piccole piante che sembrano secche, ma che sono un buon mangime per asini e pecore. Una donna chinata a raccogliere queste erbe alza il volto, allunga il braccio e punta il dito verso una duna a poche decine di metri: "La vedi quella terra li? Quella terra è mia e non ci posso andare." E dalle torrette, le forze di occupazione israeliane non hanno tardato a ricordare chi ha il potere di decidere quali terre possano o no coltivare questi contadini: si sono uditi degli spari in aria, divisi in due raffiche tra le 7.40 e le 8.30. Prima delle 9, improvvisamente e senza preavviso, tre proiettili sono atterrati a cinquanta metri o meno da chi stava lavorando la propria terra. Quando qualcuno spara in aria si sente solo un colpo, ma se il proiettile viene nelle tua direzione è possibile sentire il sibilo, ed il colpo dell'atterraggio. Il terreno era sabbioso e dopo i sibili si sono levate tre nuvole di polvere. Vicine, troppo vicine a un gruppo di quasi venti civili che lavorava in maniera pacifica. Qualche decina di minuti dopo un uomo, inviperito, interrompe la sua raccolta dell'erba per gli animali e indica al di là del confine, dove un trattore sta arando un terreno: "Guarda, gli israeliani possono coltivare indisturbati. Noi, invece, se usciamo qui fuori ci sparano contro!".

Dalle torrette di controllo hanno sparato verso le 7.30 e verso le 8, il movimento di jeep e carri armati al di la del confine si cominciava a fare insistente. Il terzo giorno jeep e carri armati hanno continuato a spostarsi incessantemente, alzando nugoli di polvere in quella terra che oggi è riconosciuta come israeliana. Gli spari non sono mancati. Un uomo ci ha spiegato: "tutti i giorni le jeep israeliane si spostano e fanno i loro balletti al di la della rete. Tutti i giorni sparano. Però quando c'è presenza di internazionali sparano un po' meno." Khuza'a è un villaggio di contadini che si trova al sud della striscia di Gaza, nel governatorato di Khan Younis. Il centro di Khuza'a si trova a circa un chilometro dal confine, mentre circa l'80 percento delle terre coltivabili (per un totale di duemila dunam) si trova in aree dove è alto il rischio di essere colpiti dai proiettili israeliani o in zone in cui l'entità sionista ha unilateralmente proibito l'accesso, la cosiddetta "buffer zone".


da Gaza per PeaceReporter
Silvia Todeschin
Condividi su Facebook
Commenti