Libia, l'agonia di Misurata - La testimonianza
Alfredo Bini, fotogiornalista, dopo oltre due settimane a Bengasi, è riuscito a raggiungere Misurata. Al telefono da Malta, dove si trova adesso, racconta a Peacereporter cosa accade nella città libica, stretta tra Tripoli e Sirte.
Qual è la situazione a Misurata?
E' abbastanza pesante, per non dire drammatica. La città è sotto assedio e l'impatto sulla popolazione civile è difficile da descrivere. E' divisa in due. Le truppe di (Muhammar) Gheddafi in parte sono già entrate, si sono raccolte tra Tripoli Street e Bengasi Street, due vie che sono una sorta di linea del fronte che attraversa Misurata, con i ribelli asseragliati nell'area a ridosso del porto, che al momento è ancora sotto il loro controllo.
In che condizioni sono le forze ribelli?
Non hanno mezzi. Questa cosa mi ha colpito molto. Non hanno armi né munizioni. Nella parte di città che controllano, si trovano postazioni e check-point ma non sono guardati da uomini armati, come invece accade a Bengasi. A Misurata, i ribelli di guardia hanno al massimo bottiglie molotov o coperte imbevute di petrolio, da tirare contro i carrarmati, se questi dovessero avanzare. In alcuni quartieri, poi, si sono appostati i cecchini di Gheddafi. Se gli insorti tentano una timida controffensiva, vengono respinti a colpi di cannone. C'é una evidente sproporzione delle forze in campo.
Prima accennava alla popolazione civile.

Ma i raid della Nato non hanno allentato la morsa del regime?
No, direi di no. I caccia non bombardano perché i mezzi militari libici sono sistemati a ridosso delle case e i comandi militari sanno che rischierebbero di colpire anche i civili. I ribelli sono molto nervosi. Non si spiegano perché gli occidentali non stiano intervenendo, perché non facciano nulla.
Quali e quante sono le forze che la stanno assediando? Sono uomini della famigerata 32esima Brigata o mercenari?
Da quello che sono riuscito a capire, in città sarebbero entrati cinque o sei carrarmati libici e più una cinquantina di cecchini. Fuori, sono appostate una trentina di postazioni d'artiglieria pesante. Questo dicono i ribelli. Per quanto riguarda l'identità degli assedianti, si tratta - sono sempre fonti vicine agli insorti - di mercenari. A me hanno mostrato il video di alcuni cecchini che sono stati stanati, portati in strada e decapitati. Non hanno tratti libici, si vede che sono soldati di altri Paesi ma se gli uomini che assediano Misurata siano tutti e solo mercenari, non lo so. L'ex ministro del Petrolio, con cui ho fatto il viaggio da Tripoli a Roma, prima di tornare sempre via nave a Misurata, mi ha detto che a Gheddafi sono rimasti solo miliziani stranieri.
Misurata, stando alla sua testimonianza, sembra una città che non sia in grado di resistere ancora a lungo.
Gheddafi potrebbe espugnarla molto facilmente, anzi, mi sorprende che non lo abbia ancora fatto. I ribelli, come dicevo, non hanno armi, non sono soldati professionisti. Sono cittadini normali, alcuni dei quali tornati dall'estero. Sono idealisti e molto incoscenti. Né hanno un'idea dell'entità delle forze contro cui stanno combattendo. Mi chiedo perché la coalizione prima e la Nato oggi non metta al sicuro i seimila disperati ammassati nel porto. Basterebbe fermare i pattugliamenti delle navi libiche, e mettere in campo elicotteri che sorveglino l'aerea e scoraggino attacchi di mortaio. Potrebbero farlo facilmente, anche perché sono già presenti nell'area. Quando sono ripartito da Misurata, una fregata francese prima, e un mezzo navale italiano poi, hanno chiesto alla nostra nave di identificarsi, ed eravamo a un paio d'ore di navigazione dalla costa. Subito dopo è arrivata una richiesta analoga da una terza nave militare.
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