Il primo «effetto collaterale» della guerra contro la Libia
La Russia, sentendosi minacciata dal fatto che gli Usa impiegano in questa guerra armamenti strategici, vara un programma di riarmo nucleare.
Quella contro la Libia, che il presidente Napolitano definisce non una guerra ma un’operazione dell’Onu, sta già provocando un pericoloso «effetto collaterale». Il primo ministro russo Vladimir Putin, premesso che quello libico non è un regime democratico e che la situazione è resa complessa dalle relazioni tribali, ha definito due giorni fa la risoluzione del Consiglio di sicurezza una sorta di chiamata medioevale a una crociata per giustificare una aggressione dall’esterno, col pretesto di difendere i civili: Ha quindi detto che – dopo gli attacchi aerei Usa contro Belgrado, poi contro l’Afghanistan e l’Iraq e ora contro la Libia – questa sta divenendo una «tendenza stabile nella politica statunitense». E ha concluso: «Ciò conferma che la Russia fa bene a rafforzare le sue capacità di difesa». Alle parole sono seguiti subito i fatti.
Ieri il ministero russo della difesa ha annunciato che doterà quest’anno le forze strategiche di altri missili intercontinentali, 36 balistici e 20 da crociera, e di altri due sottomarini nucleari. Con uno stanziamento pari a 665 miliardi di dollari per il 2011-2020 saranno acquisiti: 5 veicoli spaziali, 21 sistemi di difesa missilistica, 35 bombardieri, 109 elicotteri da attacco, 3 sottomarini nucleari e una unità di superficie. Nel 2013 gli scienziati russi svilupperanno un nuovo missile balistico intercontinentale con base a terra e la produzione di missili sarà raddoppiata con un investimento pari a 2,6 miliardi di dollari.
Saranno in particolare sviluppati i missili balistici per i sottomarini da attacco nucleare. Quest’anno verranno effettuati altri test del missile Bulava, che sarà installato sui nuovi sottomarini strategici della classe Borey. Un singolo sottomarino può lanciare 16 missili nucleari, con gittata di 8-10mila km, ciascuno dei quali rilascia fino a 10 testate multiple indipendenti. Ha quindi una capacità distruttiva quasi pari a quella del sottomarino Usa della classe Ohio, armato di 24 missili Trident a testate multiple. Il Bulava, come il missile balistico con base a terra da cui deriva, è progettato per forare lo «scudo anti-missili» che gli Usa stanno sviluppando a scopi offensivi (darebbe loro la capacità di neutralizzare la ritorsione dopo aver colpito per primi): insieme alle navi da guerra contro la Libia hanno schierato nel Mediterraneo le prime unità della componente navale dello «scudo», le navi lanciamissili Monterey e Stout. Il Bulava può compiere manovre eversive e rilasciare false testate per evitare i missili intercettori.
La guerra contro la Libia sta dunque provocando una accelerazione nella corsa agli armamenti nucleari. Soprattutto perché essa viene usata dal Pentagono quale banco di prova per armamenti strategici, come i bombardieri stealth B-2 Spirit da attacco nucleare che, partendo dagli Stati uniti, vanno a colpire gli obiettivi in Libia con armi non-nucleari, esercitandosi così, in una azione bellica reale, a un eventuale impiego in una guerra nucleare. In tal modo il nuovo trattato Start tra Usa e Russia, appena ratificato, viene nei fatti vanificato.
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