Omosessualità? Il monsignore a Genova la estirpa
Il monsignor Paolo Rigon, Vicario Giudiziale della diocesi di Genova si è espresso così a margine dell’apertura dell’anno giudiziario del tribunale ecclesiastico regionale ligure:
«L’omosessualità se presa dall’inizio si può superare, ma bisogna prenderla dall’inizio, cioè dal momento che ci si rende conto del problema. Come? Attraverso psicoterapia. [...]. Il nostro consultorio familare affronta parecchie volte questo tema e ci riesce anche. Quando purtroppo l’omosessualità è incancrenita è difficile estirparla».
L’omosessualità, durante lo svolgersi della storia occidentale moderna e contemporanea, è stata inscritta forzosamente in molte categorie. Le teorie sulla differenziazione dell’orientamento sessuale si sono susseguite incessantemente, sono molteplici e variegate e sarebbe impossibile riassumerne in questa sede evoluzione e sviluppi. Vi sono state teorie biologiche e sociali, comportamentali, psicoanalitiche e ognuna di esse, a vario titolo, ha oggettivizzato la persona omosessuale in modo diverso, ricercando cause e ragioni di questa “condizione”.
Dal 1994 l’omosessualità non occupa più alcuna casella diagnostica del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali). L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto propria questa posizione dando il via, finalmente anche sul piano scientifico, al depotenziamento della criminalizzazione, colpevolizzazione e medicalizzazione dell’omosessualità. Questo movimento virtuoso è tutt’ora in atto e si sta trasferendo, con velocità varie da Paese a Paese, nella conquista progressiva di una parità giuridica, sociale e dei diritti.Le parole del monsignor Rigon non possono arrestare di certo questo movimento virtuoso verso l’allargamento progressivo e inclusivo di tutte le categorie sociali che sono ancora colpevolmente prive di pari diritti. Si tratta di un tentativo disperato di mantenere fermo il punto mentre tutto il resto intorno gira; una reazione antimoderna, miope, antidemocratica.
Ciò che però è bene sottolineare, perché nella notizia non rischi di passare inosservato, è il riferimento del monsignore al consultorio familiare nel quale, attraverso la psicoterapia, l’omosessualità viene “estirpata”. Questo fatto, e la possibilità economica che la Chiesa Cattolica esprime nella costruzione e nel mantenimento di questo tipo di strutture è molto grave. Mentre i consultori familiari laici, sostenuti dal Sistema Sanitario Nazionale, subiscono gli effetti della crisi economica e vengono chiusi, strutture omologhe, religiose, si avvalgono di un vantaggio competitivo che crea, di fatto, una inquietante sperequazione.
Che la Chiesa abbia da sempre costituito un’istituzione antiscientifica e che continui a farlo non sorprende dai tempi in cui Galileo esclamava “eppur si muove!”.
Che però questo possa portare a un monopolio, di fatto, dei consultori familiari della Chiesa, prefigura invece uno scenario orwelliano, nel quale oltre a sottrarre agli individui il diritto di esprimere se stessi (in termini di orientamento sessuale), si potrebbe innescare una contro-storia, nella quale i diritti che intendiamo estendere rischierebbero di essere progressivamente ritirati anche a chi già li esercita. Metodi anticoncezionali, interruzione chirurgica della gravidanza, uso della pillola abortiva RU486 costituiscono metodiche ammisibili in un consultorio familiare gestito dalla Chiesa?
Un consultorio familiare religioso è un ossimoro, oltre al rischio che corre di essere anticostituzionale.
Condividi su Facebook
Commenti