Nucleare e terremoto: Alla luce del disastro giapponese, i rischi per l'Italia.

Nel Paese del Sol Levante a causa del terremoto e dello Tsunami le centrali atomiche vicine alla costa orientale di Honshu vengono chiuse per cautela. Il reattore di Fukushima desta le maggiori preoccupazioni e il fantasma di un disastro nucleare, che in teoria potrebbe aggiungersi a quello sismico, spaventa le autorità nipponiche.
Tuttavia l’allarme non può non far riflettere anche l’Italia, che come il Giappone convive con l’eterna minaccia dei terremoti e, dopo il referendum del 1987 e l’abbandono dell’atomo, ora sta tentando di rilanciare un piano per la costruzione di quattro impianti.
CENTRALI IN ITALIA. Il progetto Enel si basa sulla tecnologia francese Epr di terza generazione e dovrebbe costare complessivamente 18 miliardi di euro. Secondo l’ultimo crono-programma del governo, la prima centrale da 5 miliardi potrebbe essere attiva a partire dal 2020, ma ogni scetticismo al riguardo è lecito, vista la carenza di risorse e i ritardi che già si sono accumulati in fase di avvio.
I sostenitori del ritorno al nucleare dicono che lo spettro di Chernobyl è ormai lontano e che le nuove tecnologie sono più sicure. Inoltre l’energia nucleare è pulita e permetterebbe all’Italia di abbattere drasticamente le emissioni di Co2, di ridurre la dipendenza energetica dall’estero e di abbassare il costo della bolletta.
Sull’altro fronte, i contrari fanno presente che l’unico nucleare virtuoso è quello di quarta generazione (ma siamo ancora allo stadio di ricerca), che nella Penisola sono poche le zone non a rischio sismico, che le centrali costano troppo a fronte di un rendimento finanziario scadente e che in Occidente ci sono pochissimi progetti di nuovi impianti, i quali, tra l’altro, vanno avanti tra mille intoppi. In più si vocifera periodicamente di micro-incidenti che sarebbero tenuti nascosti ai media e alle opinioni pubbliche e infine si torna sempre al problema dell’approvvigionamento della materia prima e dello stoccaggio delle scorie.

In Italia cadono le case, figuriamoci le centrali nucleari

Mario Tozzi è un geologo, ma in televisione ha spesso vestito i panni dell’ambientalista che ama la divulgazione scientifica. Sull’incrocio tra rischio sismico e potenziale pericolo nucleare in Italia, ha le idee molto chiare. «Ora vedremo che danni ci sono alle centrali giapponesi fermate» ha detto aLettera43.it «Certo, se loro pensano addirittura di doverle arrestare, qui da noi le avremmo trovate distrutte con un terremoto così. Sappiamo bene qual è la differenza di approccio tra noi e loro su questo genere di cataclismi. Per intenderci, un sisma come quello dell’Aquila in Giappone fa cadere solo qualche cornicione.
LE DEBOLEZZE ITALIANE. Invece una scossa come quella di queste ore nel Sol levante, in Abruzzo avrebbe provocato 100 mila morti». Tozzi ha aggiunto: «In Italia non sappiamo affrontare gli eventi naturali e non si capisce perché in futuro dovrebbe andare meglio, visti anche i tagli ai fondi per il rischio idrogeologico. Questo terremoto in Giappone ci dice chiaramente che nel nostro Paese bisogna puntare sulle fonti rinnovabili».
Proprio in questi giorni si polemizza sul decreto del governo che toglie certezze alle imprese del fotovoltaico. E qualcuno intanto pensa al nucleare pulito di quarta generazione. Tuttavia il geologo e conduttore televisivo è tranchant: «Sì, ok, ma tra 20 anni forse, visto che siamo solo a livello di ricerca. Nel frattempo scarseggia l’uranio da arricchire e comunque noi non ne abbiamo, per cui saremmo dipendenti dall’estero. A questi ritmi potrebbe esaurirsi fra 60 anni, però è chiaro che se si costruiscono nuovi impianti, quel termine si accorcia. Avremmo centrali con una vita di 40 anni che poi rischiano di chiudere perché nel frattempo è finita la materia prima».

Il problema è l'Italia non il nucleare
Di tutt’altro avviso Chicco Testa, presidente del Forum nucleare italiano ma ex legambientino doc e un tempo guru della protesta ambientalista anti-Chernobyl: «L’arresto delle centrali è segno di responsabilità da parte dell’industria nucleare giapponese. Peraltro si tratta di una procedura obbligatoria in questi casi. Mi pare, però, che il premier nipponico abbia detto che non c’è alcuna fuoriuscita di radioattività, mentre ci sono lì in zona impianti chimici in fiamme che rilasceranno tonnellate di gas tossici e di cui si sottovalutano i pericoli». Insomma, il messaggio dell’ex presidente Enel è chiaro: il nucleare non va sempre criminalizzato e si può fare benissimo anche in Paesi sismici. «In Italia è tutto più problematico? Ma il problema è l’Italia e non il nucleare», ha chiuso Testa.


GIAPPONE PIÚ SICURO. Marco Enrico Ricotti, invece, è docente di Impianti nucleari al Politecnico di Milano e soprattutto è membro dell'Agenzia per la sicurezza nucleare: «Siamo in attesa di informazioni più specifiche dal Giappone. A quanto è dato sapere, però, tutti i reattori si sono spenti secondo previsione. Dunque il primo presidio di sicurezza ha funzionato, come d'altronde era già sucesso in occasione del sisma meno violento del luglio 2007». Ricotti ha poi chiuso con una notazione: «Va considerato che quello nipponico è un nucleare di seconda generazione, mentre i nostri impianti saranno di terza e dovrebbero comportarsi ancora meglio».

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