Mafia, affari e politica in Lombardia: 35 arresti. Le telefonate tra Lele Mora e i boss


Lombardia, mafiosa e omertosa. Tre parole che ribaltano decenni di senso comune. Soprattutto se a dirle è il presidente di una regione del Sud, Nichi Vendola, al presidente di una regione del Nord, Roberto Formigoni. La reazione? Vendola è «sotto effetto di sostanze». Il sindaco di Milano Letizia Moratti sceglie toni soft: «Viene in un posto che non conosce e insulta». Ora entrambi dicono: “Basta liti, combattiamo insieme la mafia”. E la mafia in Lombardia esiste almeno da trent'anni: uccide e estorce meno che al Sud, ma condiziona la vita politica e quella economica della regione. A dimostrarlo sono una serie indagini, processi, arresti. L'ultima, l'operazione Caposaldo, ha svelato ancora una volta il rapporto tra pezzi dell'economia e della politica

Campagne elettorali organizzate e seguite dai boss. Il controllo dei locali notturni, di cui uno noto acquistato attraverso intermediari, della distribuzione della Tnt (ex Traco) e soprattutto continue telefonate tra Paolo Martino, il capobastone inviato dalle ‘ndrine in Lombardia per gestire i business più importanti, e Lele Mora (non indagato), il manager accusato di sfruttamento della prostituzione per aver portato decine di ragazze ad Arcore. Sono alcuni degli aspetti evidenziati dalla nuova inchiesta su mafia politica e affari al nord che questa mattina mattina ha fatto scattare le manette ai polsi di 35 persone. Tutti uomini che avevano avevano come punti di riferimento i tre boss Pepé FlachiPaolo Martino e Giuseppe Romeo. L’operazione  è stata condotta dal nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, dei Carabinieri del Ros, in collaborazione con la Polizia locale. E sono stati sequestrati anche beni per due milioni di euro.

 Il clan ha acquistato grazie ad alcuni intermediari anche una nota discoteca milanese, il De Sade, uno dei luoghi molto frequentati della movida nel capoluogo lombardo. Come è stato spiegato, infatti, nella conferenza stampa in Procura a Milano, la cosca della ‘Ndrangheta che aveva una grande “capacità di penetrazione economica” nel tessuto lombardo è riuscita anche ad acquisire “attraverso intermediari fittizi” la discoteca De Sade di via Valtellina. Inoltre, la presenza del clan si manifestava anche con il controllo della security di alcuni locali milanesi, a volte gestiti direttamente o di proprietà agli stessi appartenenti al clan. Il controllo della security dei locali garantiva alla ‘Ndrangheta di gestire anche lo spaccio di droga dentro e fuori i locali.

Le ordinanze di custodia cautelare sono state disposte dal gip Giuseppe Gennari su richiesta della dda milanese. Gli arrestati sono indagati per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, minacce, smaltimento illecito di rifiuti e spaccio di sostanze stupefacenti.

L’operazione è coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, insieme ai pm Alessandra Dolci, Paolo Storari e Galileo Proietto. E spiega bene anche perché proprio Ilda Boccassini si sia occupata del caso Ruby, la minorenne marocchina che, secondo l’accusa, si è prostituita con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

Luca Giuliante – Il boss Martino, secondo il gip, era in rapporti che “non sembrano essere occasionali e passano per interessi economici e imprenditoriali comuni” con Luca Giuliante (non indagato), tesoriere del Pdl lombardo, avvocato di Mora, del presidente della regione, Roberto Formigoni, e anche di Karima El Mahroug, meglio conosciuta come Ruby Rubacuori. Il giudice riporta una telefonata del 10 marzo dello scorso anno tra Giuliante (che non è indagato) e Martino, in cui quest’ultimo si presenta come “l’amico di Lele”, (Mora, ndr) e chiede di poterlo incontrare. Il legale, secondo la ricostruzione del giudice, si rende disponibile e dall’ascolto delle conversazioni viene a galla che Giuliante riferisce a Martino una serie di notizie “in merito a una gara d’appalto, non meglio specificata, in cui risultano interessati i fratelli Mucciola”.

“Il 24 aprile seguente, in un’altra conversazione intercettata, Giuliante dice a Martino: “Invece ascolta Paolo, io ho notizie perchè dunque… l’apertura delle offerte economiche si fanno lunedì mattina… Mucciola è la quarta con l’offerta tecnica… (…) non c’è molta distanza eh… tra le offerte. Io le ho qua le offerte…”. E ancora il legale “ti dico… aspetta un secondo, solo perchè me le sono fatte mandare… ho visto la tua telefonata…”. Il legale prosegue spiegando a Martino: “ascolta, loro sono a 44,35… mentre la più alta, che è il Consorzio tra Cooperative di Produzione Lavoro – Cooperative Conscoop, cioè Ravenna per intenderci… ‘i compagnì sono a 49,166 (…) contro i nostri – prosegue l’avvocato – quelli di Mucciola, 44,350… in mezzo ci sono allora, dunque … c’è Arcas spa che è a 46,4, poi (…) e poi c’è Pessina Costruzioni, che è a 46,9… (…) e poi ci siamo noi…”.

In un’altra chiamata del 28 aprile, Giuliante spiega a Martino che la gara è stata chiusa e alla domanda “se per loro ci fosse stata speranza l’avvocato risponde negativamente- si legge nel provvedimento del gip -, in quanto l’azienda è arrivata quarta”. Il 17 maggio sempre di due anni fa, Giuliante riferisce ancora che l’appalto verrà dato alla cooperativa Ravennate in quanto ha fatto “offerta anomala”.

Giuliante racconta al cronista de Il Giornale la sua versione sui contenuti delle sue telefonate con Paolo Martino: ”E’ un episodio, se ben ricordo, che risale a due anni fa. Questo Martino mi venne presentato da Lele Mora, che era in contatto con lui per l’organizzazione di alcune serate in Calabria. All’epoca facevo parte della commissione aggiudicatrice di un appalto per l’allargamento del Pio Albergo Trivulzio. Martino mi venne a trovare chiedendomi se potevo fare qualcosa per agevolare una azienda a lui vicina. Io lo ricevetti e con estrema cortesia gli spiegai che non potevo fare assolutamente nulla, anche perché la gara d’appalto era già stata chiusa”.

Il controllo sull’azienda di spedizioni – La ‘Ndrangheta gestiva anche i servizi di distribuzione per la Lombardia della Tnt (ex Traco), società che si occupa anche della consegna di pacchi e posta. Secondo il provvedimento del giudice, la Tnt aveva dato in subappalto a consorzi e cooperative di trasporto (con proprietà dei camion) i servizi di recapito di plichi. Ed è proprio di questi servizi che la ‘Ndrangheta avrebbe assunto il controllo, secondo l’inchiesta della dda, da almeno due anni; anche se da alcune intercettazioni tra Pepe Flachi con il figlio emerge che la criminalità organizzata ha infiltrazioni da almeno un ventennio nella società di spedizione e consegne pacchi in Lombardia.

I summit all’ospedale –  Le riunioni tra Martino e la famiglia Flachi avvenivano in un ufficio dell’istituto ortopedico Galeazzi, dove due capisala calabresi si preoccupavano che i vertici di mafia avvenissero lontano da occhi indiscreti.

Dalle carte emerge una spaventosa capacità dell’organizzazione criminale d’infiltrarsi nelle realtà economiche e politiche milanesi. Secondo gli investigatori la famiglia del celebre boss Pepé Flachi avrebbe seguito l’ultima campagna elettorale del consigliere regionale Pdl Antonella Majolo, sorella delle più celebre Tiziana, già assessore comunale a Milano.






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