Libia. Le reazioni dal mondo


Libia. Le reazioni dal mondoIl grande poeta astronomo matematico e filosofo persiano del 1100 Omar Khayyàm consigliava “limita i tuoi desideri alle cose di questo mondo e vivi contento”.
Il consiglio non sembra essere più ascoltato dai suoi pronipoti. Domenica 20 marzo, il segretario generale della Lega Araba, l’egiziano Amr Moussa, ha detto all’Agenzia di stampa MENA che l’instaurazione della no-fly zone sulla Libia secondo i paesi della Lega vede «la protezione dei civili e non il bombardamento di altri civili”. In pratica esclude la necessità di operare militarmente per proteggere i civili. Quello che Moussa da dieci anni alla guida dell’organizzazione principale del mondo arabo non ha detto è a cosa pensava quando ha approvato l’applicazione completa della risoluzione 1973 dell’Onu. Sulla stessa linea il gruppo ristretto di cinque capi di stato dell’OUA (Organizzazione degli Stati Africani) che ha chiesto l’immediata fine delle ostilità per evitare tragedie umanitarie: il presidente sudafricano Zuma ha dichiarato al termine della riunione  che il Sudafrica dice “no all’uccisione di civili, no alla dottrina del cambio di regime, no all’occupazione straniera del suolo libico”. Anche l’India, la Russia e la Cina si uniscono al coro dei contrari ai bombardamenti per far rispettare la 1973, chiedendo lo stop ai bombardamenti non selettivi.

Putin esplicitamente affermava alla Novosti che l’applicazione della risoluzione ONU sembra una medievale chiamata alle crociate. Meno criptico è stato il primo ministro turco, Tayyip Erdogan, che ha chiesto a Mouammar Gheddafi di lasciare il potere e domandato lo stop immediato della violenza in Libia. Interrogato dalla Reuters, Erdogan, che si trovava in Arabia Saudita, sulla necessità di abbandonare il potere da parte del dittatore sanguinario ha risposto: "Questa non é più in discussione, lui stesso si contraddice". Intanto a Londra 200 manifestanti davanti a Downing Street chiedevano la fine della partecipazione britannica alle operazioni militari; analoga protesta a Washington. Infine il leader di Al-Qaeda nel Nord Africa mette in guardia I ribelli libici, nelle cui file militano appartenenti all’organizzazione terroristica, di non fidarsi degli USA nella coalizione internazionale che sta bombardando le forze di Gheddafi. Si deve riconoscere che quest’ultima dichiarazione risulta il nodo della questione in campo. Infatti se si consultano siti arabi o africani si osserva come il consenso verso il rais sanguinario sia praticamente nullo, mentre crescente e diffusa è la perplessità della “neutralità” dell’intervento armato per il rispetto della risoluzione Onu soprattutto in relazione al ruolo predominante statunitense. Personalmente sul posto di lavoro (al centro nazionale di Cardiologia) a Nouakchott ho misurato con mano come la popolazione locale d’origine araba sia istintivamente ostile ad ogni azione bellica con armi statunitensi ed anche francesi, pur riconoscendo unanimemente la necessità dell’immediata uscita di scena di Gheddafi.

Una diffidenza tutt’altro che trascurata dal Pentagono tanto che oggi 21 marzo Robert Gates, ministro della difesa USA, ha voluto dichiarare all’agenzia stampa russa Interfax che presto gli USA si defileranno dalle azioni militari sul campo. Questa è la polpetta avvelenata consegnata dall’era Bush e figlio ad Obama e spiega la grandissima reticenza dello stesso presidente statunitense ad appoggiare la risoluzione Onu. Una reticenza che fu fino all’ultimo sfruttata da Gheddafi sopratutto durante le missioni dei suoi emissari in Algeria, Russia e Siria. Un gioco diplomatico troppo flebile anche per la tracotanza dimostrata da Gheddafi stesso (le contraddizioni di cui parla Erdogan) proprio in quei giorni, 21-22-23 febbraio, con dichiarazioni sul parallelo tra la feroce azione militare contro i rivoltosi e piazza Tianammen del 1989 e minacce ai suoi principali partners commerciali europei. Da non trascurare che la Cina, che secondo molti osservatori era considerata non ostile al regime sanguinario di Tripoli, in Africa si è finora contraddistinta per bloccare o sostituire il ruolo finanziario libico in molti paesi africani pur essendo il 10% importatore di petrolio libico accanto alla Francia (primi noi con il 34% poi i tedeschi con il 14%).

La Cina non confonde mai gli affari con il ruolo diplomatico e ha a cuore la propria “neutralità” nelle controversie mondiali. Da cui la naturale astensione al consiglio di sicurezza dell’Onu. Molto diversa è la posizione russa che teme che un intervento armato statunitense ed europeo come quello in atto spiazzi la propria diplomazia commerciale dal Nord Africa, soprattutto il commercio di sistemi bellici avanzati a basso costo sul quale Putin gioca molte delle sue carte per ridare lustro al ruolo di superpotenza in Africa. Putin sa bene che la caduta inevitabile di Gheddafi toglierà dalla scena africana il suo migliore agente commerciale e la cosa non è chiaramente gradita. Ritornando al consiglio formulato da Khayyàm mille anni fa è evidente che chi si oppone a quanto sta accadendo sui cieli libici non possiede un piano B. Nessuno può concepire possibile ad un autonomo ed indipendente passo indietro di Gheddafi, quindi rimane sterile l’appello a fermare i bombardamenti aerei mirati al rispetto della no-fly zone. Più giustificato è il timore soprattutto africano di un invasione straniera occidentale del suolo libico. L’ex generale Wesley Clark, già comandante Nato nella guerra del 1999 in Kossovo ed ex-candidato alla presidenza degli USA per i democratici, intervistato dai principali network statunitensi ha escluso la resa di Gheddafi con l’uso solo della forza aerea. E’ una valutazione da tecnico che non può essere trascurata negli scenari futuri. L’unica variabile in gioco secondo Clark è la tenuta complessiva del regime di Gheddafi. E sicuramente questo elemento muove molte delle decisioni di bombardamento nella capitale libica, proprio perché è assolutamente impensabile un intervento terrestre senza gli Stati Uniti ma soprattutto con truppe occidentali. Più realistico potrebbe essere un massiccio supporto logistico militare ai rivoltosi. Rimane tutta in piedi la non risposta alla domanda che fece Luciana Littizzetto in un suo recente intervento televisivo: “ma non lo sapevate che Gheddafi è un pazzo?” Una domanda che resta dopo vent’anni ancora senza risposta.

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