Legambiente: il cemento si mangia l’Italia

Crescita incontrollata delle urbanizzazioni. «Incentivata dal Milleproroghe» 

Ormai coperto il 7% del suolo. Veneto e Lombardia in testa 


E’ come se ogni quattro mesi nascesse una «nuova» Milano: il cemento si mangia in Italia oltre 500 chilometri quadrati di territorio all’anno. A raccontarlo è «Ambiente Italia 2011», il rapporto di Legambiente sul consumo di suolo la «cui crescita in questi anni, senza criteri o regole - ha spiegato il presidente Cogliati Dezza - è tra le ragioni dei periodici problemi di dissesto idrogeologico e tra le cause di congestione e inquinamento delle città». Per dire: a Roma in 15 anni è scomparsa un’area verde grande come Bolzano. 
Come fermare l’avanzata del cemento? La strada indicata da Legambiente passa per limitazioni alla crescita urbana e lo stop alla speculazione edilizia. «Esattamente il contrario - accusa Cogliati Dezza - di quanto adottato nell’ultimo decreto Milleproroghe che continua a consentire ai Comuni, per i prossimi due anni, di adoperare il 75% degli oneri di urbanizzazione per le spese correnti e incentiva quindi a rilasciare permessi a edificare anche dove non necessario, per pagare gli stipendi dei dipendenti». 
Attualmente la superficie nazionale urbanizzata è pari all’estensione di Puglia e Molise messe insieme, per un totale di 2.350.000 ettari, il 7,6% del territorio nazionale, vale a dire 415 metri quadrati per ogni italiano. Negli ultimi 15 anni, osservano da Legambiente, il consumo di suolo è cresciuto in modo incontrollato tra periferie estese, grappoli disordinati di sobborghi residenziali, blocchi commerciali connessi da arterie stradali. In una triste classifica delle regioni più cementificate nel 2010, la Lombardia era in testa con il 14% di superfici artificiali, seguita dal Veneto con l’11%, dalla Campania con il 10,7%, dal Lazio e dall’Emilia Romagna con il 9%. I primi risultati del 2011 portano invece alla ribalta anche Molise, Puglia e Basilicata che, pur conservando un forte carattere rurale, stanno conoscendo dinamiche di crescita accelerata delle superfici urbanizzate. 
La maggior parte delle trasformazioni avviene a discapito dei suoli agricoli e, solo in misura minore, dei terreni incolti o boschivi. Il consumo di suolo non è comunque una prerogativa italiana. Siamo nella media Ue, ma la nostra situazione è più complessa. Le periferie delle principali città, ad esempio, crescono senza un progetto ambientale, di trasporto pubblico e di servizi. Nelle aree di pregio, tra cui le coste, la costruzione di seconde case ha poi cementificato gli ultimi lembi liberi tra cui anche le zone a rischio idrogeologico. Infine l’Italia sarebbe vicina agli obiettivi del protocollo di Kyoto, ma rischia di non farcela a raggiungerli se non la smette di «remare contro lo sviluppo delle rinnovabili». (m.v.)

FONTE: IL CENTRO, SABATO, 05 MARZO 2011 



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