USA, dietrofront su Guantanamo e tribunali militari


L’amministrazione USA intende abbandonare il piano di chiusura della prigione di Guantanamo e riavviare nuovi processi militari all’interno della struttura, in seguito ad una decisione del Congresso contro lo svolgimento dei processi per terrorismo nelle corti degli Stati Uniti, come voleva invece il presidente Obama.

Lo rivela il quotidiano americano New York Times secondo cui il piano di Barack Obama, mirato a chiudere la famigerata struttura detentiva di Cuba, ha suscitato forti polemiche tra i membri dell’esecutivo ed ha infine incontrato una ferma opposizione da parte del Congresso, favorevole a proseguire l’attività della prigione.

La decisione del Congresso prevede anche la ripresa dei processi militari istituiti da tribunali speciali nella struttura cubana, altra spina nel fianco che Obama non vedeva l’ora di togliersi.

Uno dei principali detenuti a Guantanamo il cui processo potrebbe riprendere è infatti Abd al-Rahim al-Nashiri, cittadino saudita accusato di avere pianificato l’attentato suicida del 2000 contro la nave militare americana USS Cole, in Yemen, che uccise 17 marinai. I legali dell’accusa hanno fatto sapere che ci sarebbero gli estremi per chiedere la pena capitale per al-Nashiri, che però non sarà facile da ottenere.

Molti degli elementi probatori a carico dell’uomo potrebbero infatti essere stati ottenuti sotto tortura, durante gli interrogatori nei cosiddetti “black sites” della CIA, luoghi segreti dove operano i servizi di intelligence americani. Il New York Times scrive come, in circostanze poco chiare, le registrazioni degli interrogatori vennero poi distrutte, secondo alcuni dietro ordine di José Rodriguez, a capo delle operazioni clandestine dell’agenzia di intelligence.

Al-Nashiri stesso ha riferito in numerose udienze di avere rilasciato una serie di false dichiarazioni ottenute sotto tortura, descrivendo nei dettagli di aver subito percosse, umiliazioni e perfino finte esecuzioni, vedendosi puntare contro un trapano elettrico e una pistola.

I prigionieri vengono tenuti nelle disumane
condizione di privazione sensoriale.

Negli interrogatori, Al-Nashiri aveva confessato di aver orchestrato l’attacco in Yemen e che Osama Bin Laden fosse in possesso della bomba atomica.

Le circostanze su cui è imbastito il processo, rimaste in secondo piano fino ad ora, potrebbero ritornare di colpo sulla scena – un’ulteriore patata bollente per il presidente, a pochi mesi da una sonora batosta elettorale nelle elezioni di medio termine.

Secondo il quotidiano di New York, sarà il segretario della difesa Robert Gates ad annullare a breve l’ordine che bloccava l’istituzione di nuovi tribunali militari – da lui stesso imposto nel primo giorno di Obama alla Casa Bianca, nel gennaio 2009 – che riprenderanno l’attività.

Ci sono attualmente 174 detenuti a Guantanamo. Oltre 30 di loro potrebbero andare a processo già nelle prossime settimane. Una task force governativa ha richiesto inoltre che altri 48 prigionieri, ritenuti enemy combatants, vengano mantenuti in custodia carceraria a tempo indefinito.

Mantenere Guantanamo in attività è vista dagli analisti come una sconfitta politica per il presidente Obama, che aveva promesso di chiudere definitivamente la prigione nell’arco di un anno dalla sua elezione.

Chiudere il carcere di massima sicurezza era uno dei primissimi punti del programma del neoeletto Obama che, così facendo, intendeva tagliare drasticamente con la precedente amministrazione Bush e la reputazione negativa creatasi attorno al carcere e al presidente texano.

“La struttura militare di Guantanamo danneggia l’immagine degli Stati Uniti,” aveva detto più volte Obama, intenzionato a percorrere una strada diversa nella lotta al terrorismo rispetto al suo predecessore.

Con gli attentati dell’11/9, Guantanamo è diventata una tappa forzata per dozzine di sospettati di reati di terrorismo, rinchiusi senza processo anche per lunghi periodi. Come è emerso da numerose inchieste, è ora noto come nel carcere si praticasse tortura fisica e psicologica sui detenuti – tra cui il famigerato waterboarding, una pratica di annegamento simulato.

Questa ed altre tecniche – privazione di cibo, riposo, luce solare – vennero utilizzate in modo massiccio a Guantanamo negli anni di governo di George W. Bush. In un’intervista rilasciata al Times per la pubblicazione del suo libro di memorie, nel dicembre 2010, l’ex presidente era arrivato a giustificare l’uso della tortura sui presunti sospetti rinchiusi nella baia cubana. Così facendo, si era detto certo di “aver protetto le nostre strade”, anche se con metodi giudicati spesso più da cowboy che da presidente di un Paese democratico.

Obama sperava, in poco tempo, di mettersi la macchia nera indelebile di Guantanamo alle spalle. Ora rischia di trovarsela solo un po’ più vicino: tra capo e collo.


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