Facebook? "Più lo usi più diventi pazzo"



Una docente statunitense riflette sulle degenerazioni dei comportamenti determinate dai social network
Il web 2.0, fatto di istant messaging, foto ed emozioni condivise, possibilità di continua connessione, dovrebbe essere la più alta forma di comunicazione dell’uomo moderno. Ci sono però sempre più difficoltà a trovare un equilibrio tra i social network e la vita vera. Chi si fa travolgere dall’utilizzo dei nuovi media rischia in realtà un completo isolamento dalle relazioni umane, un ritorno al passato quando l’uomo non poteva comunicare. Ora, le troppe voci provocano solo silenzio


DA SOLI IN MEZZO AGLI ALTRIUna giovane ragazza inglese, di Brighton, ha postato una lettera di suicidio sul suo profilo Facebook. Oltre mille persone l’hanno visualizzata, ma nessuno ha chiamato aiuto per l’amica del social network, preferendo scambiarsi insulti sul suo profilo e nei commenti alla lettera dove la ragazza annunciava l’intenzione di togliersi la vita. E’ un esempio, quasi paradossale, di come i mezzi tecnologici che dovrebbero farci comunicare meglio con gli altri ci spingano invece verso comportamenti patologici, un isolamento costante mascherato da condivisione. E’ la tesi sostenuta dal libro di una professoressa del Mit, Sherry Turkle, che si intitola “Alone Together”. Secondo la docente del prestigioso istituto del Massachusetts la tecnologia contemporanea sta schiacciando l’uomo, rendendolo isolato dal mondo esterno, e legittimando comportamenti che una volta sarebbero stati ritenuti come patologici. Una volta passare le ore chiusi in casa, non comunicando con il resto del mondo per intere giornate, sarebbe stato considerato un classico caso di solitudine, magari con il sospetto della depressione. Ora invece si chiama stare su Facebook.
TRILOGIA DELL’ISOLAMENTO TECNOLOGICOIl libro della professoressa Turtle è organizzato in due parti. La prima descrive l’evoluzione dei robot da giochi a servi che si comportano come se avessero emozioni. Il secondo invece si concentra sulla vita incastonata nelle reti di comunicazione. Ogni capitolo è riempito con storie che mettono i brividi, che parlano di persone che accettando sempre la seconda soluzione migliore per la loro vita, quella fornita dalla tecnologia. Anziani che si connettono preferibilmente con persone su internet piuttosto che parlare con persone vere, per paura di uscire dalla propria solitudine. Ragazzini che confidano i loro più intimi segreti a perfetti estranei, giusto per condividere qualche emozione in chat, famiglie che sono fisicamente insieme ma che in realtà non comunicano più perché i legami veri sono dettati dall’accensione dei computer domestici. La Turkle si dichiara comunque alla fine moderatamente ottimista. “Stiamo vedendo le persone giovani in tentativi di recuperare la loro privacy, e l’attenzione degli altri”. I lettori, che saranno probabilmente travolti da dettagli di spaventosa solitudine e conclamata follia, possono solo sperare che la docente abbia ragione. Il libro Alone Together è l’ultima parte di una trilogia dedicata alla tecnologia contemporanea e di come questa influenzi i comportamenti sociali. C’è da sperare che il prossimo volume parli di persone che spengano un po’ il Pc e inizino a tornare a parlare con gli altri.


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